𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 16

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KORE

I pini profumano pungentemente di resina, lacrime dorate colano dalla loro corteccia donando all'albero un ornamento regale, gli aghi verdi e aguzzi si protendono verso il sentiero terroso, sono così lunghi e appuntiti a volte mi si impigliano nei capelli. Le pigne, stratificazione su stratificazione di piccoli trucioli di corteccia, pendono pesanti dai rami forti, mi allungo in punta di piedi e ne colgo una, la rigiro tra le mani palpando con i polpastrelli le fessurine in cerca dei suoi frutti, i pinoli. Mi basta esercitare una lieve pressione sulla punta del truciolo per far saltar fuori il piccolo semino color avorio, sembrano tante piccole zanne di felini. Ne cerco altri finchè non mi sento sazia. Proseguo lungo il sentiero, calcio i sassolini che incrociano il mio passaggio, piccole nuvolette di polvere e terreno si sollevano insieme al mio piede nudo. Fronde altissime di pini abbracciano l'atmosfera intorno a me, le lunghe braccia dei sempreverde mi impediscono di vedere il cielo, se non poterne percepire qualche squarcio qui e là. La fitta rete di aghi rende l'atmosfera ombrosa e umida, è difficile trovare un luogo così poco luminoso sull'Olimpo, ma mia madre quando si è trasferita tra gli Dei ha deciso di piantare questi giganti del bosco dietro casa nostra, sosteneva che fossero necessari per alimentare la biodiversità sul monte divino; inoltre le piace esponenzialmente il profumo delle pigne, della resina e degli aghi verdi. La Dea Artemide, maestra della caccia, condivide appieno la passione di mia madre verso i pini, infatti non è raro vederla vagare per questi boschi. Questo squarcio di Olimpo mi dona pace, il profumo degli alberi è così fresco e pungente da aver la capacità di purificarmi interiormente e fisicamente, e poi somiglia così tanto alla terra dei mortali, mi dona l'illusione di essere tra di loro, di essere me stessa, di essere Persefone. Oggi però la mia meta è una radura appena fuori dal bosco nella quale si trova un magnifico ciliegio, così bello e fragile eppure sopravvissuto a mille intemperie. Di solito mi reco ai suoi piedi, dove le flebili radici scompaiono nella terra, per leggere. Eppure oggi, seppur abbia il libro sotto il braccio, ho l'impressione che non leggerò: ho troppi pensieri per la testa, vorticano nel cervello come trascinati da una corrente d'aria invisibile, mi tormentano giorno e notte facendo sorgere in me domande alle quali non posso dare risposte. Da quel giorno in cui ho incontrato una maestosa figura avvolta in un nero velo dalla testa ai piedi, ma con una luce contrastante negli occhi non riesco più a pensare ad altro. Ade, Dio dell'Oltretomba, delle anime e dei morti da quando ha intrecciato il filo del suo destino con il mio, seppur lontano da me, ha l'enorme facoltà di dominare ogni mio pensiero ed ogni mio respiro. Le ombre degli alberi che imbruniscono il sentiero vanno via via diradandosi fino a scomparire del tutto. Davanti a me si apre la verdeggiante radura, fiorellini rosa e blu notte costellano il prato svanendo e ricomparendo sotto gli steli d'erba. Il ciliegio è ancora la', sempre meravigliosamente forte e retto contro le avversità. Mi scappa un sorrisetto dalle labbra, con passo deciso mi dirigo verso la liscia corteccia, poso una mano sul tronco e chiudo gli occhi, sento la sua potenza, sento la sua anima. Un profumo di fiori mi stuzzica l'olfatto, guardo verso la chioma tessuta di foglioline verdi smeraldo, piccoli fiori bianchi rosati stanno nascendo dai boccioli nascosti. Respiro a pieni polmoni il profumo accasciandomi ai piedi dell'albero, un senso di pace e tranquillità mi avvolge come una coperta e mi culla facendomi scordare per un attimo delle mie preoccupazioni. Una nuvola oscura improvvisamente il sole, dietro essa i raggi solari spingono arrogantemente il muro bianco per farsi ammirare, sembra vogliano squarciare il cielo. L'ombra proiettata sulla mia fronte mi ricorda l'oscurità che ho visto passare negli occhi di Ade, quella nube nera rimane indelebile nei miei ricordi e mi spinge sempre più a scoprire cosa provasse il Dio per possedere nubi così oscure. Le parole che ha sussurrato prima di svanire al nostro ultimo incontro mi martellano nella testa "non posso mostrarti i miei demoni." Ma quali demoni? Di che cosa parlava? Per tutti gli Dei, si sbagliava di grosso se ha pensato che non avrei indagato su cosa lo fa sentire così male. Se c'è qualcosa che non ha ancora imparato è che sono testarda e cocciuta come una testuggine, che provi a tenermi fuori dai suoi demoni se ci riesce, ma non intendo abbattermi, ciò che ho provato quel giorno al laghetto non potrà mai ostacolare la mia ricerca, non mi lascerò intimorire da niente e da nessuno, neppure dai suoi terribili demoni. Mi ha ferito vederlo così distrutto dentro, è come se avessi visto la sua anima sbriciolarsi, pezzettino dopo pezzettino, non voglio che soffra più così tanto. Un tonfo leggero proveniente dalle mie spalle mi riscuote dai pensieri che vorticano nella testa come gabbiani impazziti. Mi giro lentamente, con un colpo al cuore mi rivolto velocemente come se avessi appena visto un fantasma e mi preparo psicologicamente per l'incontro che sto per avere.

ѕєttє chícchí dí mєlαgrαnαDove le storie prendono vita. Scoprilo ora