E' così che dev'essere

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E' così che dev'essere 

La casa é buia. Trascurata.

E' così che hai deciso.

Lasciare che la vita abbandoni la tua misera esistenza.

Vivere una vita piatta. Vuota.

E' così che dev'essere.

Un mantra che ripeti da giorni. Da mesi.

Lo dici così spesso che, in certi momenti, ci credi; certo di aver fatto la cosa giusta.

Altre volte suona solo come una presa in giro.

Parole prive di significato.

Come la tua vita.

E' così che dev'essere.

Sei seduto al piano che un tempo era appartenuto a tua madre; in quella stanza dove altre donne, altre madri, avrebbero posizionato l'attrezzatura per il cucito.

Certi giorni, per fugaci istanti, ti sembra di sentire il suo profumo che ancora impregna le mura di questa piccola stanza.

Le tende sono tirate. Le imposte chiuse.

L'unica fonte di luce è una candela che velocemente si sta consumando nella bugia di legno poggiata sul piano lucido dello strumento.

Una tremolante fiamma che allunga le ombre nella camera.

In un opaco bicchiere d'acqua c'é una rosa rossa.

Unico segno di vita.

E' così che dev'essere.

Ma, ormai, anche quel fulgido germoglio profumato ti sta abbandonando. La corolla si é inclinata verso il pavimento. I petali hanno iniziato a cadere.

Lentamente. Lentamente.

Come gocce di sangue che sgorgano da una ferita aperta.

Non te ne curi. La lasci appassire.

Lasci che muoia davanti ai tuoi occhi.

Lasci che anche l'ultimo appiglio alla vita se ne vada.

E' così che dev'essere.

L'unico suono che riempie l'aria é la monotona nota che ostinatamente suoni. Pigi il tasto d'avorio da ore. Solo, in questa stanza che ha ancora il profumo di tua madre, avvolto dalle ombre, lasciando che avvolgano anche quello che resta del tuo cuore.

Vagamente il cervello ascolta la nota malinconica che aleggia nell'aria. Sembra un Do, un'ottava sopra quello centrale, ma non ti interessa. E' solo la tua mente analitica che vuole esaminare tutto quello che ti circonda, catalogarlo, renderlo preciso, arido.

Come ogni arido minuto della tua vita.

E' così che dev'essere.

Lo ripeti ancora. Ancora. Ancora.

Accompagnando quel pensiero con quell'unica nota solitaria.

E' così che dev'essere.

Allunghi le altre dita sui tasti.

Alla prima nota se ne aggiunge una seconda. Una terza. Una quarta.

Inizi a suonare spinto dal dolore; dal tormento che ti brucia i pochi frammenti d'anima innocente che ti resta.

Ma fa male. Fa maledettamente male.

Trattieni un urlo. Poi un altro. Un altro ancora.

Ti mordi un labbro cercando di resistere.

Il mangiamorte e la puttanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora