Episodio Cinque

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Luca e Oliver erano amici praticamente da sempre. La loro amicizia è nata e cresciuta insieme a loro. Entrambi fratelli minori, hanno stretto una relazione che è il riflesso di quella dei loro rispettivi fratelli: Sara, la sorella maggiore di Luca, e Edoardo, fratello maggiore di Oliver, sono stati compagni di scuola elementare, poi di nuovo insieme alle medie per ritrovarsi ancora una volta al liceo. Uno di quei rari ma felici esempi di intramontabile amicizia tra un ragazzo e una ragazza.

Sin da quando hanno memoria, i due ragazzini sono sempre stati all'ombra dei rispettivi fratelli: ogni volta che Sara aveva il permesso di andare a studiare a casa di Edoardo, doveva portare Luca con sé, che avrebbe poi trovato Oliver ad attenderlo. Crescendo, poi, sono stati gli stessi ragazzi, ormai adolescenti, a rispondere positivamente alle richieste dei genitori – la solita frase: porta anche tuo fratello con te –, perché l'amicizia dei due ragazzini, chiusi in camera a giocare ai videogiochi, consentiva a Sara ed Edoardo di stare insieme, indisturbati. E quando poi le macchinazioni dei due ragazzini ebbero successo, facendo cadere i due adolescenti nella trappola di Cupido, a esserne felici erano stati più loro che i fratelli maggiori.

Non che l'amore tra Sara ed Edoardo fosse destinato a durare a lungo. Erano amici, amici da una vita, e, per curiosità, complicità e un po' di ormoni impazziti, ci provarono, ci provarono sul serio, a stare insieme come una coppia. Purtroppo per loro, non funzionò, ma scoprirono con piacere che la loro amicizia restava un bene superiore.

Poco male, per Luca e Oliver: anche la loro amicizia sarebbe rimasta granitica, ergendosi solida e fiera alla prova del tempo.

Tra i due, Luca era il più grande, sebbene di pochi mesi, così come Sara superava per età Edoardo. Se era Luca la mente delle loro avventure, però, non era solo per un fattore di età: a dodici anni, Luca era un ragazzino carismatico, popolare in classe, ma anche abbastanza spavaldo, capace di tenere testa ai professori. Oliver vedeva nel suo migliore amico un modello da seguire e se anche aveva undici anni, a volte, aveva il timore che quel breve divario di età, col tempo, sarebbe cresciuto, portandogli via il suo amico. Luca sembrava fagocitare la vita con un'energia incontenibile: aveva fretta di crescere, detestava essere considerato il piccolo di casa. Oliver, invece, preferiva cullarsi nelle certezze rassicuranti della sua infanzia, anche ora che aveva iniziato la seconda media. Quei cambiamenti, quelle novità che Luca cercava con gioia, sicurezza e spavalderia, Oliver li evitava, intimorito.

C'era una sola occasione in cui le parti si invertivano, ritrovandosi Oliver al comando, per così dire: quando studiavano. Oliver era uno studente modello, compensando così la sua mancanza di carisma e leadership e apparendo, comunque, agli occhi dei suoi compagni di classe, già dopo un mese dalla formazione di quella prima media, un modello da seguire. Non era il classico secchione capace di inimicarsi i meno studiosi, appariva piuttosto come un ragazzino dalla risposta sempre pronta, capace di mettere in difficoltà i professori con domande impensabili; sapeva poi farsi amare, e non solo perché era sempre pronto ad aiutare i compagni, svelando le arcane regole di un esercizio di matematica o prestando gli appunti di storia. Luca, invece, amava il calcio – nel quale trascinava mal volentieri Oliver, che giocava solo per stare insieme a lui –, in classe faticava a restare concentrato, a rimanere seduto dietro il banco e, quanto allo studio, vi si dedicava solo se costretto dal suo amico. Nemmeno i suoi genitori riuscivano a convincerlo e neppure le minacce di essere messo in punizione potevano persuaderlo.

Luca e Oliver, insomma, avevano una reciproca influenza dal potenziale tanto positivo quanto esplosivo. Oliver riusciva a costringere l'irrequieto amico a trascorrere un pomeriggio sui libri di scuola, ma, allo stesso tempo, Luca era in grado di far fare a Oliver azioni scellerate che non avrebbe mai fatto. D'altra parte, la bontà d'animo portava Oliver a prendersi, sempre, la responsabilità di azioni che, a ben vedere, lo vedevano coinvolto come complice e mai come artefice. E così capitava che il mite Oliver finiva sulle gambe di mamma a prendersi le sculacciate, mentre l'incandescente Luca se la cavava con qualche giorno di punizione. Non più di una manciata di giorni, in effetti: come realizzava sua madre, ogni volta che lo metteva in punizione per una settimana, vietandogli il calcio e anche i pomeriggi di studio con Oliver, avere il figlio in casa per tutto quel tempo era un supplizio unicamente per se stessa, così si ritrovava costretta ad affrettare il termine della clausura, pur di sottrarsi alla tortura di dover gestire quell'incontenibile ragazzino.

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