𝟎𝟓.

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𝐒𝐄𝐕𝐄𝐍𝐓𝐇 𝐃𝐀𝐘
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌


Tutti si trovavano riuniti nella grande sala del trono. Lui, il principe, i due sovrani. Persino il secondo ministro, di cui sua maestà si fidava ciecamente, era presente.

Wooyoung si schiarì la gola e, lanciando un'occhiata qua e là agli appunti che reggeva davanti a sè, espose il resoconto della prima settimana.
«Grazie all'aiuto del principe sono riuscito a scartare alcuni sospettati in pochi giorni. Cinque famiglie, per l'esattezza, due delle quali erano già state escluse da mio padre, le altre per mia discrezione. Non c'è modo che possano far parte del delitto, per essere giunti qui troppo tardi o aver dimostrato prove concrete della loro impossibilità di presenza in alcuni degli eventi.» così dicendo consegnò al ministro la lista, che a sua volta fu passata nelle mani del re. Lui la studiò con occhi attenti.

«Avete mantenuto un profilo basso, come concordato? Spero che nelle prove che avete scovato non vi sia stato alcun coinvolgimento diretto degli interessati.»
«Assolutamente, sire. Nessuno degli ospiti sospetta che l'indagine in corso sia rivolta a loro.» quasi impercettibilmente, lanciò un occhiata al principe, in piedi accanto alla regina, come in cerca di sostegno davanti al re. Lui annuì, confermando le sue parole.
«Molto bene, Wooyoung. Potete proseguire.»
Il volto rigido del sovrano era stato smascherato da un mezzo sorriso di approvazione, soddisfatto da ciò che aveva ottenuto in così breve tempo. Ma ciò che più aveva stupito il detective, su due piedi, era stato l'averlo udito chiamarlo per nome. Quell'improvvisa confidenza l'aveva fatto sentire onorato e allo stesso tempo inquietato.

«Per quanto riguarda i sospetti, mi dispiace, ma l'area su cui bisogna agire è molto più ampia. Abbiamo dei nomi evidenziati da comportamenti ambigui.» disse consegnandogli una seconda lista, per poi proseguire «Tuttavia è troppo presto per definire i confini d'azione. A tal proposito avrei un grande avvertimento per la vostra incolumità: i delitti si sono avvicinati sempre di più a voi, Maestà, e avvengono con una certa regolarità.»

La regina sembrava scossa dalle sue parole, come se, dopo mesi di superficialità su quanto stava accadendo, si stesse realmente rendendo conto di quanto la situazione le fosse vicina.

Non si trattava di pura reputazione. Non si trattava del garzone, della cameriera, o del combattente. Era chiaro che, prima o poi, quel nemico avrebbe puntato più in alto. Era riuscito a penetrare nelle zone più remote del castello, nelle fondamenta della servitù: niente gli avrebbe impedito di raggiungere il suo obiettivo finale. Sempre che ne avesse avuto uno.

«Ritengo che si tratti di una situazione di massimo allarme.» li guardò uno ad uno, marcando il fatto che quel pericolo poteva travolgere ognuno di loro. «Vi chiedo di non abbassare mai la guardia. Controllate le serrature, restate sempre muniti di un pugnale nella sottoveste, controllate gli atteggiamenti di chi vi sta intorno, raddoppiate i turni di guardia sia nelle ore diurne che quelle serali, portate scorte persino nelle passeggiate presso i giardini reali. Non lasciatevi condizionare dall'idea che la vostra posizione vi mantenga al sicuro. In ogni caso, farò il possibile per garantirlo.»

La sovrana aveva cinto le spalle di San con un braccio, stringendolo a sè mentre ascoltava i tragici avvertimenti del detective. Il marito e il ministro, invece, pur non mostrando segni di preoccupazione esplicita, si scambiavano occhiate comprensive.
Il detective era certo che ne avrebbero preso atto.
«Grazie, Wooyoung. Verrete ripagato per il vostro duro lavoro.»

Con un inchino si congedò, felice di aver soddisfatto le aspettative del re almeno per quella volta, seguito poi dal principe.

«Ve l'ho detto, non c'era niente di cui preoccuparsi.»
«Parlate per voi, sono i vostri genitori! Avrò il diritto di sentirmi in soggezione nel dover esporre un discorso così davanti a sua maestà?»
«Forse, ma dovreste essere un professionista, per essere qui, Wooyoung.» rimarcò l'altro con una punta provocatoria, mentre si allontanava per raggiungere un gruppo di servitori che lo aspettava davanti alla sala da pranzo. Il detective roteò gli occhi in segno di disaccordo, pur trattenendo un sorriso spontaneo.

Erano passati per l'esattezza cinque giorni dalla loro prima passeggiata al campo, sette dal suo arrivo al castello. La personalità elegante e posata di San si era pian piano sgretolata in una sfumatura più umoristica e serena, senza però perdere quella classe che Wooyoung gli avrebbe invidiato all'infinito. Forse, sotto sotto, un principe e un comune suddito potevano condividere la stessa ironia. Era uno degli aspetti che non faceva distinzioni, che sembrava abbattere i divari sociali.

Grazie a San aveva evitato un'infinità di situazioni disagianti, come la cena col ministro del terzo giorno, il 'duello di benvenuto' di due giovani nobili che sembravano solo volersi prender gioco delle sue scarse abilità in materia, per non parlare di tutti quegli incontri ravvicinati con i sovrani. Lui non l'aveva mai lasciato solo, incitandolo, anzi, a farsi avanti. Al suo fianco. Grato di quella consapevolezza che, al minimo inconveniente, una sola parola da parte del principe in persona avrebbe fatto tacere persino il più insidioso dei nobili.

«Non considerate la Celebrazione d'Inverno solo come un intoppo alle vostre indagini. Il castello pullula di aristocratici che potrebbero farvi raggiungere il primato nel vostro settore, o in qualsiasi attività desideriate, con uno schiocco di dita. Ve lo sto dicendo perché siete in gamba: avete davanti la più grande opportunità di riscatto sociale. Coglietela.»

Quella frase proveniva proprio dalla sera della cena con i ministri, alla quale lui si era categoricamente rifiutato partecipare, intimorito dalla loro importanza. San, invece, continuava ad ostinarsi a fargli considerare quella situazione sotto altri punti di vista: oltre che un semplice dovere lavorativo era, per lui, una possibilità di ampliare la propria realtà. Di pensare alla vita vera. Voleva che conversasse con i visconti, con i lord, e non solo per raccogliere indizi impliciti. Lo stava invitando a rendere piacevole quella permanenza, non una rigida toccata e fuga.

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Quel giorno, mentre i nobili e i reali erano a pranzo, lui sarebbe passato da casa. Essendone ormai l'unico proprietario sarebbe rimasta inabitata per un po', ed era sempre bene essere prudenti e controllare ogni tanto che fosse tutto regolare. L'esperienza ed i casi che aveva seguito insieme al padre gli avevano insegnato che i banditi non si facevano aspettare alla minima distrazione.

Lanciò un'ultima occhiata alla porta in fondo all'atrio. Lo vide percorrere l'intera sala, a testa alta, come sempre, fermandosi qua e là per salutare gli ospiti che cercavano di trattenerlo per conversare. Anche senza riuscire a sentirlo, tantomeno a leggere il suo labiale, sapeva già che li avrebbe congedati con un semplice vi ringrazio, ma ho molto da fare, sarà per la prossima, accompagnato da un sorriso che avrebbe zittito chiunque. Persino un rifiuto da parte sua si trasformava in un onore.

Ci sapeva fare con le persone, ecco la qualità che lo distingueva. E anche il neo detective, come tutti gli altri, si sentiva sempre più avvinto da quel portamento regale fatto a persona.

 astoria, woosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora