CAPITOLO SESTO

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L'ascensore si chiuse e in una piccola schermata apparvero dei numeri: 0, -1, -2, -3, -4. Al -5 le porte si aprirono in un imponente spazio ricco di sedie, schermate varie, ancora divani, sfarzosi lampadari in cristallo e due anziani, un uomo e una donna, che stonavano con la modernità di tutto il resto.

«Nostro figlio se ne va sempre in giro e ogni tanto ci porta qualcuno.» L'uomo si lisciò la barba ingrigita, era calvo come Lusio. Indossava un gilet verde su di una camicia bianca, e pantalonidello stesso colore del gilet.

«Sì, tanto per farci passare un po' il tempo.» Concluse la donna.  Lei, con capelli bianchi raccolti a treccia attorno alla testa, portava un abito ampio e bordeaux, in stile vittoriano.

«Ehm...» Adriano fece qualche passo in avanti, cercò qualcosa da dire tanto per non rimanere in

silenzio. «E così, è questo il pianeta tanto avanzato di cui Lusio mi ha detto di venire?»

«Ah, no no.» La donna rise «Ci piaceva questo pianeta e ci siamo trasferiti qui un po' di tempo fa.»

Adriano si chiese come si potesse trovare gradevole un posto così gelido, ma decise di tenerlo per sé.

«Scusate la domanda: come faccio a tornare nella Terra?»

«La Terra?» L'uomo si rivolse alla madre di Lusio «Non è lì che abbiamo preso questi vestiti?»

«Sì, ci piace molto lo stile che avete lì.»

Che avevamo, pensò Andriano osservando i loro vestiti dallo stile antico, ma tenne per sé anche

questo.  

«Dunque, perché Lusio ti avrebbe portato qui?» Chiese la donna.

Adriano si grattò la testa «Credo di aver detto qualcosa del tipo che la mia vita era troppo banale e che non mi piaceva più stare nel mio pianeta, sì, qualcosa del genere.»

«Ah, ecco, un altro di quelli. Nostro figlio ce ne porta a bizzeffe. Vediamo, a questo punto dovrei dirti una frase del genere:» L'uomo si schiarì la voce e alzo il tono, rendendolo pure più profondo: «devi imparare a star bene con te stesso e starai bene in qualsiasi punto dell'universo, non puoi pretendere che le cose cambino se non cambi tu».

«Sì, va bene, ma questo lo dicono un po' tutti», ribatté Adriano. 

Il vecchio si avvicinò a una vetrinetta ricolma di libri e da un cassetto tirò fuori un foglio. «Non ho più una buona memoria, comunque sia: smetti di lamentarti e sii ciò che vuoi essere e fai ciò che vuoi  fare.» Ripiegò il foglio «Ecco qui. Il mio dovere l'ho fatto.»

«E poi non l'aveva detta anche Seneca una roba del genere?» fece Adriano «"Devi cambiare d'animo, non di cielo."»

«Non so chi sia questo Seneca, ma hai capito il senso?»

«Sì, certo.» Rispose scocciato. «Però come torno nella Terra? Uno di quei pesci mi ha preso la

radiolina e non so come fare a...»

La donna rise ancora, aveva la stessa risata incontrollabile del figlio. «Ti ha preso in giro. In realtà

ti basta la mente, non hai bisogno di nient'altro.»

«Come sarebbe a dire? La mia mente non sa di certo viaggiare nello spazio. Voglio dire, me ne sarei accorto di una cosa del genere.»

«No, molte specie, non solo sulla Terra, si impongono dei limiti. Non riescono in qualcosa solo perché non lo ritengono possibile. Con quell'aggeggio che ti ha dato Lusio ci sei riuscito perché non era dentro te, dai troppo affidamento a ciò che si trova al di fuori.»

«Cosa devo fare?».

«Sintonizzati con il tuo pianeta, ascoltalo».

«Come?».

«Cosa ti piace del tuo pianeta? Se adesso vuoi tornare lì, è evidente che per qualche motivo ti manchi».   

Adriano non aveva idea di cosa intendesse di preciso con il sintonizzarsi e fece la prima cosa che

gli venne in mente. 

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