Desidero sbagliarmi

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Ogni persona tenuta a galla unicamente da un velo sottile è costantemente consapevole della sua inevitabile rottura. Non sapevo ancora chi fossero quei due stranieri e come diavolo avessero fatto a passare, certamente grazie a qualche potere straordinario di uno dei due. Qualcosa si agitò violentemente nel profondo della mia anima come un pesce preso all'amo, ma, appunto come un pesce, completamente muto.

La mia carne sfrigolava di dolore, trapassata dai mille tizzoni ardenti del dubbio. Dovevo sapere ma non volevo. Di sicuro, dovevo tacere.

Fui raggiunto da Asuma e Kurenai di fronte al bar dove i due misteriosi individui si erano seduti nascosti dalla penombra e dagli enormi cappelli di paglia che coprivamo loro completamente il viso. Mentre parlavo con i miei due amici non li persi mai d'occhio, il mantello che indossavano era davvero vistoso e singolare. Brutto e sgraziato. Le uniche parti del corpo a restare scoperte erano le mani. Uno di loro, fisicamente imponente e con una gigantesca spada fissata dietro la schiena, aveva la pelle tra il grigio e il blu. Un colore davvero molto strano. Le mani dell'altro bianche e affusolate, lo smalto viola e un anello rosso all'anulare destro. Bellissime, eleganti.

"Salve, maestro Kakashi. È strano, non mi ha mai convocato in questo posto."

Finalmente Sasuke mi aveva raggiunto. La sua osservazione, pronunciata con la calma più assoluta, fece sia quasi sobbalzare me che tremare la mano dell'uomo più piccolo seduto al tavolo. Di entrambe le reazioni non mi seppi spiegare il motivo. O forse sì? Solo in quel momento mi resi davvero conto di quale subbuglio ci fosse stato nel mio stomaco sin dall'inizio.

Perché?

Avevo sempre odiato con tutto me stesso i presentimenti. Per una persona organizzatrice come me, il loro rivelarsi veri per la maggior parte delle volte era sempre stato fortemente destabilizzante.

Sono condannato.

"Beh, c'è sempre una prima volta."

Lo sguardo sconcertato di Sasuke esaminò l'interno del bar, peccato che quei due si fossero già volatilizzati in totale silenzio.

"Dovrebbe saperlo che non mi piacciono i dolci." Sasuke stavolta mi rivolse uno sguardo sospettoso riferendosi agli spiedini di dango lasciati sul tavolo dall'uomo più piccolo. Quello più grosso dalla pelle blu aveva preso soltanto del tè.

"Già, hai ragione."

Di solito sbagliare non piace a nessuno ma io in quel momento mi ritrovai a desiderare ardentemente di essere caduto in un madornale abbaglio. Non avrebbe avuto importanza se Sasuke mi avesse visto prendere una gigantesca cantonata lì, davanti ai suoi occhi. Non mi sarebbe interessato se la sua stima nei miei confronti avesse rischiato di subire un duro colpo. Il desiderio di cadere in errore, balzò prepotente in cima alla scaletta delle mie priorità. Lo speravo nonostante Asuma e Kurenai fossero già intervenuti.

Se mi fossi sbagliato, sarei stato salvo.

Se avessi visto giusto, per me sarebbe stata la fine. Un epilogo devastante dal decorso imprevedibile.

Malgrado io considerassi, in un certo senso, il desiderare la morte un atto egoistico che porta a disinteressarsi di tutte le persone che rimangono costringendole a doversela sbrigare da sole dopo che tu hai deciso di gettare la spugna, se fossi finito nel tritacarne da me tanto temuto era decisamente meglio sparire che uscire di lì completamente dilaniato sia nel corpo che nell'anima per sempre. Non sarei potuto più servire a nulla, sia per Sasuke, Sakura e Naruto, sia per me stesso.

Non avrei retto a lungo dicendo ti odio quando invece avrei voluto gridare ti amo.

In quel momento, per la prima volta, compresi fino in fondo la tragica scelta di mio padre. 

Non lo diròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora