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"Va tutto bene mamma, non piangere, è arrivato il momento. Non essere triste per me, io sono felice, adesso potrò andare in pace. Potrò attraversare quel ponte colorato, dove mi aspettano vasti campi e tanti altri compagni. Saluterò la tua Giorgy e il tuo Toby e gli dirò che mancano tanto a tutti voi, conoscerò finalmente Zed e gli porterò le carezze, i baci e gli abbracci del babbo. Un giorno mamma ti ritroverò, te lo prometto."

Per molte persone noi non abbiamo valore, non abbiamo cervello, oppure siamo solo dei giocattoli per qualche anno, ma per fortuna, per fortuna ce ne sono tante altre che non la pensano così, tante altre che credono che anche noi abbiamo le nostre voci, dei pensieri, dei sentimenti. Ed è solo grazie a queste persone che io ho ritrovato la felicità, la voglia di vivere e di lottare per vivere. Ed è proprio di loro che io parlerò oggi, parlerò di me, di ciò che ho passato, di dove sono nato, dove sono cresciuto ma soprattutto: di come sono sopravvissuto e come sono diventato "Jack il Capitan Coraggio".

Sono nato il tredici Settembre del 2006 e ad oggi ho la bellezza di quattordici anni. Voi direte: "cosa sono quattordici anni? Sei ancora un bambino", no, io sono più vecchio di quanto immaginiate, perché io non sono un essere umano, io sono un cane e in parole povere i miei quattordici anni corrispondono a circa ottantotto per l'essere umano. Ebbene si, sono vecchio, molto vecchio e se in questa vita ho capito qualcosa del genere umano, una di queste è che gli anziani raccontano storie ai più giovani, ed è ciò che io intendo fare.

Non ricordo molto della mia nascita, un po' come tutti immagino, ciò che ricordo sono delle sbarre e freddo e buio e tristezza. Non c'è niente di bello in un canile lager, non c'è gioia, non c'è erba soffice su cui poggiare le zampe né una fresca sorgente di acqua limpida e pulita, ci sei solo tu ed altri cani sfortunati come me che aspettano un miracolo, una mano che ti indica e ti sceglie, una carezza, un momento di gioco. La speranza è l'ultima a morire, così si dice almeno. Comunque, tornando alla mia storia, come ho detto io non ricordo molto, so solo di esser nato in un canile assieme ad altri fratelli e sorelle, se dovessi rivederli adesso probabilmente non li riconoscerei neanche. Però ricordo bene mia mamma, era bellissima, aveva gli occhi neri come il suo pelo liscio e morbido, e così profondi che bastava uno sguardo per farti capire cosa pensasse, riuscivo a vedere la bellezza della vita in lei: riuscivo a vedere il sole, sentivo il vento quando lei muoveva la coda, sentivo il calore quando mi sdraiavo accanto a lei, sentivo l'amore. Quello è stato il primo momento in cui ho conosciuto l'amore ed il suo significato.

Sono stato anche battezzato sapete? - si credo si dica così – mi hanno inserito sotto la pelle un aggeggio per segnare il mio nome, l'umano lo ha chiamato chip se non ricordo male, si non mi sbaglio si chiama chip, e ci hanno scritto sopra il mio nome, mi chiamavano Randagio. Non mi è mai piaciuto quel nome, non so perché ma mi dava la sensazione di qualcosa di brutto come se fossi destinato a passare la vita solo, senza una meta, senza una casa. Perché non mi hanno chiamato Billy o Fuffy? Oppure con un nome forte tipo Thor, si mi sarebbe piaciuto molto un nome come quello, ma il destino aveva in serbo altro per me.

Canile, ne esistono tanti al mondo, ho sentito dire di posti dove i cani vivono comunque in gabbia, ma nonostante questo sono felici, hanno umani che li trattano con rispetto e dignità, due bei pasti al giorno, acqua sempre pulita, hanno addirittura campi e spazi verdi dove giocare, dove imparare la condotta al guinzaglio, il seduto, il terra, il rotola e dove per ogni azione ben fatta viene dato un bel biscotto come premio. Non tutti i canili sono così. Non lo era il mio.

Mia madre non era un cane del canile, lei aveva una casa e dei padroni, ma questi non avevano lo spazio adatto per tenere un cane incinta e tutti i suoi cuccioli perciò la portarono li, solo momentaneamente ovvio, finché non avrebbe partorito ed allattato noi cuccioli. Spesso ci parlava dei suoi padroni erano davvero bravi, il cibo che le davano era ottimo, ogni giorno c'erano momenti di gioco, di coccole, di corse nel parco; sperava che ad ognuno di noi capitassero padroni come loro, che ci amassero e che ci considerassero parte della famiglia. Purtroppo non è sempre così; comunque tornando al canile -dove ho vissuto per quattro anni- ci sono molte cose da dire, comincerò dicendo che quel posto è per noi cani l'inferno sulla terra.

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