15 luglio 2022

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Mi svegliai prestissimo.
Il mio unico pensiero era ottenere risposte.
Rimasi immobile nel letto per mezz'ora buona, poi mi alzai cercando di non svegliare Leo.
Mio fratello era tornato dall'ospedale proprio la sera prima.
In cucina ero solo. Pensai un milione di volte a cosa dirle, poi scrollai le  spalle e decisi che avrei improvvisato.
Feci pigramente colazione poi uscii alle sette del mattino a fare un giro in bicicletta.
Non incontrai nessuno, le strade erano deserte. Pedalavo con voga, aspettando con impazienza il pomeriggio.

Tornai a casa alle otto del mattino.
Entrando sentii i miei genitori che discutevano, ed il mio sesto senso mi disse di non far avvertire la mia presenza.
-Than, dovevi dirglielo-
-È stata una decisione dell'ultimo minuto, mi hanno dato la conferma ieri sera!-
-Adesso vedi che si arrabbia ancora di più, ieri non ci ha praticamente degnato di uno sguardo-
-Ma non è stata colpa mia! Non so cosa gli passi per la mente a Ivan, è così strano ultimamente...-
-È solo una piccola festicciola, cosa vuoi che gli importi?-
-Than, tu sai chi hai invitato o no? Dovevamo dirglielo per tempo ora si incazza e si chiude in camera sua-
-Nat, modera i toni. Non ho idea di cosa gli passi per la testa, forse non c'entra neanche con...-
-Quale festa?- entrai nella conversazione prima che mia madre riuscisse a finire di formulare la frase.
-Oh, Iv, sei tornato- disse mia madre nervosamente -Abbiamo pensato di invitare qualche amico di Leo per la sua guarigione... Sai, niente di che...-

-Avete invitato i Qestin e quindi io dovrei chiudermi in camera?- la rabbia mi stava salendo- ma con che logica? La smettete di pensare che la mia vita giri intorno ad Arya o qualcosa del genere? Ma la volete piantare? Non me ne frega nulla di lei, tanto io sto con un'altra- e lasciandoli confusi me ne andai.
Però non mi chiusi in camera. La festa era una bella scusa per parlare con lei, constatai. Mi sedetti sul divano a guardare il telefono.
Prevedibilmente mia madre arrivò.
-Con...?-
-Una mia compagna di classe. Non chiedere altro- dissi secco. Adesso cosa mi sarei potuto inventare?
-Ok- rispose cauta mia madre
-Bene- cercai di terminare la conversazione io
-Comunque, per informazione, gli invitati arrivano alle tre- mia madre cercava di fare l'opposto
-Chi sono?- ne approfitta per chiedere brusco
-I Qestin, qualche compagno di classe di Leo, un paio di suoi compagni di calcio e la famiglia Fillung-
-Perchè?- non quadrava qualcosa. Cosa c'entravano i Fillung?
-Beh, grazie ai loro contatti siamo riusciti a spostare così velocemente Leo in ospedale- spiegò mia madre, leggermente più rilassata
-Ah, va bene- misi fine alla conversazione con decisione io.

Alle tre non stavo più nella pelle per l'ansia, ma facevo di tutto per non farlo vedere.
I primi ad arrivare furono i compagni di calcio di Leo. Lo avevano raggiunto, sul divano, e poi iniziato a confabulare sottovoce.
Poi arrivarono i Fillung. La madre si chiamava Flora ed era primario all'ospedale di Tsanaa, il padre invece era infermiere. Dei loro tre figli ne erano venuti solo due: Brian e Teka. Theresa, la più grande, probabilmente era all'università.
Teka aveva l'età di Leo, ma dimostrava almeno due anni in meno. Si mise vicina a Flora e ci guardò tutti intimorita. Brian, invece, era un mio compagno di classe. Simpatico, ma non uno dei miei migliori amici. Ci mettemmo a parlare di scuola.
Arrivarono ad uno ad uno i compagni di classe di Leo. Solo alla fine i Qestin, alle cinque circa.
Entrarono Garen e Mair, stanchi ma felici di riabbracciare Leo. Erano seguiti da Lætitia, che mi salutò sorridente, Alfonso, che corse immediatamente a stritolare Leo, e i gemelli Lya e Mario. Guardai la porta in attesa di lei, ma Mario la chiuse. Come... Non era venuta? Non era molto cortese da parte sua.
Mi avvicinai a Mair quasi per caso e la sentii dire a mia madre.
-Sì, Arya non è riuscita a venire, non si sentiva molto bene...-
Non era vero. Lo sapevo, ma non sapevo il perché. Semplicemente sapevo che aveva mentito.
Sentii una ventata caldissima di rabbia incandescente salirmi ed espandersi in tutto il corpo.
Certo, non era venuta perché c'ero io.

Allora mi venne un'idea assurda.
Così assurda che avrebbe potuto anche funzionare.

Prima di tutto mi misi d'accordo con Brian. Se qualcuno avesse chiesto dov'ero lui avrebbe detto che ero andato in camera mia.
Poi senza farmi vedre sgattaiolai fuori casa, presi la mia bicicletta rossa e mi misi a pedalare.
Sapevo dov'era il palazzone di Arya, ma non sapevo di preciso quale fosse l'appartamento. Arrivai in pochi minuti, ma non volli suonare al campanello. Volevo creare l'effetto sorpresa.
Aspettai un bel po' prima che un signore incappucciato entrò nella palazzina e io potei infiltrarmi.
A ogni campanello guardavo il cognome.
I Qestin erano all'ultimo piano. Esausto dalla scale ripresi fiato e suonai.
Sentii dei passi venirmi incontro.
-Ciao mam...- iniziò, ma appena mi vide si bloccò sgranando gli occhi.
Era abbastanza scomposta, ma bellissima. Aveva i capelli raccolti in una coda disordinata, e portava una tuta nera un po' consumata.
-Cosa..?- disse. Poi ci ripensò- Ciao- e fece per chiudere la porta. Io ci infilai il piede e la bloccai.
-Eh no, non me ne andrò così facilmente- sorrisi io.
Lei mollò la porta ed entrò in casa. Io entrai a mia volta.
-Veloce, non c'ho voglia di ascoltarti-
mi disse, ma sembrava un po' a disagio.
-Tu lo sai cosa voglio dirti- mi sedetti sul divano- e io so anche la risposta- dissi guardandola. Lei mi guardò alzando le sopracciglia un po' allarmata.
-In che senso?-
-Silwie- dissi semplicemente. Lei mi guardò incredula.
-Non può averti detto...- ma la voce le si spense in gola.
-Io la ammazzo quella stronza- esclamò rivolta più a se stessa che a me.

Non era completamente la verità, ma poteva funzionare.
Poi lei si accorse che c'ero anch'io.
-Capito. Ok. Ciao. Puoi andare- mi disse velocemente, tutta rossa.
-No, io non me ne vado finché...-
-Ciao ho detto!-
-No!-
Lei mi guardò sbuffando. Mi girò le spalle e se ne andò in fretta. Io la seguii di corsa.
-Fermati! Ma da cosa scappi?-
-Vero- mormorò lei nel buio.
-Mi sento una stupida- realizzò.
Si sedette per terra con la schiena appoggiata contro il muro.
Io con cautela mi sedetti vicino a lei, così che ci sfioravamo appena.
-Io non ce la faccio più- mi disse piano -Io lo sapevo che non ce l'avrei fatta appena mi sono accorta che mi piacevi- rimasi un po' perplesso dalla semplicità con cui me lo stava dicendo- E dovevo dirglielo, a Safira, che non l'avrei retto- disse scuotendo piano la testa.
-Safira... Chi?- non stavo capendo.
-Safira, la nostra compagna di classe- mi disse spazientita.
Sapevo chi era Safira. Una ragazza simpatica, una delle nipoti del governatore di Tsanaa, la nostra città, nonché la sorella di Catania, grazie alla quale sapevo la verità sui sentimenti di Arya per me.
Ma cosa c'entrava lei ora?
-So chi è Safira, ma cosa c'entra?-
-Non posso dirtelo. È per questo che non posso stare con te. Se stessimo insieme io ti dovrei dire certe cose che non posso dire a nessuno. Sono cose che mi ha affidato Safira, e già così ho detto troppo- si prese la testa tra le mani -Devo stare zitta-.
Io ero perplesso. Cosa?
Allora la abbracciai lentamente. Lei guardava per terra con uno sguardo fisso.
-Stai tranquilla. Non succederà niente. Puoi non dirmi nulla, io ci sarò sempre per te-
-Grazie- mi disse piano lei. Poi restammo in silenzio, stretti in quella specie di strano abbraccio.

Non so quando tempo passò. Credo tanto, perché ad un certo punto Arya si riscosse e mi chiese che ore erano.
Andai in soggiorno e guardai l'orologio.
-Le sei e mezza di sera!?-
-Oddio. Vai, su, prima che tornino- mi disse agitata.
-Grazie- le dissi, sorridendo. Lei mi fece un piccolo sbuffo imbarazzato.
-Dai-
-Ciao-
-Ciao-

Tornai a casa ma mia madre non mi fece domande su dove ero stato. Semplicemente vide che ero più sereno e rilassato e mi lasciò salire in camera mia (dove in teoria avrei dovuto già esserci). Vidi di sfuggita gli invitati ma li ignorai e me ne andai in camera mia, felice dopo tanto tempo.
Poco dopo mio padre entrò, e mi chiese se volevo anch'io la pizza che avevano ordinato. Gli risposi di sì, un po' di compagnia mi mancava. Scesi e fui rallegrato da quel rumore di gente che parlava, chiacchierava, e non sapeva nulla di me e lei. Mi unii a loro.

Intanto pensai cosa stesse facendo Arya. Era ancora lì, per terra in corridoio? A cosa stava pensando? A me? Perché anche se assordato da quel vociare io continuavo a pensare a lei, senza sforzo.

Ivan e AryaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora