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Villa Balestra si incastrava, come qualsiasi casa di strega rispettabile, in un dedalo di vegetazione, poco fuori Roma, abbastanza da passare inosservata agli occhi dei più curiosi.
Simone era cresciuto in quella casa, ne conosceva ogni angolo, ogni magico portale e ogni spirito che, da anni, la abitava.
Arrivati al limitare della strada, Aristotele si fermò, sedendosi immobile sul ciglio della strada.
Simone provò a tirare un po' la pettorina, ma il felino lo guardò con sufficienza e continuò a stare fermo.

"Non ci credo, questa è nuova", sospirò quindi il ragazzo, chinandosi all'altezza del micio e caricandoselo in braccio con uno sbuffo.

"Non vuoi sporcarti le regali zampe?", e di tutta risposta, il regale felino miagolò contento, poggiando il mento baffuto sull'avambraccio del ragazzo che, suo malgrado, sorrise.

Si sentiva fortunato, nonostante tutto, ad essere cresciuto in quella che agli occhi di un bambino era un vero e proprio paese dei Balocchi, senza contare il fatto che gia a cinque anni suo padre gli avesse già insegnato a trasformare i cavolfiori in caramelle, quando sua nonna voleva che li mangiasse a tutti i costi.
Aveva avuto una bella infanzia, Simone.
Anche senza la presenza costante di sua madre.
Anche se per un periodo anche suo padre non c'era stato per lui.
C'era stata nonna Virginia e tutta la schiera di spiriti familiari che abitavano da centinaia di anni quelle mura ormai antiche.
Era stato un bambino felice, Simone.
Nonostante tutto.

La Villa gli si schiuse davanti come uno scrigno e scorse subito la presenza rassicurante di sua nonna che, mani in alto, stava facendo crescere un bellissimo traliccio di vite, al momento circondato da splendide scintille verdi, il colore della magia di Virginia.
Ogni strega aveva un suo colore, e il fatto che la magia di Simone non ne avesse ancora scelto uno, era solo uno degli innumerevoli crucci del ragazzo al riguardo.
Tutte le magie dei bambini erano dorate, prima di arrivare all'età adulta, in cui anche i poteri maturavano il loro corso e si assestavano, anche nell'aspetto.
Tutti i suoi conoscenti erano già perfettamente formati, mentre lui, come sempre, si sentiva un passo indietro. Sempre meno, sempre lento.

Sospirò, mentre si dipingeva sul viso il sorriso più convincente di cui fosse capace e, Aristotele ancora stretto al petto, si avvicinò a quella che poteva definire, senza remore, la donna della sua vita.

"Simone! Amore mio!", la vite, obbediente, arrestò immediatamente la sua crescita prodigiosa, vittima e beneficiaria delle mani rugose di sua nonna che si era voltata a guardarlo con un gran sorriso in viso.

Aristotele miagolò piano e si spinse con le zampe sul suo petto, per poi cadere libero al suolo e correre subito a strofinare la testolina sulle gambe della donna, che ridacchiò e si chinò ad accarezzarlo.

"Ciao, Ari, grazie per quello che fai per il nostro Simone" sussurrò, e quello che il micio produsse fu quasi certamente un sospiro perché sua nonna rise di cuore.

Simone ignorò il famiglio esibizionista con cui si ritrovava a condividere la vita e si affrettò ad avvolgere sua nonna in un abbraccio stretto.

Mentre entravano in casa, Virginia lo ricoprì di tutte le domande di rito, hai mangiato, ma ti cucini le verdure, ma dormi abbastanza, alle quali Simone rispondeva sempre con un dolce sorriso, grato di avere qualcuno che si preoccupasse per lui.

Ritrovò suo padre nel suo studio.
La grande libreria che aveva accompagnato i suoi studi da bambino alle sue spalle; i tomi che, tremanti, non aspettavano altro che condividere le loro conoscenze, mentre qualche libro, aperto su una pagina specifica galleggiava nell'aria, e un altro aperto sul leggìo, recitava a voce alta, una voce profonda e antica, le parole di un incantesimo a cui suo padre si stava dedicando.
Quando lo vide sulla soglia, Dante si alzò in piedi e gli andò incontro a braccia aperte.
Si abbracciarono stretti e suo padre si poggiò alla scrivania di mogano, mentre il libro fermava il suo chiacchiericcio perpetuo per attendere paziente il ritorno del suo padrone.
Aristotele balzò sulla scrivania e richiamò le attenzioni di Dante, che si prodigò subito per recuperare quelle settimane di assenza.

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