Ormai erano le due passate, Mia salutava Claire dal vialetto del suo palazzo, sghignazzando sommessamente per non svegliare i vicini. L'auto ripartì portandosi via la musica che risuonava per la via anche a finestrini chiusi.
Mia era ancora sbronza, a fatica riuscì a trovare la tasca dove teneva le chiavi dopo aver controllato più di una volta entrambe le tasche. Il pantalone era molto aderente.
- Non ce la faccio più- sussurrò con sgomento, portando via a fatica le chiavi dalla tasca. Mentre l'ascensore scorreva i piani dell'edificio, Mia si guardava nel grande specchio a parete dell'atrio. I corvini capelli erano scompigliati e il trucco sbavato. Portava la giacchetta di pelle miracolosamente intatta sull'avambraccio, come un sommelier. La maglia rossa era ancora cosparsa di sabbia, per non parlare dei suoi stivali, indossati ormai senza calzini. Li aveva persi in spiaggia ed era troppo stanca per cercarli nel buio.
Si grattò energicamente il piede sinistro, dove sentiva maggiormente prurito.
Dopo aver raggiunto il suo piano l'ascensore si aprì alle sue spalle e, sempre di spalle, Mia raggiunse il corridoio del pianerottolo, continuando a guardare il suo riflesso nello specchio dell'ascensore fino a che le porte non si richiusero.
"Fortuna che domani è domenica, o meglio, oggi è domenica, ormai saranno le tre" pensava, mentre, dopo diversi tentativi, infilava la chiave nella serratura del suo appartamento.
Era troppo stanca per sistemare le sue cose, così lanciò la giacchetta sul divano, si tolse le scarpe e corse al frigorifero per reidratarsi. Non prese neanche un bicchiere, si attaccò direttamente alla bottiglia.
Bevve con così tanta foga che sentì l'occhio congelarsi dietro le palpebre, allora fece per chinarsi in avanti, portando il palmo alla palpebra per massaggiarla, in attesa che il dolore passasse.
Quando riaprì l'occhio lo sguardo si soffermò sul dorso del suo piede sinistro, che continuava a pruderle terribilmente.
"Oh cazzo...quindi l'ho fatto davvero? Perdonami Mia di domani...cioè...di oggi" pensó facendosi ridere da sola.
Quel tatuaggio le riportò alla mente la spiaggia del lago.Dopo aver completamente perso lucidità a causa dell'alcool, si era allontanata con le sue amiche dal falò per trovare un posto dove fare i propri bisogni, lontana da occhi indiscreti.
Lungo la spiaggia trovarono una strana tenda rossa, illuminata dall'interno. Così, incuriosite, si avvicinarono. Al suo interno trovarono una singolare donna, vestita di tutto punto, dai capelli color paglia cotonati, uno smoking giallo sbiadito e dei grandi orecchini d'oro. La donna diceva di fare degli splendidi tatuaggi con una nuova tecnica che presto avrebbe conquistato il mondo dei tatuatori, così le ragazze decisero di farsi un tatuaggio assieme.
Non sapendo cosa scegliere, un po' per la decisione improvvisa, un po' perché ubriache, la Donna disse che sapeva cosa tatuare ad un gruppo di amiche. - L'amicizia è qualcosa di importante, qualcosa di unico - diceva mentre afferrava la caviglia del piede di Mia. - È quella cosa su cui puoi sempre contare, ti fa sentire bene quando stai male, ti coccola e ti protegge, è il luogo dove puoi sempre tornare e trovare la porta aperta-.
Nel frattempo le tre amiche ridacchiavano alle spalle di Mia perché la vedevano contorcersi per non mostrare il dolore che provava.
-Quindi, per quattro amiche speciali, disegnerò una piccola casetta che rappresenta il rifugio dai guai- concluse la Donna ridacchiando assieme alle ragazze, rivelando uno scintillante incisivo placcato in oro.Ora che lo osservava con più attenzione, il tatuaggio si era tutto arrossato a causa della sabbia e del fatto che aveva indossato gli stivali senza calzini, così Mia raggiunse il bagno e con le ultime forze si lavò i piedi. "Che sollievo" pensò sentendosi finalmente i piedi puliti. L'acqua che scorreva nel bidet le fece subito ricordare che doveva nuovamente andare in bagno, così si mise sulla tavoletta, poggiando la testa contro il muro di fianco.
Si risvegliò di colpo e per poco non cadde dalla tavoletta, prese un pezzo di carta e si pulì, contorcendo il volto in una smorfia di fastidio. "Maledetta sabbia, niente più falò per almeno un anno..." pensò irritata, ma nuovamente lo sguardo si soffermò sul piccolo tatuaggio che aveva sul piede. Da seduta poteva vederlo meglio: era una semplice casa, come quella che disegnano i bambini. Un camino, due finestre, la porta e una via sinuosa che sfumava lungo il collo del piede.
"Che tatuaggio di merda, lo ha persino disegnato al contrario, ma quanto ho bevuto per non accorgermene?". Però c'era qualcosa di diverso, sembrava esserci una macchia su una delle finestre, così si avvicinò al piede. Quello che le sembrò per un momento di vedere era una figura completamente scura fare capolino dalla finestra.
Di colpo tornò con forza sulla tavoletta perché rischiò nuovamente di schiantarsi contro il pavimento.
Lavati distrattamente i denti, raggiunse la camera e si lasciò cadere sul letto disfatto, sprofondando immediatamente in un profondo sonno.
Poco dopo però la vibrazione del cellulare che aveva ancora in tasca la risvegliò: era il gruppo delle amiche, scrivevano che erano tornate a casa sane e salve e che Mia era una stronza perché le stava facendo preoccupare. Lei rispose con un rapido messaggio e lanciò il telefono sul comodino. Cercò di tornare a dormire ma il piede sinistro continuava a pruderle, così, dopo essersi strofinata a morte con il tallone del piede destro, alzò le coperte per controllare che l'irritazione non stesse peggiorando. Ora alla finestra della piccola casa non c'era più nessuno, ma la porticina sembrava essersi aperta.
Mia sentì come una strana fitta allo stomaco e di colpo era completamente sveglia, portò subito il piede vicino e lo illuminò con lo schermo del cellulare: la porta effettivamente sembrava essere aperta. Mentre prima era solo un contorno disegnato, in quel momento era completamente nera, come se fosse aperta nel buio della casa.
Mia rimase un per un po' seduta sul bordo del letto, poi notò l'orario dal telefono, erano le tre e mezza, doveva andare a dormire.
"Sono ancora troppo ubriaca per preoccuparmi di queste cose, domani lo ricontrollo con più lucidità" pensò, così tornò a dormire.
Ogni volta però prima di addormentarsi qualcosa la teneva sveglia, sentiva come una sensazione di angoscia crescere dentro di lei.
"Devo dormire porca puttana, è tardi e domani devo anche fare colazione con Cristina. Non ci devi pensare, dormi!" si rimproverò, ma dentro di sé sapeva che voleva abbassare lo sguardo sul collo del piede. La curiosità era tanta, come l'inquietudine. Finalmente si addormentò e i sogni che si presentarono furono i più strani che sentisse di aver mai fatto.
STAI LEGGENDO
Il carro delle storie inquiete (Racconti Brevi)
HorrorDiverse persone sparse nel globo raccontano del medesimo fenomeno. Appena dopo il crepuscolo, un carretto trainato da una coppia di muli, effettua delle soste nelle diverse città che incontra lungo il percorso. Dal vecchio mezzo si possono ottenere...