Demiurgo Inglobal

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Compare e scompare; ma quando scompare, lascia una traccia indelebile del suo passaggio. La sua comparsa è avvolta in un mistero irrisolvibile, la sua creazione, invece, è relegata a ciò che è più semplice interpretare: l'opera umana.
Corre l'anno 2022: il mondo è parzialmente uscito da una pandemia globale che ha stravolto interamente le interazioni umane. Come se non bastasse, è caduto in un vuoto ancor più profondo, frutto di un anacronismo bestiale: la minaccia reale di una guerra mondiale. I due fenomeni globali, inoltre, sono posti su di un piano ancor più grande: l'eterna crisi economica. Mi stanno dando la caccia: non solo i più arguti, ma anche chi li controlla. Poiché io sono il dinamitardo: colui che sta dietro a ciò che compare e scompare, che lascia tracce indelebili e cambiamenti abnormi.

Nell'anno 2019, le più grandi multinazionali crearono un luogo dove esercitare il proprio potere, evitando contrasti diretti che avrebbero causato soltanto intralci indesiderati a ciascuno: il Demiurgo Inglobal, un tribunale unitario dell'azione. Costruito l'edificio, un enorme grattacielo tre volte più grosso e due volte più alto del Mecca Royal Hotel Clock Tower (a cui si ispira come modello, ma strutturato come un tempio greco dotato di un'immensa torre dell'orologio, sulla cui sommità spicca una statua del demiurgo), iniziarono a riunirsi al suo interno, nell'insormontabile sala del Senato Corporativo. Chiunque avesse superato un patrimonio personale netto di 200 miliardi di dollari, automaticamente, diveniva senatore; impossibile sottrarsi a tale ruolo, altrimenti l'azione sarebbe stata interpretata come distruttiva e non unitaria. Sottrarsi a tale unità, avrebbe portato alla rovina del soggetto singolo. Volenti o nolenti, i più potenti del mondo non potevano rifiutare il loro ingresso al Demiurgo Inglobal. Ma in cosa consiste tale ente?
Comunicazioni, trasporti, armi, farmaci e qualsivoglia frutto del progresso tecnologico, è rappresentato all'interno del Senato Corporativo; ma la decisione finale spetta al Presidente, che plasma in legge inviolabile e non soggetta a critiche - nemmeno esterne - le decisioni dei senatori. Nessuno sa chi sia Il Presidente, eppure tutti lo votarono... nessuno escluso. Siede su di un trono marmoreo e dorato, d'innanzi alla sua immensa tavola angolare, ma il suo posto non è al di sotto degli spalti del Senato, bensì al di sopra; e da lì osserva i potenti del mondo, che tremano al suo cospetto. Chiuso in un cappotto elegante, da dove sbuffa una cravatta dorata e brillante, Il Presidente appare proprio come il demiurgo sulla sommità della torre: i capelli bianchi e lunghi che scivolano fino ai fianchi, e la barba di un grigio incandescente che copre il suo collo. Il naso aquilino è sormontato da uno sguardo vitreo e giudizioso, e il labbro inferiore sembra quasi di pietra, e vibra veementemente quando emette sentenza... così veemente da avvertirsi in tutti gli angoli dell'infinita sala del Senato. Il suo potere rappresenta l'unità, la fine d'ogni dualismo distruttivo che vincolava il progresso delle multinazionali.

Ma nel 2022, quando il mondo cambiò irrimediabilmente, il Demiurgo Inglobal iniziò a comparire e scomparire negli angoli del globo più improbabili... e il suo passaggio non era di certo inosservato. Era un edificio enorme, tra i più grandi sulla faccia della Terra; e appariva tutto d'un tratto, senza preavviso, piazzandosi al centro delle città. Poi spariva, lasciando il luogo a cui s'era sostituito totalmente diverso, non dissimile delle più grandi metropoli del mondo. Non distruggeva i luoghi culturali delle città in cui appariva, questo è certo, ma li rinchiudeva tra edifici enormi che fungevano da pareti schermanti, celanti ciò che risiedeva al loro centro. I cittadini che abitavano nell'area dove si sarebbe materializzata l'enorme struttura, sparivano nel nulla, lasciando posto a nuovi cittadini (anch'essi, proprio come il neo-luogo, non dissimili da quelli delle grandi metropoli). Mentre la guerra infiammava all'estremo delle periferie d'Europa, migliaia di città cambiarono volto, trasformandosi dopo il passaggio del Gigante, del Demiurgo Inglobal. Ed è vero che il suo passaggio non fosse inosservato; ma c'è una differenza sostanziale tra vista e percezione... e il cambiamento non veniva percepito dalla massa, ormai nidificata nei social network a tribunale dell'intenzione, della morale (intesa nella sua corrotta accezione odierna, non di certo in quella originaria, smarrita e allo stesso tempo avvolta nei cuori dei saggi). La società globale era impegnata a osservare e giudicare, con soggettività - frutto del regresso della ragione - ogni passo di guerra e ogni nube pandemica, non avendo alcun briciolo di tempo da dedicare all'esercizio della percezione, maestra affilatrice della ragione e dell'oggettivo. Il Demiurgo Inglobal diveniva unità assoluta, la società, d'altro canto, si frantumava in dualismi incompatibili.
Ma le poche persone dotate d'acume s'accorsero subito che dietro alla comparsa e alla scomparsa del Gigante ci fosse un dinamitardo: io. E mi continuano a dar la caccia, senza sosta, poiché chi si ferma finisce per rassegnarsi, e il rassegnato altro non è chi cede alla tentazione dei mediocri, con cui si compatta nella disunità. E non è ancor più becero il rassegnato dotato d'acume, rispetto al mediocre che di acume non ne ha mai posseduto?
Ma gli arguti, coloro che resistono, notano la singolarità dietro agli eventi, e scovano nelle quarte pagine di giornale tutti gli indizi che portano a me, dinamitardo unitario, che tiro le fila e muovo le masse di inetti.
Gli arguti sono sostenuti anche da quei pochi che ancora esercitano l'obbligo di legge, non contaminandolo con la morale, ma che allenano la propria ragione all'esterno del proprio ruolo: uomini retti che tengono sotto torchio i potenti. Gli arguti e i retti, però, sono ben distanti dalla verità: i potenti stanno dietro alle apparizioni del Demiurgo Inglobal tanto quanto un dentista sta dietro a un perfetto trapianto di cuore. Una mossa così rapida e precisa non può di certo appartenere all'imperfezione umana, ma a una volontà.

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