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Era una sera fredda a Venezia.
In giro si vedevano poche persone, strette nei loro cappotti che, camminando a falcate, cercavano di sfuggire al vento freddo e pungente tipico delle gelide serate di febbraio.
Il silenzio di quella sera era rotto da qualche goccia di pioggia che si infrangeva sulle pietre di piazza San Marco.
Poco più lontano si udiva il rumore del mare che, instancabilmente, andava a sbattere sulla piattaforma dove si ergeva la città galleggiante. Avevo appena ordinato un martini seduta al Gran Caffè Quadri, bar storico della città costruita sull'acqua.
In poco tempo mi avrebbe contattato Giovanni e sarei andata al Ca' Rezzonico dove quella sera era stata organizzata una serata di beneficienza.
Il lavoro che facevo certamente non era dei migliori, ma mi dava abbastanza viveri per continuare la mia vita in una città apparentemente meravigliosa, ma anche altrettanto pericolosa e soprattutto, molto costosa.
Me ne ero andata di casa a diciotto anni e avevo passato gli ultimi due anni della mia vita a cercare un luogo stabile dove poter iniziare la mia vita, lontana da quei luoghi d'infanzia che mi avevano provocato altrettanta felicità quanto dispiaceri.
Il clima a casa mia era soffocante e non mi stupisce che il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno me ne fossi già andata via.
Un po' la mia famiglia mi mancava, ma se mi guardo indietro, in un certo senso, mi avevano accompagnato alla porta ancor prima di confermargli la mia scelta di andarmene via di casa.
All'inizio ambientarmi nel mondo non fu così facile e ogni passo che facevo non era altro che un passo falso.
Per fortuna sei mesi fa conobbi Giovanni. Giovanni faceva parte di una agenzia di ragazze immagine.
In poche parole, ci pagavano per "allietare" i clienti con la nostra compagnia.
Molta gente ricca era in grado di spendere anche migliaia di euro per una serata accompagnato da una bella ragazza. Il compenso aumentava se i clienti venivano soddisfatti in ogni loro richiesta, anche le più sconvenienti.
Mi era capitato più volte di trovare clienti difficili da accontentare e che pretendevano un dessert a fine serata, a volte anche servito insieme ad altre ragazze che come me svolgevano questo lavoro.
La mia vita ora sembrava così vuota, non c'era amore, non c'erano amicizie, nessuno di cui potessi fidarmi ciecamente, eccetto Giovanni, che da mesi mi procurava il lavoro che serviva per mantenere il mio costoso bilocale a Venezia.
Ogni volta penso che se probabilmente avessi accontentato i miei e avessi continuato l'università forse non mi sarei ritrovata a vivere questa vita, ma al contempo gli studi non mi avevano mai appassionata e non mi sarei mai vista come una segretaria d'ufficio o impegnata a tessere rapporti internazionali mentre parlavo con gente per cui la mia parola valeva meno di zero.
A diciotto anni non sapevo niente della vita.
E sapere che qualcuno era disposto a pagare per la mia presenza, per i miei servizi, ma anche solo per la mia semplice compagnia, mi esaltava.
Andarsene via di casa senza neanche un soldo non fu facile, soprattutto i primi due anni, a vagare da una casa in affitto a qualche spiccio all'altra, cambiando spesso posto in cui vivevo, lavoro, amici e molto altro.
Dai miei genitori ricevevo qualche rara chiamata i primi tempi, poi hanno smesso di cercarmi e l'unica persona che sentivo regolarmente era mio fratello, Michele, di qualche anno più piccolo di me.
In quel momento a risvegliarmi dai miei pensieri ci pensò il campanile di piazza san Marco.
Rintoccò otto volte.
Giovanni era in ritardo di quindici minuti.
E questo succedeva di rado.
Mi strinsi nel mio cardigan nero e inspirai un tiro di sigaretta.
Quella sera dovevo presenziare insieme a Sabrina e Bianca, membri dell'agenzia da quando ero entrata mesi prima, al ballo di beneficienza organizzato a Ca Rezzonico.
Avevo visto molte serate di quel genere: personaggi importantissimi, riconosciuti a livello mondiale o il più delle volte semplicemente ricchissime, presenziavano alla serata, spendevano milioni per un quadro o per qualche opera storica e in parte quei fondi venivano dati in beneficienza, il resto veniva intascato dagli organizzatori.
Inoltre, spesso e volentieri si facevano a gara per la migliore apparizione: non stupisce infatti che avessero bisogno di accompagnatrici giovani, erudite e soprattutto in grado di intrattenere i loro amici con conversazioni interessanti e con un bel sorriso stampato in faccia.
Quella sera ero stata associata ad un certo proprietario terriero siciliano, del quale a mala pena sapevo nome e cognome.
Giovanni mi aveva lasciato la sua cartella da studiare nel pomeriggio e avrei dovuto almeno leggerla una decina di volte al bar nelle due ore precedenti, ma il mio desiderio di conoscere a fondo l'uomo che a quanto pare possedeva metà dei terreni rurali in Sicilia si era spento una volta letta la sua età: 86 anni.
Sbuffai, ispirando ancora una volta dalla mia sigaretta.
Alla fine, però, quella vita, me l'ero scelta io.
"Emma"
Mi girai sorridente, riconoscendo la voce soave di Giovanni
Giovanni aveva circa venticinque anni e suo padre aveva intrapreso l'attività di gestione dell'agenzia di ragazze immagine da circa quarant'anni.
Una volta laureatosi il lavoro è andato a lui.
Ogni volta che vedevo Giovanni mi sembrava di respirare di nuovo: i suoi occhi azzurri come il cielo e i suoi capelli marrone scuro erano diventati l'unica presenza certa in ogni mia giornata.
E il suo sorriso, bianco e splendente, era così contagioso che riusciva a far sorridere anche a me.
"Alla buon ora" gli dissi, appoggiandomi nuovamente allo schienale della sedia del bar.
Mi guardò sorridendo e si sedette di fianco a me.
"Non sono mai in ritardo Ems, lo sai."
Annuì spegnendo la sigaretta nel posacenere.
Intanto Giovanni frugava tra le cose della sua valigetta nera, mentre il vento gli scompigliava i capelli, marroni come le foglie d'autunno.
Scoppiai a ridere vedendo la sua espressione corrucciata.
"Ma cosa stai facendo? Siamo già in ritardo"
Nel mentre, ma senza rispondermi nell'immediato, mi passò un sacchetto di Yves Saint Laurent, con due scatole al suo interno.
Le presi immediatamente, curiosa, come qualsiasi ragazzina, di vedere cosa ci fosse al suo interno.
Solo pochi mesi fa, ero abituata a vedere queste scatole in mano a ragazze altolocate delle città metropolitane, sognando e immaginando cosa ci fosse al suo interno e sperando, un giorno lontano, di poterle indossare anche io.
In certi momenti, piccolissimi istanti, mi sembrava di vivere una favola.
Poco dopo Giovanni mi passò anche una nuova cartella con sopra un nome.
Senza nemmeno guardare di chi fosse, aggrottai le sopracciglia, posando il sacchetto sul pavimento del bar.
"Mi hai già dato tutte le informazioni del cliente di stasera"
Giovanni puntò il dito sul nome della cartella, guardandomi negli occhi in modo dolce.
"Mon cheriè, infatti se fossi stata attenta questa cartella non è di Arturo Leonardi"
"Ecco come si chiamava il vecchio" pensai tra me e me.
Lessi nella mia mente anche il nome scritto sulla nuova cartella
Gabriele Leonardi.
Riportai lo sguardo su Giovanni alzando le sopracciglia.
"Bianca o Sabrina hanno deciso di ritirarsi? Comunque scordati che io sia in grado di intrattenerne due in una sola sera."
Giovanni allungò la mano, accarezzandomi la guancia dolcemente.
"Mon cheriè, nessuno si è ritirato. Arturo ha avuto un imprevisto e non sarà in grado di presenziare all'evento di stasera.
Suo nipote Gabriele, invece, rappresenterà la famiglia Leonardi al posto suo."
Sbuffai rumorosamente.
Anche se avevo a malapena sbirciato la cartella del signor Arturo, in circa venti minuti non sarei stata in grado di imparare luoghi di nascita e vita del nipote e ancor meno di ricordarmi la favoletta che raccontavo tutte le sere agli amici del mio cliente su come ci fossimo conosciuti, la quale il più delle volte risultava più che dettagliata.
Presi in mano la cartelletta leggendo velocemente qualche riga.
Venticinque anni
Laureato alla Sapienza di Roma
Proveniente dalla famiglia Leonardi che nel 1865 aveva comprato il terreno di...
La chiusi pochi istanti dopo guardando Giovanni con aria perplessa
"E' un ragazzino. Ha a malapena quattro anni più di me."
Giovanni si mise a ridere.
"Così mi insulti, abbiamo la stessa età."
Lo guardai in cagnesco
"Preferivi accompagnare l'ottantenne, mon cheriè?"
Ci pensai un attimo.
Certamente l'alternativa non era delle peggiori, ma odiavo i cambi di programma improvvisi e Gabriele Leonardi rappresentava uno di quelli.
"Vai a prepararti" mi disse Giovanni, stavolta con tono abbastanza serio e risoluto.
Gli sorrisi e mi alzai dal tavolo, dirigendomi verso il bagno con il sacchetto di Yves Saint Laurent.
Sorpassai quattro o cinque tavoli prima di arrivare all'entrata del bar, dove un cameriere mi sorrise, lasciandomi passare.
Ormai frequentavo quel bar come se fosse la mia seconda casa e più o meno tutti mi conoscevano, così come io avrei potuto girare il locale ad occhi chiusi.
Così avanzai, raggiungendo il bagno, pronta a cambiarmi ed affrontare una delle tante serate boriose a cui presenziavo da ormai molto tempo.

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