Quarantuno.

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Presente.

Erano passati solo pochi giorni dall'incontro con il detective Tsukauchi e Midoriya non aveva avuto più notizie, o spiegazioni.
Non che avesse avuto molto tempo per pensare a quello, in realtà.

Quel pomeriggio avrebbe avuto il primo appuntamento con il suo ginecologo.
Era riuscito a convincere Kirishima, l'unico a sapere delle sue condizioni, a farne venire uno con la scusa del suo calore in ritardo. Cosa vera in effetti, ma non aveva voluto perdersi in spiegazioni con nessuno, soprattutto con la madre che, imperterrita, tentava in ogni modo di avere risposte a domande alle quali Izuku non voleva però rispondere.

Camminava su e giù per il giardino zen sul retro, si ritrovava spesso lì a pensare; ignorando gli occhi vigili degli eroi su di lui e quelli ansiosi delle due donne con cui conviveva. Anche se non sapeva spiegarsi perché zia Mitsuki fosse così apprensiva con lui; forse per quel leggero odore di caramello che emanava, o forse per quel luccichio in quelle sue pozze verdi, ma la donna bionda lo teneva sempre a portata di sguardo.
Non aveva voluto dire niente a nessuno, non voleva che quei tre genitori si illudessero: non voleva che gli zii si aspettassero chissà cosa da lui e non voleva che la madre si immaginasse già con il cucciolo del figlio fra le braccia; non voleva che nessuno si immaginasse quel cucciolo, perché altrimenti lo avrebbe fatto anche l'omega verde e, Izuku, non voleva assolutamente immaginarsi un fagottino con le sembianze sue e dell'alpha.
Non voleva dire nulla a nessuno perché, tanto, non c'era nulla di cui discutere o nulla da immaginare. Solo ancora alcune settimane e quel problema non ci sarebbe più stato.

La voce di MudMan, che gli arrivò dalle spalle, lo fece irrigidire, quell'eroe era serio e capace ma faceva sempre provare un brivido freddo alla schiena di Midoriya. MudMan era strano, agli occhi del verde, non molto posato se incontrato fuori dai suoi panni da eroe, ma piuttosto professionale quando indossava il costume.

> La tua visita è arrivata. La facciamo accomodare nel salotto.

Midoriya mosse semplicemente il capo segno d'assenso e si perse ancora per un attimo a fissare gli aceri rossi.
A fare quella visita sarebbe stato solo: nessun amico a tenergli la mano, non voleva la madre vicino quando avrebbe informato il medico che aveva deciso per l'aborto e non ci sarebbe stato il suo alpha, con i suoi feromoni calmanti, a incoraggiarlo in un momento così delicato. Sarebbero stati solo lui e il medico. Lui, il medico e le sue paure.
Perciò si prese il suo tempo a fissare il cielo, le nuvole pigre che passavano leggere e il rosso delle foglie. Un rosso così nostalgico, che lo fece sospirare profondamente.

Il medico era una donna beta, giovane in realtà: grandi occhiali tondi in metallo, una alta e lunga coda, una frangetta sbarazzina che le copriva la fronte. Sarebbe stata simpatica e carina, se non fosse stato per lo sguardo serio e severo; ma la sua voce non era alterata o alta quando parlò, anzi: era placida e rassicurante, così tanto che Izuku si ritrovò a rilasciare il suo odore in segno di fiducia.

> Buon pomeriggio, signor Midoriya. Si sdrai pure sul divanetto e sollevi la maglia fin sopra lo stomaco.

La ragazza si mise a trafficare con i guanti e con delle bottigliette, prima di riportare la sua attenzione sull'omega.

> Sono stata informata sulla sua condizione. Cercherò di essere il più discreto possibile durante la mia permanenza qui, ma le consiglio di non mantenere certi segreti. Ho avuto altri pazienti come lei e... le cose non sono mai andate bene, ecco.
Ora sentirà un po' di freddo.

La dottoressa strizzò la bottiglietta di gel e quello schizzò sul ventre del verde, che rabbrividì a disagio. La ragazza rise piano sentendo le lamentele del ragazzo verde.
Prese in mano la sonda dell'ecografo e iniziò a premere delicatamente sulla pancia, ancora piatta, di Midoriya. Izuku fissò gli occhi sullo schermo del macchinario e trattenne il fiato mentre attendeva che la beta parlasse.

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