Episodio Due

763 15 125
                                    

Tom – Tommy per gli amici, la nonna, il fratellone e la mamma – aveva una ragione particolare per amare la festa di Halloween: era il suo compleanno.

La coincidenza di una festa ben nota con il suo compleanno arrecava sempre gioie e dolori. Da un lato, era più facile che amici, compagni di scuola e conoscenti si ricordassero del suo compleanno. Dall'altro lato, la festa, a volta, finiva col mettere in ombra la sua persona, così che, una giornata che, almeno una volta all'anno, doveva essere tutta sua, finiva sempre con l'esser condivisa con altre esigenze e situazioni. Poteva capitare che un compagno, dimentico del suo compleanno, rispondesse all'invito per la sua festa con un diniego: "scusami, avevo già un invito per Halloween". Inoltre, era pur sempre una doppia festa in una volta, che andava, così, a privarlo, nell'economia di un anno, di una festività.

A volte, si chiedeva come sarebbe stato festeggiare il compleanno in un giorno qualsiasi, come capitava a suo fratello maggiore, Gianmarco. Una festa di compleanno tradizionale: invitati in abito normale, non in costume a tema horror, semplici e banali decorazioni, palloncini colorati. Invece, ogni suo compleanno era stato in tema Halloween: palloncini, sì, ma arancioni e neri, decorazioni horror, pipistrelli, ragnatele, sangue finito, cappelli di strega e così via. Vero: l'aveva sempre voluta così, la sua festa, sin da bambino. D'altra parte, gli era sempre sembrato strano pretendere di festeggiare il compleanno senza invitati in costume e senza quegli addobbi. Sarebbe stato come ignorare l'elefante nella stanza. Halloween sarebbe stato lì, tra i pensieri degli invitati, senza magari essere esplicitamente citato.

Quel giorno Tom festeggiava il suo tredicesimo compleanno. Era una data importante. Suo padre ormai gliene parlava da qualche settimana.

La prima volta che era entrato nella sua cameretta e si era seduto sul suo letto, il volto inespressivo, a tratti serio... Tom temeva che era 'alle solite'. Eppure, non ricordava di aver fatto qualcosa per cui meritasse le sculacciate. 

A volte Tom finiva col cacciarsi nei guai. Era un bravo bambino, glielo ripetevano in tanti: la mamma, le insegnanti, la nonna. Anche suo papà. Però... a volte era semplicemente sbadato. Disattento. Incauto. Rompeva qualcosa, senza volerlo. Sfuggiva a una raccomandazione della mamma, imputandola a un eccesso di preoccupazione. Magari usciva in bicicletta, passava sul prato bagnato e scivolava, sporcandosi e graffiandosi. Oppure rientrava in casa e lasciava impronte fangose, perché, tornando da scuola, semplicemente aveva camminato con la testa tra le nuvole. E così, a volte, se la cavava con una sgridata, a volte, invece, sua madre gli dava una sculacciata di avvertimento. Facevano male e sapevano subito raddrizzarlo, ma erano rapide. Rapide e non indolori.

"Forza, mostra il sedere!", esclamava sua madre, in quei casi. Un accenno di preoccupazione, una nota acuta di troppo, ma mai uno scatto d'ira. Quando sentiva quelle parole, Tom si bloccava, qualunque cosa stesse facendo. Spesso era in piedi, ed era in quei casi che sua madre ne approfittava per rifilargli quella sculacciata. Tom si fermava, si voltava, dando le spalle alla mamma, e poi si piegava leggermente in avanti, così da esporre il sedere. A quel punto, la mamma si avvicinava, gli metteva una mano sulla spalla e con l'altra gli rifilava due, tre sculacciate. Due, se decideva di darne su una chiappa ciascuno. Tre, se mirava al centro del sedere, percuotendo lo stesso punto per appunto tre volte.

Quando era più piccolo e, giustamente, si presentava poco propenso a esporsi a quel modo alla mercé della mano castigatrice della mamma, sua madre lo agguantava, con un braccio che gli stringeva il petto, passando sotto le sue ascelle, poi gli abbassava in un sol colpo pantaloni e slip e gli mollava due, tre sculaccioni.

Se era sfortunato, in quelle occasioni sua madre aveva a portata di mano un oggetto, magari il cucchiaio di legno, se si trovavano nei pressi della cucina e del piano cottura. Qualche rara volta, aveva persino fatto ricorso al temibile battipanni.

Zucchette rosse (SV#1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora