La mattina successiva, mi svegliai nella mia stanza del collegio. Il sole entrava dalle finestre senza disturbare minimamente la mia vista e le coperte mi coprivano le gambe, recandomi fastidio.
Le tolsi via prontamente e scesi dal letto, guardandomi attorno. Presi fra le mani una sveglia e vidi l'orario: le dieci e quarantasette, era parecchio tardi.
Era un lunedì mattina, uno dei primi lunedì di febbraio e faceva particolarmente caldo.
Io ero in ritardo a lezione, o forse ero segnata assente. Sospirai sentendomi ancora stanca e con un asciugamano sotto braccio, mi diressi verso il bagno.
Avevo bisogno di una doccia, subito. Sentivo una puzza infernale uscire dalle mie ascelle, percepivo i capelli unti e sporchi... ero uno schifo, ma forse dopo una serata come quella, era normale sentirsi così.
Appena accesi l'acqua, i ricordi cominciarono ad affiorare. La stanza, gli uomini, l'arrivo nella sala, mio padre... insomma, era tutto molto confusionario, ma riuscii a dedurne un piccolo riassunto, come un film che mi accompagnò per tutta la durata della doccia.
Alle dodici e un quarto uscii e mi coprii bene, cercando di non prendere freddo. Mi asciugai i capelli con il phon e li raccolsi subito in una coda alta. Uscii dal bagno e tornai in stanza lasciando delle orme dietro di me.
Mi vestii, indossando dei jeans e una maglietta rossa, poi mi rifeci il letto e mi sedetti per leggere. Aspettai l'ora di pranzo per dieci minuti, un tempo che sembrò interminabile, ma appena scoccò "l'emmezza", mi alzai in piedi e scesi nella sala pranzo.
Una trentina di studenti mi osservarono camminare nei corridoi, come se fossi una specie di Satana o un Diavolo in carne ed ossa, ma io li ignorai: avevo fame, volevo vedere i miei amici.
Entrai nella sala e vidi subito il solito tavolo vuoto. Non c'era nessuno dei miei amici neanche negli altri... che fine avevano fatto?
10 ore prima.
-Papà-, esclamai, -Sono felice di vederti qua. Sono felice di averti conosciuto per la prima volta!-.
-Tesoro, anche io sono così felice. Presto sarà tutto finito, torneremo a casa e staremo insieme per sempre-.
Era una promessa, me lo sentivo, ma allora perché dietro di me sentivo la presenza di qualcosa che non andava?
Mi voltai e vidi altri uomini arrivare, fra loro anche l'uomo del video.-Montgomery, ma che bella sorpresa! Non pensavamo di trovarla ancora qui!-, esclamò lui.
-Come vedi, sono un uomo forte-, replicò mio padre.
Lo sguardo dell'uomo cadde su di me e mi fissò per qualche istante, come se stesse cercando di capire il motivo per cui dei ragazzini di quindici anni erano là, immischiati in quella discussione.
-Chi sono loro?-, chiese.
-Amici. Amici veri. Quelli che non ti pugnalano alle spalle, quelli che non ti portano via la loro famiglia...-.
-Ma che vai dicendo, Peter, quelle erano solo promesse da bambini. Avanti, sono passati dieci anni, non è cambiato ancora niente? Credi ancora che quella bambina possa tornare? E credi che tua moglie ti rivoglia dopo quello che hai fatto? Smettila di sognare, purtroppo per te è appena cominciato l'incubo-.
-Stai zitto, Simon, smettila. Non capisci che forse questa volta ho vinto io?-.
-Vinto tu? Ma cosa? C'era un trofeo e non me ne sono accorto?-. I suoi scagnozzi scoppiarono a ridere divertiti, alcuni sputando anche a terra.
Mia madre era dietro di me, cercava costantemente di non stringermi troppo la spalla, per non recarmi troppo dolore, ma invano.
Odd mi teneva la mano, pronto per fuggire a qualsiasi attacco falso, e così facevano anche gli altri miei amici con le ragazze.
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La ragazza che gridava contro il suo destino ||Code Lyoko||
FanficSono passati tre anni da quando Jeremy Belpois ha trovato un supercomputer in grado di mandare persone sul mondo virtuale, Lyoko. Ne sono passati due da quando Aelita Hopper, la custode di Lyoko, si è trasferita sulla Terra. Sono trascorsi tre anni...