chapter two

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il motivo per cui io entrai in quel edificio era ora davanti alla mia persona, richiedendomi attraverso quei freddi ma magnifici occhi un impercettibile aiuto, non sapendo cos'altro fare in quel edificio, presa dalla curiosità mi fiondai all'esterno per sapere cosa aveva da dirmi quella donna, la seguii fino al parcheggio alla sinistra dell'ospedale, aiutò il ragazzo ancora scombussolato e forse sotto la fine dell'effetto dell'anestesia a sederi in macchina e poi si rivolse a me con lo stesso sorriso di prima. si presentò a me come "connie" e mi stava semplicemente ringraziando per essergli stata affianco quando ne ebbe bisogno chiedendomi persino di accompagnarmi a casa, ma rifiutai cordialmente la sua gentile proposta, non volevo scomodarla ancora una volta.
la mattina dopo, afferato lo zaino e indossato il cappotto mi diressi a scuola, questa volta non mi fermai al solito bar che mi si para davanti durante il tragitto, ma andai dritta per la mia strada, e come immaginai, mi ritrovai davanti ai cancelli dell'istituto in leggero anticipo. ne approfittai e come mio solito cercai con lo sguardo il ragazzo dagli occhi nocciola, per mia fortuna vidi la sua chioma castana dirigersi in un angolo poco messo sotto i riflettori che aspettava impazientemente che quei dannati cancelli si aprissero.
ed ecco che feci l'unica cosa che lui sperava nessuno facesse, mi avvicinai a lui.
gli rivolsi un semplice saluto e in cambio ricevetti da lui strani versi seguiti da strani scatti e scosse per tutto il corpo, ero matura e acculturata quindi da subito capii che fosse preso dall'ansia sociale ma non avrei mai pensato che avesse anche la cosiddetta sindrome di tourette, ne riconobbi subito i sintomi perché proprio qualche giorno addietro fu trasmesso in tv un documentario che parlava di essa.
come lui segretamente sperava che facessi, non lo presi in giro, perché avrei dovuto, tutto il contrario, gli spiegai gli eventi della sera prima che come immaginavo non si ricordava e gli chiesi come stava in questi giorni e se avrebbe voluto passare un po' di tempo lontano da i suoi pensieri insieme a qualcuno che lo facesse stare bene, non ricevetti una risposta concreta ma uno sguardo che sembrava incredulo e preoccupato alle mie parole, capii che forse non gradiva più di tanto la mia presenza ma testarda com'ero decisi di insistere, continuai quindi dicendogli che volevo solo parlargli ed essergli amica, sembrava quindi tranquillizzato, fece un leggero cenno con la testa e iniziò a parlare: "non so chi tu sia o il motivo del perché ti ostini così tanto a voler stare accanto a me, tanto meno del perché ti trovavi in quell'ospedale, ma se come loro vuoi persecuitarmi fino alla morte sappi che non c'è più posto." e se ne andò via verso la sua destinazione non volendo sostenere quell'imbarazzante conversazione ancora per tanto, ridacchiai tra me e me, non pensavo avesse del pepe in quel caratterino ma lo rendeva ancora più misterioso e affascinante, come lui me ne andai anche io per la mia classe, non prima di aver salutato i miei amici qualche metro più in là.
al suono della campanella, mi fiondai all'uscita della scuola in compagnia del nostro gruppetto e parlando e scherzando tra di noi, mi accorsi che quel ragazzo mi stava forse aspettando, nello stesso luogo di stamattina, senza perdere altro tempo salutai tutti e gli andai vicino facendo notare la mia presenza; dal nulla il castano iniziò a scusarsi per aver quel tono nei miei confronti, forse l'unica persona ad avergli porso l'altra guancia, ovviamente accettai le sue scuse.
sembrava molto agitato e non al suo agio, tra i vari motivi uno dei quali era il fatto che io fossi molto conosciuta in quella scuola o comunque a differenza del ragazzo avevo tanti amici e conoscenti e questo sicuramente metteva alla luce la figura di quel ragazzo che voleva tutto tranne che essere visto.
avendo notato il suo disagio decisi di rompere il ghiaccio formatosi dal nostro silenzio semplicemente presentandomi, cosa che avevo sbadatamente dimenticato di fare qualche ora addietro, lui mi guardò inespressivo e dopo qualche secondo aprì bocca sussurrando il suo nome.
"tobias, ma se preferisci toby".
capii anche che quello era un cenno positivo quindi gli rivolsi un sorriso e iniziai a parlargli del più e del meno, notando come mi ascoltasse con curiosità e divertimento mentre narravo le più stupide delle vicende perdendomi nei più piccoli dei dettagli. sorrisi al suo essere se stesso.
dopo una manciata di minuti persi tra le mie accattivanti chiacchiere, toby, un po imbarazzato dal dovermi interrompere, mi riferì che sua madre sarebbe arrivata a momenti, quindi ringraziandomi per avergli fatto compagnia mi salutò.
quel ragazzo sapeva proprio come radicarsi nei miei pensieri, non parlava molto, forse insicuro della sua balbuzia, ma di per certo sapeva ascoltare e in quelle brevi risposte che ti dava, ti dava la sicurezza di aver captato e percepito qualsiasi cosa tu avessi da dire.
un libro difficile da capire solo per chi non prestava il minimo interesse, facile per chi
voleva mettere a galla qualsiasi segreto esso nasconde.

Legame - Ticci Toby x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora