𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 8

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PERSEFONE

L'acqua fredda come il ghiaccio più pungente mi morde e stritola le caviglie come un serpente. Eppure così limpida e calma mi urla di tuffarmi. Piccole ninfee dalle punte bianche galleggiano verso la riva desiderose di camminare sul prato mentre una libellula volteggia tra le loro corolle. Un salice piangente mette in ombra lo specchio d'acqua dalle prime luci del mattino con i suoi rami rivolti verso il terreno, le foglioline verdi immerse nell'acqua in cerca di sollievo. I giochi luce-ombra creati dalle foglie sembrano pesciolini che guizzano sulla superficie piatta dell'acqua. I miei sandali e la mia tunica sono già abbandonati sotto al salice. Muovo piccoli passi sulle pietre scivolose che compongono il fondale del laghetto, le piccole e viscide alghe si insinuano tra le dita dei piedi provocandomi un leggero solletico. Mi inginocchio sulle pietre permettendo all'acqua di avvolgermi fino alla vita. Il freddo contatto con il fluido mi fa venire i brividi sulle braccia, ma mi godo il momento. Sciolgo i miei capelli legati in una treccia e mi immergo fino alla testa, poi prendo un respiro e sparisco sotto la superficie calma. La natura per un attimo sembra tornare a dormire, i miei pensieri si ghiacciano e abbandonano il mio corpo. Sono sott'acqua, il fluido mi schiaccia da tutte le parti, il freddo mi punge come se fossi immersa in una vasca di mille aghi. I capelli seguono il movimento dell'acqua quasi dotati di vita propria. Inizio ad ambientarmi al freddo pungente, nuoto seguendo le piccole ondine come fossi una goccia d'acqua. Poi risalgo in superficie con i polmoni in cerca d'aria, il contatto con la brezza mattutina mi spinge a immergere di nuovo il capo sotto lo specchio gelato. Nuoto come una sirena scoprendo tutti gli angoli nascosti sotto la superficie del laghetto, una ranocchia mi nuota vicino, la osservo scomparire sotto una pietra. Salgo in superficie e mi ributto sotto mentre il sole sale nel cielo risvegliando tutta la natura. Mi sento stanca, le braccia iniziano ad intorpidirsi, esco dall'acqua con un brivido assaporando l'aria mattutina; le goccioline seguono le curve del mio corpo fino a cadere sulla piccola spiaggia sassosa. Strizzo i capelli e mi sdraio sull'erba profumata di rugiada mentre lascio vagare lo sguardo sul salice dall'altra parte della riva.

Il suo tronco rugoso si snoda con intrecci complessi verso il cielo, ma lascia cadere i rami verso il terreno come lacrime che innaffiano la terra. Le foglie verde-giallo e verde muschio si muovono leggere al ritmo dell'aria mattutina. Sembra una bellissima Dea dalla lunga chioma color del prato intrappolata nella corteccia costretta in un perenne pianto. La piccola radura dove mi trovo è ben nascosta dai villaggi e dalle città dei mortali: circondata da un bosco di aceri, betulle e pini alti come giganti è il luogo perfetto per nascondersi dagli occhi di mortali e Dei. Il luogo perfetto per l'incontro di due amanti. Guardo le nuvole bianche spostarsi nel cielo, una sembra una principessa a cavallo con i lunghi capelli sciolti al vento. Ho sempre amato inventare storie, così inizio a raccontarne una ambientata proprio nella mia radura. Narra di una giovane che camminando in un prato incontra un giovane cavaliere trasformato in un fiore da una Dea innamorata che egli aveva rifiutato. La Dea ferita dalla sfacciataggine del giovane e soffrendo per il suo cuore spezzato, l'aveva trasformato in un tulipano giallo e rosso destinandolo bello per sempre, ma vulnerabile per la sua bellezza. La luce tiepida del sole mi culla la guancia e senza neanche accorgermene mi addormento tra l'erba verde, sognando di giovani fiori e Dee ferite.

ѕєttє chícchí dí mєlαgrαnαDove le storie prendono vita. Scoprilo ora