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                                         "I cani non hanno che un difetto: credono negli uomini"

Fu una lunga notte, notte che passai quasi del tutto in bianco, forse per l'emozione, per l'incredulità di ciò che stava per accadere, o forse perché Iris viveva di incubi e si agitava e abbaiava e ringhiava nel sonno. Nonostante le poche ore di sonno, al mattino ero più attivo ed eccitato che mai: non riuscivo a stare fermo, non facevo altro che girare intorno all'interno del box cercando di evitare i nostri escrementi notturni; mi domandavo dove sarei andato, chi sarebbero stati gli altri membri della famiglia, se ci fosse un altro cane, o gatto, o coniglio. Ero eccitato, emozionato ed allo stesso tempo spaventato, e se il colloquio fosse stata tutta una montatura? Se fossi finito come Chicca legato ad una catena senza poter mai giocare, senza mai una coccola, senza un minimo di affetto? Cercai di scacciare quei terribili pensieri ed il ricordo di Chicca nel momento in cui avvertì un rumore di qualcuno che si avvicinava con un odore familiare, la mia amica, la volontaria che per la prima volta della mia vita mi portò a correre nel parco, era venuta a portarmi via da quel posto e a salutarmi.

Aprì il box ed entrò dentro, mi guardò con le lacrime agli occhi e con un sorriso stampato sul volto, era felice per me ed io dovevo fidarmi di lei, non mi avrebbe mai mandato in un posto orribile ne sono certo, mi avvicinai abbaiai e mi misi su due zampe, lei scoppiò a ridere, mi dette una dolce carezza e per l'ultima volta mi agganciò il collare con il guinzaglio.

Avevo percorso tante volte il tratto dal box all'uscita del canile dall'arrivo delle volontarie, sapevo che non ci sarebbe voluto molto tempo specialmente se mi fossi messo in testa di tirare e trascinare via la ragazza, ma quel giorno presi tutto con più calma, decisi di godermi il momento, l'ultima volta che attraversavo il canile. Decisi di farlo nel modo più dignitoso possibile: testa alta, camminata fiera, petto in fuori, esattamente come avrebbe fatto Chicca.

Facevo lunghi e profondi respiri continuando ad immaginare come sarebbe stata la mia vita futura, mi guardavo intorno e ascoltavo i latrati dei miei compagni di canile, cani di cui non conosco il nome, la razza, l'incrocio, gli anni, la loro storia. Pensavo a quanti di loro fossero simili a Bianco, quanti avevano subito il suo stesso destino: l'abbandono. Certo non fu il suo padrone ad abbandonarlo, ma chi se lo prese successivamente, ma resta pur sempre un abbandono.

Quanti saranno stati i cani abbandonati all'interno di questo posto? E quanti nati come me tra queste mura? Io non sapevo rispondere a queste domande, perché infondo non sapevo niente dei miei compagni carcerati, se non di chi divideva il box assieme a me.

Ci fermammo di fronte alla porta che separava l'interno del canile dove si trovavano tutti i box dall'ufficio e l'ingresso degli umani, mi voltai, abbaiai e feci una breve pisciata all'angolo della porta lasciando una marcatura:

Jack è stato qui.

Oltre la soglia il padrone con il suo solito ghigno mi guardò:

<<Sai la tua sorellina sta per tornare, era scontato, chi avrebbe potuto tenere un cane come lei? E presto son certo tornerai anche te, tutti quanti prima o poi tornate qui.>>

Si mise a ridere di cattiveria, la volontaria con la mano sulla maniglia della porta si fermò, si voltò, lo guardò e gli disse che lei e le sue compagne sarebbero riuscite a cambiare quel posto, con o senza il suo volere. Io ringhiai, ringhiai ed abbaiai, tirai fuori tutta la rabbia che avevo in copro per quell'essere, e sperai che ciò che mi aveva detto riguardo a Chicca fossero tutte menzogne, anche se adesso temo che fossero tutte verità. La volontaria aprì la porta e riuscì a trascinarmi via ed allontanarmi da quell'uomo e da quel posto dannato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 08, 2023 ⏰

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