Onda d'urto (Simbionte)

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Il cielo era plumbeo ma nessuno oltre lei sembrava averlo notato. In realtà non era così strano in quella stagione ma, nonostante il suo amore per l'adrenalina, la sicurezza era sempre la sua priorità e quel tempo la preoccupava. Tuttavia, scherzando con gli altri due turisti si era agganciata il salvagente e aveva messo in acqua il kayak. L'istruttore sorrise salutandoli e assicurandogli che li avrebbe raggiunti a breve.

La pala fendeva placidamente l'acqua. Parlava distrattamente con la coppia di ragazzi, non poteva fare a meno di guardare preoccupata alle loro palle alla ricerca dell'istruttore. I suoi occhi cadevano costantemente sulle increspature dell'acqua, sempre più simili a onde. Uno dei ragazzi l'aveva rassicurata dicendo che semplicemente si stavano avvicinando alle rapidi. Non aveva risposto.

Continuarono sotto il cielo ormai nero per più di quanto le sarebbe piaciuto.

«Io torno indietro.» Affermò improvvisamente.

Non ne aveva la certezza, non era un percorso pericoloso, ma le sue passate esperienze la spingevano a fare retro-front.

I due turisti la guardarono dubbiosi prima di dirle che avrebbero provato a scendere più a valle, risalire effettivamente era faticoso ma le sembrava la scelta migliore. Non argomentò troppo ansiosa di cominciare la traversata di rientro il prima possibile. Prima di allontanarsi si ripromisero di fare i nomi gli uni degli altri non appena avessero toccato terra.

La prima goccia non ci mise molto a caderle proprio sulla guancia.

Il ritmo delle sue pagaiate aumentò istintivamente. Il vento le sferzava il viso e la resistenza della corrente le fece venire il fiatone in pochi minuti. Strinse gli occhi nel tentativo di vedere meglio tra la pioggia sempre più forte.

Iniziò rimpiangere la sua scelta, almeno finché non le parve di scorgere le luci della capanna delle canoe. Improvvisamente non era più così faticoso pagaiare. Spostava più acqua di prima ma non ci faceva affatto caso.

Il brontolio lontano la scosse come se fosse sotto di lei.

I suoi occhi scattarono verso il punto in cui il fiume scompariva. Ora vi era una montagna mobile. Sempre più vicina e incombente.

Avvertì vividamente le sue mani congelarsi e irrigidirsi prima di pagaiare disperatamente.

L'urto dell'onda le spezzò il fiato ben prima che l'acqua cercasse di soffocarla. Persa nel flusso provò a recuperare il kayak che miracolosamente galleggiava ancora. Sfiorò la corda laterale con le dita. Un'onda la buttò sott'acqua. Riapparve sulla superfice aspirando a piedi polmoni. Allungò nuovamente le dita. La botta alla schiena la fece piegare in due, la testa finì sott'acqua e il respiro già mozzo si spense.

Quando riprese i sensi non sapeva chi fosse. Sentiva caldo e freddo allo stesso tempo. La sua vista era fortemente offuscata, intorno a lei solo ombre alte e slanciate.

«Ah! Troppo presto... torna a dormire... almeno un po'.»

Una figura mobile apparve per alcuni secondi prima che i suoi occhi si chiudessero contro la sua volontà.

Si risvegliò la seconda volta che era giorno.

Qualcosa non andava ma non avrebbe saputo dire cosa, la sua testa in particolare era pesante.

Osservò velocemente intorno a lei; si ricordava di essere su un kayak e di essere stata travolta da un'onda, quindi, non aveva idea di come fosse arrivata nel mezzo del bosco.

Si tirò su per accomodarsi contro il grande albero che probabilmente l'aveva protetta dalla pioggia. Il suo corpo era dolorante. Fu quella sensazione a ricordarle di aver colpito la schiena. Immediatamente cercò di tastarsi: non sembrava perdere sangue ma ritrasse immediatamente la mano quando le dita sfiorarono qualcosa di molliccio fin troppo simile alla carne viva.

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