Capitolo 3

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JESS

Aprii gli occhi e mi alzai di scatto, una fitta alla spalla ed una alla tempia mi impedirono di alzarmi.
Mi stesi nuovamente, iniziando a guardarmi intorno.
La stanza era bianca, con delle rifiniture rosa pallido.
Cercai di alzarmi il più silenziosamente possibile ed uscì dalla stanza, sperando di non incontrare nessuno, ero terrorizzata.
L'atmosfera era strana, era tutto troppo perfetto, troppo curato.
Ebbi una strana sensazione, ma in quel momento l'unica cosa che m'importava era fuggire da lì.

Delle voci attirarono la mia attenzione, stavano parlando di un carico di droga importante.
Andai dalla parte opposta del corridoio, e poi la vidi: la via di fuga

Corsi il più velocemente possibile ma le gambe stavano per cedere, mi aggrappai a qualcosa, o meglio, a qualcuno.
La sua stretta era forte e decisa, protettiva quasi.
Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi verdi, un brivido mi percorse la schiena.

<Jess dove stai andando? Sei debole, non puoi uscire>

La sua voce era dolce, c'era qualcosa di strano

<dov'è mio fratello? Voglio vederlo, sarà spaventato..>

Sussurrai, spaventata e preoccupata, per me ma soprattutto per lui

<vieni ragazzina, andiamo in camera>

<non sono una ragazzina, voglio vedere mio fratello>

Mi strinse il braccio, forte

<Zac aveva un conto in sospeso con tuo padre>

Mi disse.
Non capivo, io non avevo nulla a che fare con lui, non sapevo nemmeno fosse vissuto qui in città

<voleva vendetta, il pugnale con cui ti ha colpito, era avvelenato>

<non mi interessa cazzo, voglio vedere Thomas, lui ha solo me!>

<Tuo fratello...non sono arrivato in tempo>

Il mio cervello si spense, non riuscivo a vedere o a sentire più nulla
Le gambe non reggevano, i polmoni non si riempivano
Crollai a terra, inerme

<non riesco...non respiro>

Affermai boccheggiando
Mi sentii sollevare da terra, Jason mi portò nella camera in cui ero prima e mi fece stendere

<Jess adesso calmati, andrà tutto bene>

JASON

Non sbatteva le palpebre, continuava a boccheggiare in cerca d'aria, muovendo gli occhi per la stanza
La feci sedere sulle mie gambe e la abbracciai, iniziando a cullarla
Le sue dita erano strette intorno alle mie braccia, le unghie conficcate nella pelle

<ci sono io>

Iniziò a respirare di nuovo normalmente, per poi scoppiare a piangere
Ho sempre odiato le persone che hanno queste reazioni, ma lei mi inteneriva
Se erano arrivati a lei era solo colpa mia, mi aveva incuriosito, l'avevo fatta seguire più di una volta, avevo mostrato troppo interesse nei suoi confronti

<io lo dovevo proteggere...era una mia responsabilità>

Singhiozzava
La feci stendere sul letto e la coprì

<ti lascio sola, cerca di dormire. Torno a controllarti tra un'ora>

Non aspettai una sua risposta, non sapevo come comportarmi in queste situazioni, uscì dalla camera e chiusi la porta dietro di me

odi et amo //DaddyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora