«Ma che posto è?» Chiese al suo compagno di viaggio cercando di tenere a bada il battere dei denti, indossava abiti troppo leggeri.
Non ascoltò la risposta, fu distratto da quelli che avevano tutta l'aria di essere dei pesci e che stavano "nuotando" nella neve, proprio come fosse stata acqua. Saranno stati lunghi cinquanta centimetri e larghi dieci. I loro colori erano sgargianti e vivaci, luccicavano alla luce di quello che Adriano nella Terra avrebbe chiamato Sole.
Corse per raggiungere Lusio e per scaldarsi un po', quando un grido fuoriuscì da sotto i suoi piedi e si espanse per tutta la valle innevata.
Uno dei pesci saltò fuori e si allontanò strillando.
«E sta' attento!» Gridò Lusio.
Adriano lo raggiunse a grandi passi.
«Dov'è che siamo diretti di preciso?» Chiese dopo cinque minuti di cammino che nella sua mente congelata parevano triplicati.
Lusio si limitò a rispondere che mancava poco e «Non trovi un po' noiosa la vita della maggior parte degli abitanti del tuo pianeta?» aggiunse.
Adriano mosse la mandibola su e giù, a destra e sinistra. Non sentiva più le labbra.
«Può essere.» Alitò senza alcun risultato positivo nelle mani. «Perché, nel suo pianeta che si fa?»
Continuava a dare del "lei" a quello sconosciuto, anche se oramai aveva la certezza non si trattasse davvero di un umano. Nonostante tutto preferiva mantenere una certa distanza e non dargli troppa confidenza. Vista anche la stazza.
«Be', non voglio dire che nell'infinità dell'universo il mio pianeta sia il più avanzato, ma non sbaglierei di molto. Noi non facciamo niente, o meglio: "niente" sarebbe la concezione che avete voi nella Terra di quello che facciamo. Siamo liberi, non dobbiamo lavorare, non dobbiamo seguire chissà quali canoni e regole. Facciamo esattamente ciò che ci va di fare. A dirla tutta ci annoiamo molto, questo è uno dei nostri mali. Forse il principale.»
«Bah!» Disse soltanto Adriano, anche perché era l'unico suono che riuscì a emettere.
Scorse una forma rotondeggiante e nera a una cinquantina di metri, come un sorta di cupola. Usciva del fumo dalla sua sommità e questa sola visione bastò a riscaldarlo per un quarto di secondo.
Raggiunsero la costruzione. Se non fosse stata così nera, così lucida, liscia, levigata e soprattutto così grande, Adriano l'avrebbe paragonata a un igloo eschimese o a uno di quei gingilli con acqua e neve finta che si regalano a Natale o come souvenir, invece di simile aveva solo la forma.
Lusio premette l'indice su di un pulsante rosso accanto alla porta. Questa si aprì subito in due scomparendo dentro le mura e liberando un tepore estremamente piacevole.
«Tu vai pure dentro.» Maneggiò la rotellina della radio. «Io devo proprio andare.»
«Ma...» Balbettò Adriano «Ma dove va? Non mi può lasciare qui. Che caspita dovrei fare qui? Mi riporti sulla Terra!»
Lusio poggiò una mano sulla sua spalla.
«Amico mio, stai calmo. Sono sicuro che troverai una soluzione.»
Adriano era sul punto di ribattere quando l'altro scomparve nel nulla. Rimuginò un po' sul da farsi e in quel mentre un pesce identico a quello che aveva calpestato pochi minuti prima saltò fuori dalla neve e afferrò con la bocca le cuffiette bianche, con tanto di radio, e le portò via con sé. Adriano iniziò a scavare, benché sapesse che non sarebbe servito a nulla. Oramai solo, e senza l'unico mezzo a disposizione per andarsene, non vide altre alternative se non entrare in quello pseudo-igloo. Non sapeva cosa aspettarsi, e questo lo inquietava non poco, ma non vedeva l'ora di allontanarsi da quel freddo terribile. Entrò, la porta si chiuse alle sue spalle e lui si lasciò abbracciare dal caldo. Tanto caldo. Sarebbe rimasto lì per ore nel tepore senza far nulla.
La stanza in cui si trovava era bianca e rettangolare, lunga e stretta, sembrava il corridoio di un ospedale, non c'era niente se non un divano blu e dei piccoli lampadari ovali.
All'estremità destra del corridoio si aprì una porta, si trattava di un ascensore.
«Coraggio, entra. Non aver paura.» La voce di una donna rimbombò tra le mura con un eco metallico e lo fece sobbalzare.
Adriano cercò invano la presenza della persona che aveva appena parlato e, titubante, obbedì.
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L'universo nel divano
Fiksi IlmiahUn giovane uomo si è proprio stancato della banalità della sua vita e, tra inutili desideri di ricchezza gettati nelle slot machine e bottiglie di birra vuote, decide di gridarlo all'universo. «Alieni, pigliatemi!», disse proprio così quella notte...