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Sono caduto oggi, non l'ho fatto apposta.

Forse non ho visto le scale, eppure sono sempre state lì.

Non so chi mi ha trovato, in ospedale non me lo hanno detto. Credo sia stato Mario, il ragazzo delle poste, entra sempre quando il cancello è aperto, lo sa che mi stanco ad arrivare fino alla cassetta.

Ho perso molto sangue, ma a me non sembra cambiato nulla.

Non mi sento più leggero di quanto non fossi questa mattina.

Credo sia la mia anima ad essere troppo pesante.

Anna è una dottoressa tanto cara, mi lusinga molto parlare con lei. Mi ha anche fatto sentire bello prima, anche se le mie mani sono prugne, ed il mio viso ne ha il colore.

Avrei voluto dirglielo, che un tempo bello lo sono stato, prima che fosse il tempo stesso ad ingoiare di me ogni cosa.

Se l'avessi avuta le avrei fatto vedere una tua foto.

"Guarda quanto è bello, è tale e quale a me" le avrei detto, ed Anna mi avrebbe creduto, e forse sarebbe rimasta con me tutto il pomeriggio per parlare di te.

Ma di te io non ho nulla da dire, se non le invenzioni del mio cuore ed i rimorsi del mio spirito, ed allora abbiamo parlato della mia malattia.

Avanza male e veloce, mi ha detto, la malattia.
Non le ho creduto.
Non è la malattia che sta avanzando, è la morte, figlio mio.

Mi sta mangiando pezzo per pezzo.

Ieri ho scordato il nome di tua mamma, ho cercato la fede in lungo ed in largo, solo per leggerlo dall'incisione.

Non la indossa più, lo vedo dalle foto che condivide ogni tanto, ora ne ha una più bella.

Le sta bene l'argento.

È ancora così bella, lei.

Forse perché ha sempre vissuto con te che la tieni forte ed in vita.

Vorrei anche io un tuo abbraccio, chissà quanti gliene dai.

Anna ha detto che sarebbe meglio fossi assistito, che da solo non ci posso più stare.

Non camminerò più per un po', forse le mie gambe si spegneranno del tutto.

Glielo chiesto, non temere, le ho chiesto se anche le mani smetteranno di muoversi.

"Devo scrivere a mio figlio" le ho detto, e le m'ha accarezzato i capelli e ha detto che potrò scrivere quanto voglio.

Erano anni che nessuno m'accarezzava così.

"Sarebbe meglio, però, se tuo figlio venisse da te per un po', almeno finché non ti rimetterai" ha aggiunto.

Ho finto che sarebbe successo, mentre il cuore mi si rompeva.

Non volevo dirle nulla, non quando avrebbe potuto pensare che tu m'avessi abbandonato.
E non avevo cuore di confessare le mie colpe.

È la pietà che bramo, amore mio, e le carezze che essa mi concede.

Ho pensato di scriverti per davvero, e non solo alle pagine di questo diario.

Papà sta male ed ha bisogno di te, t'avrei detto.

Che tu sei tanto buono e m'avresti commiserato.

Ti amo più di così, però.

Ti lascio alla vita, lei ti merita più di quanto io non faccia.

La ricordi, la badante del nonno?
Eri così piccolino tu, e le sorridevi sempre.

Ho pensato a lei, per prendersi cura di me.

Si chiama Anita, ricordi? Tu non lo sapevi mica dire il suo nome, ma ci provavi lo stesso, e Jacopo- Jacopo era troppo timido anche solo per salutarla.
Non gli è mai piaciuto avere gente in casa.

L'ho chiamata, come uno stupido.

Ha quasi la mia età, non che non lo sapessi, e mi ha detto che a settant'anni non ha le forze per occuparsi di qualcun altro.

Le ho chiesto scusa, credo di aver pianto, mentre me ne stavo accovacciato al letto col telefono in mano.

Ha detto che le sarebbe piaciuto parlare con me, e passare a trovarmi, poi m'ha parlato di suo figlio.

Te lo ricordi Manuel, Simone?
Credo sia stata la tua prima cotta, forse tu neanche lo capivi.

Come ti piaceva quando spingeva l'altalena per te, ti facevi rosso rosso prima di chiedergli di spingerti più in alto.

Cerca lavoro, mi ha detto, e conosce il mestiere, questo è certo.

Mi piacerebbe averlo qui, mi ricorderebbe di te, credo, e potrei istruirlo, per non scordare io stesso la filosofia.

Parlerò con lui domani, e gli dimanderò di te.

Voglio rubarti ai suoi ricordi, se ne ha, prima che i miei si dissolvano.

La notte mi chiama, amore mio, ed il mio posto duole per lo sforzo.
Il mio letto è sporco, ma non riesco a pulirlo.

Merito di dormire nel mio stesso lerciume.

Spero tu sia al caldo, questa notte, fra le braccia di chi t'ama.

Sempre tuo,
papà.

Avrai sorrisi sul tuo viso come ad Agosto grilli e stelle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora