6 luglio 2022

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Quella notte andai a dormire tardi, oppressa da un insolito senso di inquietudine. Mi capitò di svegliarmi due volte, una alle 03:47 e l'altra alle 05:09. Cercai invano di riaddormentarmi e mi trovai così in uno strano stato di stanchezza, noia e inquietudine. Non riuscendo a dormire aprii gli occhi di scatto, arrabbiata per qualche cosa. Mi alzai con la cosiddetta "luna storta", senza nessuna voglia di parlare con qualcuno. Pensai con uno scatto di rabbia che avrei potuto tornare a dormire, sospesa nell'oblio di non pensare a nulla e non avere nessun tipo di responsabilità.
Ma il mondo reale mi aspettava e così mi alzai controvoglia dal letto. 
E Ivan, quello stupido, probabilmente era di là. Pensai con un misto di sollievo e soddisfazione che avrei potuto anche parlargli tranquillamente. Mi ero sempre tenuta a sua debita distanza perchè, convinta erroneamente, pensavo che sarebbe successo qualcosa tra di noi e così avrei potuto rivelargli tutto. Ora, però, non ce n'era più il rischio. 

Entrai nel piccolo salotto. Mi ricordai con una risatina senza gioia che erano le cinque del mattino e lui non si sarebbe mai svegliato così presto, ne ebbi la conferma quando trovai la stanza vuota e buia. Camminai senza voglia verso le finestre per aprire le tapparelle, stringendomi nelle spalle, con una grande voglia di piangere. Ricacciai come facevo abitualmente dentro le lacrime e mi misi a leggere, più che altro per noia che per voglia.
Infatti mi distrassi immediatamente.
Finsi di essere assorta nel libro quando lui entrò, ma non provai il ricorrente senso di arresa emozione, soltanto tranquillità. Mi sentivo tranquilla, in pace con il mondo insomma, ed era una sensazione meravigliosa. Con la coda dell'occhio vidi che mi lanciò uno sguardo. Non particolare, soltanto uno sguardo, uno dei soliti sguardi assonnati che sfrecciano di prima mattina quando si nota una figura in movimento. 
Io non dissi nulla; mi passò per la testa di salutarlo, ma avevo un po' di timore. Lui si sarebbe leggermente destabilizzato se avessi, senza un'apparente ragione, iniziato a parlargli.

E poi, come succede nelle favole, trovai il momento perfetto. Quello giusto, che mi dava una calzante scusa per rivolgergli la parola senza che lui sospettasse nulla.

-Ivan, stai facendo cadere il puzzle di Lya- dissi in tono neutro, come se avessi pronunciato la frase appena mi fosse passata per la testa.
-Eh?- sembrava vagamente sorpreso.
-Con il gomito. Stanno cadendo dei pezzi-
Senza volerlo con il gomito aveva spinto uno dei tanti, tantissimi puzzle di mia sorella che si trovava leggermente fuori dal suo tavolino, e circa dieci pezzi si erano staccati.
-Ah- disse lui. Si alzò e li andò a raccogliere, io mi ritenni soddisfatta dell'inizio e poi tornai a leggere il mio libro. Non mi azzardai, però, a guardarlo di nascosto.
-Ma quindi tu sai parlare- disse lui con un piccolissimo accento comico.
-Scoperto solo ora?- gli risposi, cercando di riutilizzare quel tono neutrale, ma ebbi l'impressione di risultare sgarbata.
-Non fai altro che stare zitta- mi rispose lui come a giustificarsi.

-No- mi chiesi, in quel momento e dopo, perchè mi fosse uscito quel tono, senza capire cosa stavo facendo -Sei tu che parli troppo- dissi e, cercando un po' di rimediare lo guardai con la testa leggermente inclinata.
Poi tornai a leggere il mio libro mentre una voce nella testa mi ripeteva costantemente di avere sbagliato. Desideravo che la conversazione finisse lì, ma anche che non finisse più.
Quando, dopo esitanti secondi non sentii più nulla pensai che sarebbe stato accontentato il mio primo desiderio ma poi sentii la sua voce, un po' esitante

-Sai che Viktorio e Mea si sono messi insieme-.
Non mi sorprendeva, ma probabilmente si erano già lasciati. Mi passarono distrattamente per la testa i messaggi di Silwia dove me lo aveva accennato.

-E poi lei l'ha lasciato perché voleva rimettersi con te, lo so- ecco la storia completa; tutti, infatti, sapevano che Mea fosse persa di Ivan.

-Come... Come fai a saperlo?- mi domandò lui, cercando di mantenere viva la conversazione che io tanto cercavo di far finire.
-Sai, ho anch'io un telefono- mi uscì. Anche se non desideravo essere astiosa e sgarbata le parole mi uscirono dalla bocca in questo modo e capii che così mi stavo rendendo ancora più detestabile di quanto fossi già ai suoi occhi.
-No, be', quello certo, ma intendo chi te l'ha detto?- lui accennò a questo come se nulla fosse ma io capii che ci teneva veramente. Fui indecisa se dire la verità, ma un sentimento strano, di sfida, mi disse di provare.
-Viktorio- gli risposi, come se niente fosse.
-Viktorio?- mi domandò ancora, incredulo lui.
-Sì, lui-.
-Ah- il suo tono era semplicemente confuso, ma un sentimento strano ed egoista prese fuoco e iniziò a saltellare.
-Ma tu ti scrivi con Viktorio?- ecco la conferma definitiva; ad qualsiasi persona che mi avesse visto solo come un'amica quell'affermazione non sarebbe suonata così contrariata. Comunque non lo guardai, sapevo che mi sarei sciolta se gli avessi anche solo rivolto lo sguardo e per questo mi disprezzavo molto.

Ivan e AryaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora