The loner

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Piove.

Le sigarette sono spente perché ha iniziato a piovere. Nulla rimane lo stesso sotto la pioggia. Le cose, le persone. 

È tutto spigoloso e crudo sotto la pioggia. 

(Quella volta, non riesce a respirare. Ha paura di tutta l'apnea che lo aspetta)

Il fumo gli ha lasciato un sapore giallo e acido sul palato che vorrebbe eliminare, forse baciando le labbra color sangue di quello sconosciuto che gli si è assopito accanto, o aprendo la bocca sotto la pioggia. 

Harry non è proprio addormentato, sta più che altro riposando. Louis si sente il suo custode, per un momento. Freddo, sporco e fumo. Tutto quello gli fa paura.
Il lampione sopra di loro smette di funzionare, e quel buio improvviso lo rassicura. 
Sono entrati in quel punto della notte dove niente e nessuno rimane in giro. Ci sono solo loro due. 

Il silenzio rende reali i suoi pensieri.

«Non posso amarti come vorresti. Non sono un amante come vorresti che sia» risponde a bassa voce alla domanda posta tanti, tanti minuti fa. Forse ore fa. Forse ancora di più. 

«Te lo dico io cosa sei. Non sei nulla di quello che hai detto sulla psicologia delle sigarette. Non sei un critico, o un artista. Sei un consumatore. Io lo so, ne ho visti tanti come te».

È diventato improvvisamente accusatorio.

«Come me?».

«Ombre senza un corpo. O senza superficie su cui riflettere».

Louis si rigira la sigaretta finita tra le dita, riparandola dalla pioggia.
«Non vale se ricicli le mie parole».

«Quali parole?».

«Lo specchio nella mia mente».

«Non hai mai detto una cosa del genere».

Era sicuro di sì. Prova uno strano senso di gentilezza nei suoi confronti, ma la cosa sta sfumando nel lato sbagliato.

È a quel punto che inizia a sentirsi a disagio. Non conosce quell'uomo, e la sua voce suona ancora come sangue. Vorrebbe andare a casa, ma non ne ha una. Ha camminato per così tanto tempo, ma non ha un posto dove andare. 

Con la paura arriva la rabbia (la rabbia supera sempre tutto. Ogni muro e ogni cerotto che mette non è nulla contro la rabbia), e con la rabbia vengono le cose affilate e le cose che bruciano. 

Non riesce mai a prevedere quando sta arrivando. È la pelle d'oca e gli occhi che vagano agitati per cercare bottiglie da rompere o vetri da mettersi nella pelle. Sono le orecchie che non funzionano e che riescono a sentire solo il modo ansioso con cui batte il suo cuore, cuore che fa male perché agisce come un martello contro costole di gesso. Sono gambe che tremano perché deve camminare, e mani deboli perché ha bisogno di distruggere qualcosa. È la testa che pulsa perché qualcosa non va.

«Che succede?».

La voce di Harry esce fuori da un banco di nebbia, e no, Louis ha bisogno di uno spazio aperto e buio in cui stare da solo. 

«Smettila di guardarmi come se non mi avessi mai visto. Stai bene?».

Louis fa spazio tra di loro. «Sei reale?».

«Sì».

«E non sto sognando?».

«Te lo assicuro».

«Come faccio a crederti?».

«Perché il nostro cervello non può creare facce nuove. Non potresti immaginarti me. Perché tu sei uno scettico e solitario collezionista di brutti ricordi, ma non sei un amante. E io lo sono. Me l'hai detto tu».

«Quando te l'ho detto?».

«L'insonnia ti fa sfumare la memoria?».

«No è che- non presto attenzione a quello che dico».

Gli serve del sangue. Il sangue è l'unica cosa di reale che ha ora che sono finite le sigarette.
Si alza di scatto e cerca qualche vetro per terra e pateticamente esulta quando ne trova uno, ma ne taglio ne sangue placano la paura e la rabbia che crescono nella sua gola.
Non ha bottiglie da rompere, ma ha Harry. Potrebbe colpirlo fino a che le sue labbra e la sua voce avranno davvero il colore del sangue.

Solo che Harry se n'è andato. Ci sono le sue impronte sul marciapiede bagnato, ma lui non c'è.

La cosa lo lascia sbigottito, non sa nemmeno lui perché.
Non ce la fa a rimanere fermo lì, ma camminare non gli da la stessa pace che ne ricavava prima. 
C'è polvere nella sua testa e il suo cuore ha la febbre, e non trova l'uscita, così come le strade non sono più familiari e il buio non lo conforta più.

Il cielo ha una crepa, ed è allora che si accorge che non è mai sorto il sole.

(Una, due, tre bottiglie rotte a terra. Verrà il giorno in cui non saranno più solo bottiglie)



Passiamo oltre il fatto che non abbia un cazzo di senso, è letteralmente solo il mio cervello sparso su carta quindi lo lascerò così.

The Cigarette Psychology | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora