You can take This Anymore

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Aveva smesso di sorseggiare il suo tè da un pezzo. Stava in silenzio a fissare quel poco che rimaneva nella tazza per farlo girare senza uno scopo con piccoli movimenti decisi del polso. Suo nipote sarebbe arrivato in visita qualche ora dopo le due del pomeriggio. Faceva sempre tardi, si fermava ad esaminare le bancarelle piazzate al molo per potercelo poi portare più tardi. Lo faceva ogni volta e quella non avrebbe fatto di certo eccezione. Avrebbe fatto preparare qualcosa alle cucine, sapeva che il moccioso sarebbe arrivato a stomaco vuoto, e anche se non gli avesse detto nulla, sarebbe sgattaiolato in giro alla ricerca di cibo. Sollevò un angolo della bocca al pensiero. Prese l'ultimo sorso di quel tè infame, poi tornò ai libri contabili. Se l'era sempre cavata da solo, non aveva mai commesso errori nemmeno in quello. Aveva stabilito più di vent'anni di supremazia (e terrore, quindi, perché non dittatura?) e nulla in quel lasso di tempo, o meglio, quasi nulla, era andato storto. Nessuno si lamentava per la mancanza di viveri o per conflitti, questo perché non lasciava che scarseggiasse neanche l'acqua nelle stalle e perché spezzava le ossa a chiunque osasse mettere in subbuglio le sue terre. Sandu Shengshou non gli era stato messo sulla testa come titolo di certo a caso. Una folata di vento gli spostò i capelli dal viso; si voltò chiedendosi quando avesse lasciato la finestra aperta. Poggiò il fermacarte sulla pila di fogli prima di alzarsi e avvicinarsi alla parete. Posò le mani sul legno dell'infisso, pronto a tirarlo giù. In lontananza poteva sentire il vocio degli abitanti di Yunmeng, la musica locale e anche qualche fanciullino ridente qui e là. Il suo viso si contrasse in una smorfia, e non se ne accorse fino a che uno dei suoi discepoli non gli portò un invito, guardandolo come se avesse potuto esplodere da un momento all'altro. Storse il naso, poi  congedò il giovane. Prese in mano la fine carta dalle familiari decorazioni e dai colori tenui.

"Clan Lan di Gusu, eh?" pensò.

Aprì l'invito, gli bastò leggere le parole "prendere parte", "festeggiamenti" e "Capo Clan" per capire di cosa si trattasse; ZeWu-Jun aveva terminato il suo periodo di isolamento.
Altra cosa che glielo fece intuire, fu l'ingresso di suo nipote, che con la bocca piena si era fiondato da lui correndo e urlando come se la sua vita dipendesse da tale notizia. Non ci sarebbe andato se solo avesse potuto. Ma doveva. Il Clan Lan di Gusu era stato come un pilastro quando aveva avuto bisogno, non se ne sarebbe dimenticato. A correre in suo aiuto era stato specialmente quel Capo Clan che si era forzato in clausura, gli sembrava quantomeno civile fargli visita.

«È solo una settimana, zio. Non devi vivere lì per sempre.» gli aveva detto il nipote dopo aver mandato giù un sorso generoso di tè.

Sì, sarebbe stata solo una settimana. Una settimana infernale in cui avrebbe dovuto prestarsi alle conversazioni con altra gente, fare del suo meglio per non urlare in faccia a nessuno di zittirsi e scappare via alla minima occasione. Scelse comunque un paio di cambi d'abito da portarsi dietro, non era comunque mai troppo presto per iniziare i preparativi. Intanto Jin Ling continuava a parlargli delle bancarelle ininterrottamente. Alzò un angolo della bocca, sorrise. In vero, avrebbe benissimo anche pianto in quel momento. Ricordava di quando era sua sorella maggiore a portarcelo. Andava sempre a finire che facevano un giro, lui si perdeva nella folla e la chiamava per nome invano. Piangeva, piangeva quasi ogni volta. YanLi lo ritrovava sempre però, e lo portava dove la gente non c'era quasi più. Gli comprava il biancospino candito e non tornavano a casa finché non stava meglio. E poi venivano rimproverati dalla madre per essere stati fuori per troppo tempo da soli a divertirsi. A'Ling però, non era mai stato accompagnato da YanLi in quelle occasioni allegre, non avrebbe potuto godere di quel privilegio nella sua vita, e questo lo tormentava ogni singolo giorno della sua vita. Anche se il ragazzo non aveva mai detto nulla vedendo le allegre famiglie passeggiare per il molo, sapeva quanto male gli facesse. Suo nipote era la sua vita, tutto ciò che aveva. Tornò nei suoi uffici, mise da parte il lavoro che sperava di finire in tempo, ma che sapeva avrebbe terminato a notte fonda, e partì alla volta delle bancarelle. Il molo era stato allestito minuziosamente, l'allegria nell'aria era palpabile (ovunque non vi fosse lui). Jiang Cheng non perdeva di vista suo nipote neanche per mezzo secondo, e anche se avesse dato l'impressione di farlo, aveva comunque certa la posizione del ragazzo. Molti dicevano fosse esagerato da parte sua. Dicevano che se ogni orfano fosse cresciuto come Jin Ling, il mondo sarebbe andato a rotoli, che il ragazzo fosse troppo viziato, e che il Capo Clan Jiang avesse un cuore troppo tenero nei suoi confronti.

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