"L'incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche;
se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati"
Carl Gustav JungCosimo
Il grande giorno, se così vogliamo chiamarlo, arrivò in un batter di ciglia.
Avevo evitato mio padre praticamente tutta la settimana stando da Luca anche a dormire, ma poi avevo deciso di tornare a casa il giorno prima dell'arrivo dei grandi ospiti solo perché Noemi era diventata veramente troppo insopportabile e appiccicosa. Non riuscivo più ad avere i miei spazi e quella era una delle poche cose che mi dava fastidio.
In quel momento ci trovavamo davanti alla porta d'ingresso, dove mio padre aspettava con ansia l'arrivo di quelle due sconosciute e quello si vedeva dal solco che a momenti si sarebbe formato sotto di lui a forza di fare avanti e indietro. E dall'altra parte c'ero io: prontissimo a mettere in atto il mio piano per farle andare via. Non sarebbero rimaste un minuto di più di quelli previsti in quella casa.
«Puoi smetterla di girare intorno, per favore?» sbottai a un certo punto contro mio padre.
«Non lo sto facendo apposta...» Il campanello suonò e si precipitò al citofono con mani tremanti. «Sono arrivate» annunciò. «Mi raccomando, rimani composto e non fare brutta figura, te lo chiedo con il cuore in mano, per favore» mi supplicò.
Gli sorrisi con un sorriso che più falso di così non esisteva, ma era solo per mantenere il buon viso, in modo tale che non si sarebbe mai aspettato che se ne andassero da lì a poco e soprattutto per colpa mia.
Ci misero ben nove minuti per attraversare tutto il viale alberato e arrivare sulla soglia della porta. Intravidi la figura di una donna altissima per via dei tacchi che portava. Aveva i capelli marrone chiaro, raccolti in un'acconciatura dietro la nuca. Il suo viso era caratterizzato da lineamenti dolci e delicati che mettevano in luce la sua pelle giovane in confronto alla vera età che portava sulle spalle. Il mio sguardo scese un po' più in basso e notai che indossava un vestito bianco che le arrivava fino al polpaccio, con una scollatura adatta alla sua età, abbinato a una collana piena di brillantini luccicanti e una borsa nera elegante, il tutto coperto da un elegante cappotto di pelle.
«Ciao Gioia, ben arrivata» disse mio padre, andandole incontro per abbracciarla dolcemente per la vita.
Dopodiché, Gioia gli diede un piccolo ma intenso bacio sulle labbra di mio padre e poi rivolse l'attenzione su di me. «Tu devi essere Cosimo» disse, avvicinandosi leggermente alla mia figura, unita saldamente al pavimento. «Tuo padre mi ha parlato spesso di te, sai? Sono contenta di poterti conoscere finalmente. Mi aspettavo...»
«Come? Diverso?» parlai in tono acido per metterla in difficoltà. «Ti aspettavi una persona tutta a puntino, con uno smoking sempre addosso come mio padre?»
«Oh... no, non volevo assolutamente dire questo» si scusò immediatamente, sospirando perché non era riuscita a spiegarsi nel modo in cui desiderava.
«Scusalo, cara. Cosimo oggi è un po' teso per altre questioni» si intromise mio padre.
«Io sono Matilde» udii improvvisamente una voce provenire dietro le spalle di quella donna.
Era una ragazza che avevo già visto in precedenza, ma non mi ricordavo proprio dove potevo averla incontrata. I lineamenti del suo viso erano dolci e delicati, le mettevano in risalto gli zigomi e le sue lunghe ciglia, arricchite da un filo di mascara. Aveva inoltre dei capelli setosi e neri che le cadevano morbidi lungo le spalle. Erano leggermente arricciati a causa dell'umidità della pioggia di quel giorno e dovetti ammettere che le stavano una favola. D'altro canto aveva un vestito un po' da figlia dei fiori: era azzurro pastello con delle margherite sparse lungo il tessuto.
Da come si presentò si poté subito capire che non saremmo mai andati d'accordo, proprio come avevo previsto.
Matilde
«Io sono Matilde» mi presentai, agitatissima.
Ormai con Angelo non c'era più imbarazzo, ma con suo figlio sì. Lo vedevo tutti i giorni da due anni e non avevo mai avuto il coraggio nemmeno di rivolgergli la parola. Eravamo in classe insieme, nonostante lui fosse più grande di me, ma lui non mi aveva mai degnata di uno sguardo. Forse nemmeno sapeva che io ero la figlia di Gioia e quello mi terrorizzava ancora di più.
Avevo intuito che fosse un ragazzo parecchio riservato e forse anche timido. Probabilmente non dovrei dirlo, però spesso lo seguivo con le mie amiche, Sara e Bella, per scoprire qualcosa in più su di lui e l'unica cosa che ero riuscita a scovare dalla sua ombrosità era che aveva costantemente una felpa addosso, proprio come in quel momento. Non importava se le temperature sfiorassero quelle tropicali e si sudassero non sette ma ben quindici camicie, lui la indossava sempre e non la toglieva per nessuna ragione al mondo.
Feci una mossa inaspettata pure per me: mi avvicinai a lui e cercai di dargli un brevissimo abbraccio, giusto per cercare di entrare nelle sue grazie e come segno di educazione. Lo vidi fare un passo indietro parecchio schifato, così cambiai idea e tornai al mio posto. Forse era ancora troppo presto per quel tipo di confidenza.
Mi rivolsi allora ad Angelo. «É sempre così in ordine qui» commentai, cercando di togliere un po' di imbarazzo da quella situazione. Ero venuta a qualche cena che riguardasse il lavoro di Angelo e qualche volta mi aveva invitato per un tè, ma non ero lì spesso quanto mia madre. D'altronde non potevo sempre intromettermi nella loro vita di coppia e poi mi piaceva uscire con le mie migliori amiche il sabato sera.
«Vi aiuto con i bagagli che avete portato» si intromise Angelo per aiutarmi ad allentare la tensione. «L'azienda che si occupa dei traslochi mi ha detto che entro questa sera dovrebbero portare anche le altre cose che vi servono.»
«Oh sì, grazie» rispose mia madre entusiasta. «Sei sempre così gentile.»
«Cosimo, tu gentilmente fai vedere a Matilde quale sarà la sua stanza.» Non era una domanda e nemmeno una richiesta. Era una comunicazione a cui non poteva scappare e dentro di me sperai che non mi lasciasse lì da sola. Mi sarebbe piaciuto fare un tour della casa insieme a suo figlio, giusto per inquadrarlo meglio.
In un baleno mia madre e Angelo furono fuori di casa, sicuramente per prendersi del tempo per loro, e io mi trovai faccia a faccia con Cosimo nel salotto di casa sua, o meglio, casa nostra.
Dovevo ammettere che non l'avevo mai osservato così da vicino ed era parecchio carino con quel ciuffo leggero che gli cadeva al centro della fronte. Anche i suoi occhi erano spettacolari. Erano verdi, un verde intenso con delle sfumature color terra.
Mi persi completamente nell'ammirarlo e neanche mi accorsi che lui aveva cominciato ad allontanarsi. «Vuoi sapere qual è la tua camera o hai intenzione di rimanere lì impalata per il resto della giornata?» domandò, acido.
Sbattei un paio di volte le palpebre per tornaredal mio stato di trance. «Sì, scusami.» E lo seguii verso una meta sconosciuta.

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Pain
Roman d'amour🌹Lo trovi in tutte le librerie e store online 🌹 https://www.calibanoeditore.com/libri/Pain_Chiara_Perusi Cosimo prova tutti i giorni quel genere di dolore che non lascia scampo, quello che brucia nel cuore, che piange in silenzio. Se l'è sempre p...