Capitolo quattro - Il formicaio

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Alphons deglutì con fatica. Aveva quasi rischiato di strozzarsi con la sua stessa saliva. Era terrorizzato. Era un mostro quella cosa che aveva davanti a sé? No, forse era un uomo. E allora perché aveva un enorme sciame di formiche su tutto il corpo? Non riusciva a capirci più niente. Poco dopo tornò Armin che non appena vide l'inquietante figura fece dietrofront.

"Alphons! - bisbigliò agitato - andiamocene via!"

Era  pietrificato. Non riusciva persino più a percepire i suoni attorno a lui. La sua mente era completamente offuscata dalla paura e dal terrore del momento.

L'uomo avvolto dalle formiche fece due passi in avanti. Gli assi di abete sotto di lui scricchiolarono. Aveva la bocca semiaperta. I suoi denti erano di un colore grigio spento e sporco. Altre formiche gli camminavano sulla lingua. Alcune di loro pendevano dalle sue labbra, cadendo via, via sul pavimento della catapecchia. Gli occhi erano l'unica parte bianca del suo viso. Una fitta rete di vene rosse rigava tutta la loro superficie sferica.

"Alphons, muoviti! Vieni via!!"

Rimase fermo dov'era. La figura continuava ad avvicinarsi sempre più. Ora la sua bocca era completamente aperta. L'avrebbe azzannato con i suoi denti grigi? Era arrivato il momento della sua morte? Chi era quell'uomo? Anzi. Cos'era quella cosa? Quanta confusione. La sua testa stava per esplodere. Aveva fin troppi dubbi dentro di sé. Si sentiva sempre più oppresso dai suoi timori e dalle sue incertezze. Armin si fece coraggio e tirò via Alphons verso l'esterno.

"C-cosa!?" - esclamò ritornando finalmente alla realtà.

"Scappiamo, Alphons!!!"

I due iniziarono a correre. L'uomo, ancora dentro la catapecchia, emise un gemito e partì all'inseguimento. Ora era certo. Se non si fossero fermati, entrambi avrebbero fatto la fine degli uomini di prima. Squartati e sbudellati. Si addentrarono ancor di più nelle paludi, marciando a passo svelto. A breve avrebbero varcato il confine della cittadina di Rangsford. Ci sarebbero stati problemi anche lì oppure avrebbero finalmente trovato la pace? Il mostro era ancora dietro di loro. Era velocissimo. Se solo avessero diminuito la velocità, sarebbero stati raggiunti all'istante.

"Qualche altro passo e mi fermo... non riesco più a correre."

Armin era esausto. Non era da lui stancarsi mentre correva. Di solito era persino più veloce di Alphons. Cosa gli stava succedendo? Forse la stanchezza arretrata stava iniziando a farsi sentire. Sì, forse era quella. Scivolarono per una collinetta innevata e ricominciarono a correre.

"Alphons, io mi fermo... sparagli!"

L'uomo obbedì senza pensarci un attimo. Anche lui era stanco di scappare. Avrebbe messo fine a quell'inseguimento. Aveva corso abbastanza. Si girò di scatto, alzò la carabina davanti a sé e fece fuoco. Il mostro venne colpito al petto e cadde a terra con un tonfo. Al momento dell'impatto un consistente gruppo di formiche, presente sul suo corpo, esplose.

"E' fatta, Armin... è fatta..."

Entrambi si accasciarono sul terreno, sdraiandosi a pancia in su. Erano distrutti. Avevano rischiato di morire per l'ennesima volta. Ora sarebbero davvero tornati nella catapecchia per riposare. Ne avevano un urgente bisogno.

"Non vedo l'ora di sdraiarmi sotto delle calde coperte..." - disse Alphons mentre guardava il cielo grigio e nuvoloso.

"Ti stai riferendo a casa nostra?"

"A Berlino."

"Ah... ho capito..."

Armin spostò la mano destra davanti al suo viso. Da poco aveva iniziato a tremare lievemente. La stanchezza stava giocando brutti scherzi. Aveva davvero bisogno di dormire. Sentiva ancora di avere bisogno del calore sprigionato dal miele nel barattolo. Perché Alphons non lo percepiva? Non riusciva ancora a darsi una spiegazione.

Il miele di formicheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora