𝟎𝟖.

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𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃𝐘 𝐆𝐋𝐀𝐒𝐒
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌

L'evento era stato organizzato nei minimi dettagli.
Per tutta la giornata, Wooyoung aveva addirittura faticato a dirigersi da una parte all'altra del castello senza incombere in qualche servitore intento a trasportare vasi, ghirlande floreali o servizi di porcellana, tanto affollato era stato il viavai di preparativi.

La sera, finalmente, si osservavano i frutti di quella minuziosa struttura: una tavolata infinita si estendeva per tutto il salone del castello, dove, a capotavola, si trovavano i sovrani. Lui e San, invece, erano nel centro, dove si era deciso di riunire i giovani.

Wooyoung si riteneva fortunato nella consapevolezza che, al posto di qualche snob insolente, accanto a lui ci fosse il secondogenito degli Harris. Ancora ricordava la destrezza con cui l'aveva visto maneggiare la spada al campo di battaglia: in caso si fosse ritrovato in una conversazione con lui avrebbe certamente avuto quali complimenti rivolgergli. Sembrava un ragazzino posato, maturo per la sua età. Non appena si accorse che lo stava osservando gli rivolse un caldo sorriso.

Yeojoon sedeva cinque posti più avanti di lui. I capelli neri erano legati indietro da un nastro argenteo, liberandogli il viso dai ciuffi ribelli. Il suo sguardo pungente vagava da un lato all'altro della sala, posandosi di tanto in tanto sui suoi genitori. Il detective non gli avrebbe tolto gli occhi di dosso per tutta la serata.

Una piccola orchestra, composta da qualche violino, un'arpa e un paio di violoncelli faceva angolo alla sala, colmandola di musica dolce e misurata. Ben presto divenne solo un sottofondo per i chiacchiericci che iniziarono a diffondersi come lucciole in una notte tenebrosa. Qua e là volavano dicerie, pettegolezzi e, nei dintorni del re, discorsi di politica e organizzazione. Qualcuno accennava addirittura a discutere delle guerre passate.

Wooyoung non era per quegli ambienti così affollati e ricchi di parole. La sua professione gli aveva insegnato che ogni informazione era oro puro, perciò l'idea di non poter analizzare e conservare quell'enorme stormo di voci che si libravano per la sala lo faceva sentire a disagio. Cercava di non darlo a vedere. Il principe, ovviamente, era disinvolto. La sua attenzione si spostava da un volto all'altro, le sue labbra si muovevano in risposta a quelle di chiunque lo interpellasse, senza trovarsi in difficoltà davanti a tutti quegli occhi puntati addosso. C'era chi esordiva su questioni d'attualità, chi lo complimentava, chi gli proponeva di allenarsi insieme il giorno seguente, e chi semplicemente desiderava sentirsi incluso nel discorso.

«Al vostro fianco siede il figlio del detective Jung, giusto?» un corvino dall'aria curiosa attirò l'attenzione degli altri giovani nobili su di lui, interrompendo il suo momento di osservazione silenziosa dei suoi dintorni.
«Per quale ragione siete qui?»
«Oh, sono qui per . . .»
«Ci stiamo occupando di un'ispezione in tutti i quartieri del regno per verificarne la sicurezza, che implica la partecipazione di tutti gli investigatori della zona.» il principe aveva interrotto una frase che l'altro non avrebbe mai concluso, non sapendo quale scusa inventare. «Da voi non è ancora giunto nessuno?»
«No, vostra altezza..» insieme a lui si sollevarono mormorii simili.
«Sono certo che presto lo faranno. Torneranno i banditi per le strade al confine, nella stagione invernale. É meglio essere preparati.»

Una mossa audace, quella di San, non poteva non riconoscerlo. L'aveva studiato durante i suoi corsi preparatori di psicologia penale: il fondamento per rendere una menzogna verità stava nel rendere attiva la partecipazione dell'altro interlocutore. Il principe ci era riuscito a pieno, gli altri pendevano così tanto dalle sue labbra che avevano già sviato il discorso sui gruppi di malfattori che lui stesso aveva citato e sulla messa in sicurezza degli averi della propria famiglia.

Grazie. Sussurrò Wooyoung con lo sguardo, e l'altro gli rivolse un cenno quasi impercettibile, ma che lui comprese data la vicinanza.

Il resto della serata trascorse meglio di quanto si era aspettato: gli ospiti non erano troppo chiassosi e, ad eccezione di alcuni momenti, nessuno gli rivolse particolari attenzioni.

Yeojoon sembrava altrettanto tranquillo, conversava sempre con le stesse tre o quattro persone attorno a lui, senza spingersi verso l'area dove sedeva il principe. Si era accorto dell'insistenza con cui il detective lo teneva d'occhio, ma non sembrava esserne turbato. Vita da celebrità, pensò Wooyoung.

Al termine del banchetto i due sovrani si alzarono in piedi, seguiti a ruota da tutti i presenti.
«Che ci concediate l'onore di invitarvi in un brindisi ai nostri prosperi regni.»
Nella sala si sollevarono mormorii di approvazione e qualche secondo dopo i calici di tutti erano già alzati verso il soffitto.
«Che la nostra alleanza prosegua per secoli e che ci garantisca altri cent'anni d'oro!»

Allo scoccare dei cristalli l'uno contro l'altro, circondati da risate e frasi di benevolenza, tutti si portarono il bicchiere alla bocca. Wooyoung stava per fare lo stesso, poco prima che San allungasse fulmineamente una mano verso di lui.
Il calice cadde a terra, rompendosi in un fracasso di vetri luccicanti. Solo chi era intorno a loro se ne accorse, dato il disordine già presente nel salone.
«Ma cosa..» il detective guardò il principe confuso, cercando di non pensare agli occhi che iniziavano a posarsi su di loro. L'altro spostò lo sguardo da una parte all'altra della tavolata, per poi tornare sul suo interlocutore.
«Il vino era viola.» sussurrò, cercando di non farsi udire dai loro compagni di tavolata. «Veleno.»
Wooyoung non l'aveva mai visto così serio. I suoi muscoli erano tesi come quelli di un falco davanti al pericolo.

«Principe, qualcosa non va?» azzardò uno dei ragazzi seduti davanti a loro. L'attimo dopo, Wooyoung si era portato una mano alla bocca.

Il rumore del legno della sedia accanto a lui, infrantasi contro il pavimento, le urla delle dame, la signora Harris che correva verso di loro incitando chiunque a chiamare un medico.Il corpo del suo piccolo secondo genito a terra, inerme, mentre il calice che pendeva dalla sua mano riversava il suo liquido violaceo sulle piastrelle marmoree. Il suo peggior incubo che si materializzava lentamente.

«Lasciate tutti il vostro bicchiere!» il detective era scattato in piedi, avvertendo i presenti e rivolgendo lo sguardo verso i sovrani. San aveva già spalancato le porte della sala, svanendo per chiamare il dottore di corte.

Davanti a quella vista ci fu chi poggiò subito il calice sul tavolo, allontanandolo dalle proprie labbra e chi, preso dal panico, lo lasciò cadere riempiendo il pavimento di aguzzi frantumi. La psicosi di massa aveva preso il controllo dell'intera sala.

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