CAPITOLO SETTIMO

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Pensò alla Terra. L'oceano, il cibo, le piramidi, il Colosseo, la Cina, il deserto del Sahara, il Messico, l'Italia e tutti gli altri paesi. In linea generale - molto generale - nemmeno la sua gente era poi tanto male.


La testa riprese a girare e... Adriano aprì gli occhi e vide un tavolino in vetro con vari soprammobili in ceramica a forma di animali, ascoltò il cinguettio che arrivava da fuori, prese coscienza del suo peso ancora una volta e di ciò che aveva attorno. Si alzò di scatto a sedere e sollevò uno dei cuscini del divano, era ricolmo di briciole lì sotto, una matita, il telecomando, uno stuzzicadenti, un fazzoletto usato e una paio di spiccioli. Si stese di nuovo.

La sua casa. La sua tranquillità. Solo un sogno. La birra in frigorifero. I biscotti.

Un ignoto tintinnio non proprio familiare. Era stato solo un sogno. Ancora tintinnio.

«Heilà!» A questo grido Adriano rotolò giù dal divano.

«Tu!» Gridò a sua volta.

Lusio se ne stava con un fianco poggiato alla parete, le braccia conserte  e un sorrisetto in volto.

«Sì, io. Non ero tanto sicuro che avresti trovato il modo di tornartene qua.»

«Non mi starai dicendo» Disse Adriano rialzandosi in piedi «che era tutto vero? Non ci credo di aver fatto tutto questo con la mente. E se lo venisse a sapere il mondo...»

«Non succederà.» Lo interruppe Lusio «Un'altra vostra caratteristica è quella di negare a prescindere e a priori, anche quasi all'evidenza, qualunque cosa che risulti troppo strana e inspiegabile. E non succederà nemmeno se parlerai, perché verrai preso per pazzo. Siete troppo pigri per usare appieno la mente, perciò preferite qualunque altra spiegazione. Come se qualcuno avesse installato un qualche programma che vi impedisca di progredire. Millenni fa non eravate proprio così. Be', adesso me ne vado. Magari quando mi annoierò troppo verrò a trovarti.» Fece per salutarlo ma si bloccò.

«Ah, un'ultima cosa. Mio padre ti ha fatto il discorso sullo stare bene con te stesso, sul non lamentarsi sul sapere usare la mente e immaginare, eccetera eccetera?»

«Ehm, sì, più o meno.»

«Oh, bene. Ultimamente lo vedo un po' invecchiato. Comunque sia, dagli retta e ricorda: ogni frase ha più valore se detta dalla persona giusta e credimi quando ti dico che lui la sa lunga.» 

«E tutte queste cose dette da te ne hanno molto di valore?» Adriano decise che fosse troppo rispettoso da parte sua continuare a dargli del "lei". Lusio roteò gli occhi e portò una mano al mento.

«No, assolutamente no. Ciao!» Detto questo si dissolse nel nulla in un attimo, solo la sua risata riecheggiò per qualche secondo.

Adriano provò un gran sollievo. Uscì fuori per prendere una boccata d'aria e per schiarirsi le idee.

«Che roba è?» Era certo di non avercelo annodato quel filo di spago nella ringhiera della terrazza.

Tra l'altro non aveva alcun senso: era teso e saliva verso l'alto, non ne vedeva la fine. Lo strattonò con tutta la sua forza ma non accade nulla. Decise di lasciar perdere, aveva di meglio da fare, come, ad esempio, mangiare un panino. Rientrò in casa e chiuse la porta.

 Intanto quell'energia viaggiò più veloce della luce scontrandosi contro una falena appollaiata sul filo di spago, questo si disintegrò e un mucchio di esseri annoiati in un qualche lontano pianeta sghignazzò osservando la Terra. Era bella, sì, ma i suoi abitanti un po' ottusi.  


L'universo nel divanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora