Lasciai cadere il pennello impregnato di pittura verdognola sul pavimento, non curandomi affatto degli effetti che quel gesto potesse provocare - c'avrei impiegato sicuramente giorni per rimettere a posto il mio studio malandato, partendo dalla scrostatura delle mattonelle color panna, che ormai avevano perso il loro colore originale. Abbassai di poco lo sguardo e assunsi una smorfia di orrore nell'osservare il pavimento variopinto: la parte che detestavo di più del mio lavoro da pittrice squattrinata era senza alcun dubbio il disordine che procuravo in giro senza neanche rendermene conto. Mi passai una mano tra i capelli sporchi e leggermente umidi per via del sudore, pentendomi un secondo dopo di quel gesto, lasciando si che alcuni residui di pittura mi ricoprissero il viso, quasi come una maschera. Respirai a pieni polmoni l'aria di casa, che profumava di lavanda e peonie, racchiuse in un piccolo mazzolino riposto in un vaso di color verde chiaro, collocato in modo distratto su uno sgabello di legno comprato al mercatino per pochi spicci. Sbuffai nuovamente mentre il mio piede sinistro martellava sul pavimento, quasi volendo scaricare l'intera tensione della giornata su di esso, ed erano solo le 9.30 del mattino. Come c'era d'aspettarsi, il forte rumore causato dello scalpiccio vigoroso, innescato dalla mia ira, fu accompagnato dai colpi di scopa inflitti al povero e malridotto soffitto stracolmo di screziature della signorina Paulina, la mia vicina del quarto piano. Non rimasi molto stupita da quel gesto: il più piccolo ronzio le dava noia – difatti, il tocco sfuggente del mazzo di chiavi che si sfioravano ogni qual volta qualcuno passava davanti la sua abitazione era un piccolo, seppur banale, esempio di ciò che non riusciva in assoluto a tollerare. Il suo livello d'indulgenza veniva messo alla prova in particolar modo dalla sottoscritta. Non rientravo di certo tra le sue grazie poiché, secondo il suo parere, possedevo una scarsa presenza signorile, sempre poco curata, i capelli mai avvolti in un'acconciatura adeguata e le mie occhiaie erano fin troppo evidenti. Ha avuto modo di ricalcare il suo pensiero una e più volte e si lamentava di ciò anche con gli altri inquilini del palazzo. Il suo borbottare mi faceva sorridere, ma non avevo alcuna intenzione di chiederle il perché di tanto astio nei miei confronti. Mi inginocchiai e tentai di far pulizia nel minor tempo possibile, raccattando tutto ciò che in quel momento, ai miei occhi, sembrava potesse risultare importante: pennelli consumati dal tempo, tubetti svuotati e stritolati fino all'ultima goccia di colore residuo, tele ingiallite e tentativi di capolavori che s'erano poi rilevati dei veri fallimenti. Gettai tutto in un sacco nero dell'indifferenziato e nel vano tentativo di correre verso la porta prima di far tardi a lavoro, di nuovo, scivolai su della pittura fresca, che colava imperterrita da un tubetto poggiato sul cavalletto. Un chiazza, a dir poco enorme, di colore rosso riempii il pavimento. Rimasi impietrita da tale scena, stavo perdendo del colore prezioso. Ed il sangue che mi colava dalle narici, invece, non aveva importanza alcuna per me in quel preciso instante. L'impatto che avevo ricevuto sbattendo contro lo stipite della porta non era nulla a paragone alla visione che mi si presentava dinanzi agli occhi.
- '' No, no, no, no.'' -
Sbraitai come una forsennata prima di precipitarmi a richiudere con velocità il tubicino. Finalmente riuscì a prendere fiato, per poi rialzarmi con uno scatto rapido e deciso: erano quasi le dieci, e c'avrei impiegato ben quindici minuti per arrivare a lavoro. Riacciuffai la busta dell'indifferenziato, il cellulare e le pillole in caso d'emergenza. Raggiunsi il pian terreno in tempo record ed in una manciata di secondi ero risucchiata dalle centinaia di macchine dirette a Barceloneta Beach: Barcelona durante il periodo estivo era stracolma di visitatori e se fossi arrivata anche solo con due minuti di ritardo mia madre me l'avrebbe fatta pagare. Chi avrebbe chiuso nuovamente il locale quella sera? Ah sì, che sciocca. Sempre la sottoscritta. Afferrai con fermezza il manubrio di Lucy, la mia vecchia bici delle medie, mi feci largo il più possibile tentando di non cadere e di non farmi investire. Scorsi una figura in lontananza che m'aspettava con entrambe le mani su i fianchi, mia madre quando ci si metteva incuteva assai timore. La salutai con una mano per essere il più amichevole possibile, ma non funzionò: il suo cipiglio era fin troppo serio. Ok, non ci sarebbe stato modo di addolcirla.
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our eternal secret spot | pedri gonzález.
Fanfic#𝑷 - "C'ho provato con tutte le mie forze, Mar." Uno scontro non del tutto casuale, unirà queste due giovani anime ferite e bisognose d'amore. L'arte ed il calcio, potranno mai essere compatibili tra loro? #𝑴 - "Non ci hai provato abbastanza, n...