Capitolo cinque - Berlino

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Senza cibo, senza armi e con il miele di formiche in circolazione nel sangue. Una situazione peggiore non sarebbe mai potuta capitare. Nonostante tutto, però, Alphons e Armin avevano preso una decisione. Avrebbero raggiunto Berlino, costi quel che costi. Anche da morti.

Fu un viaggio difficile. Il loro ultimo viaggio difficile. Stanchi per la recente fuga dal gigantesco formicaio e in procinto di impazzire a causa degli effetti del maledetto miele.

Percorsi i primi cinque km, si dovettero fermare. Avevano entrambi l'affanno, nonostante avessero solamente camminato. Nessuno dei due aveva provato a correre. Se solo lo avessero fatto ci sarebbero rimasti secchi prima del previsto. Le tempie di Armin erano piene di vene gonfie. Le sue mani erano tutto fuorché immobili. Tutti gli effetti disastrosi si stavano lentamente manifestando. Più proseguivano per la loro strada, più erano sicuri che quello sarebbe stato il loro ultimo giorno sulla Terra.

Una giornata indimenticabile e poco stancante.

Questo sarebbe dovuto essere il degno ultimo giorno di un essere umano. Purtroppo, però, era un utopia, ormai. I momenti finali passati al freddo e al gelo e con un languore spaventoso. Era anche poco, in realtà.

Ripresero a camminare dopo una pausa di un quarto d'ora circa. Essendo pomeriggio tardi, la temperatura era molto bassa. Avrebbero davvero voluto chiudersi nella catapecchia e riposare sotto delle calde e accoglienti coperte di lana. Quel gelo ricordò ai due i primi mesi invernali che, dopo la caduta della società, avevano fatto passare loro momenti terribili. Entrambi avevano preso la febbre altissima. Nessuno sapeva ancora come avessero fatto a cavarsela. Forse qualcuno dall'alto li aveva protetti. Forse i loro genitori, morti qualche settimana prima, li avevano osservati.

Ad Alphons cadde una lacrima che gli rigò e riscaldò il viso contemporaneamente. Quanto avrebbe voluto in quell'esatto momento la sua "mamma" e il suo "papà". Gli mancavano. Tutti e due. Non era stato cresciuto abbastanza da loro. Si sentiva smarrito. Come se qualcuno avesse strappato un cagnolino dalla sua mamma troppo precocemente, e quel cucciolo era Alphons. Solo, impaurito e insicuro.

Un alito improvviso di vento lo fece tremare. Quanti km mancavano a destinazione? Una decina? Avrebbero resistito ancora? Mentre camminava, prese dallo zaino il barattolo di miele e se lo strinse al petto. Quel calore inebriante lo fece sentire subito meglio.

"Alphons n-ne d-dai un po' anche a-a me?"

Anche Armin stava tremando come una foglia. In più, nel suo caso i sintomi erano in stadio avanzato. Aveva ingerito il miele di formiche da più tempo di lui.

"Certo, tieni."

Armin glielo strappò di mano avidamente e se lo poggiò sul viso. Iniziò a sorridere. Da quanto non sorrideva in quel modo? Forse da prima di lasciare la catapecchia.

"Non te lo tenere troppo appiccicat..."

Si dovette bloccare. La sua vista aveva iniziato ad annebbiarsi. I sintomi della sostanza del demonio cominciavano a farsi sentire anche per lui. Aveva paura di cosa sarebbe potuto succedergli a breve. Scrollò la testa, cercando di eliminare quel sintomo, e riprese a camminare.

In fondo alla strada c'era una figura. Era un uomo? Un Formichiere 2.0? Non era in grado di capirlo perfettamente. Gli occhi non gli funzionavano al cento per cento.

"Ehi, voi due! Fermi dove siete!" – urlò la sagoma in lontananza.

Alphons e Armin si bloccarono. Sì, era un uomo. Ora non c'erano dubbi. Era quasi calvo e aveva una folta barba color biondo cenere. Il suo giubbotto era completamente coperto di bianca e morbida neve. Nessuna vena gonfia sulle tempie. Gli occhi erano socchiusi per il vento forte. Non aveva ingerito miele di formiche. Non era pericoloso. Al contrario, loro due lo erano.

Il miele di formicheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora