"Tanto quanto ti voglio io"

3.3K 106 15
                                    

Finalmente è giornata di permessi.
Mi sgranchisco le gambe quando scendo dal mio letto, tentando invano di scuotere Pino e risvegliarlo dal suo sonno profondo.
«Forza, dormiglione. È ora di alzarsi, altrimenti non ci fanno fare colazione.»

«E a me che me ne fotte?»
Si gira dall'altro lato, chiaro segnale che non vuole più essere disturbato. L'ho già detto più volte: mai intromettersi fra lui e il sonno. Sarebbe come bestemmiare.

«Fai come vuoi. Io vado, fra poco esco con Futura.»
C'è una sorta di pace interiore a quel pensiero. Vedere mia figlia è sempre un toccasana per qualsiasi mio problema, riesce a spazzare ogni amaro momento, rendendolo bellissimo e memorabile.

«Dalle un bacio da parte dello zio Pino.»

«Sarà fatto», sorrido, scuotendo il capo e prendendo la mia roba.
L'emozione che sento dentro ogni volta è inspiegabile, intensa. Non vedo l'ora di stringerla fra le mie braccia, di annusare la sua pelle profumata, di perdermi nel suo sguardo e rivedere così sua madre.

«Addirittura in anticipo, Di Salvo?»
Lino mi lascia passare, tenendo le braccia incrociate al petto e lo sguardo imperscrutabile come al solito. «Sono a dir poco meravigliato.»

«È giornata di permessi», gli ricordo, consapevole del fatto che in realtà lui lo sappia benissimo. «Devo farmi bello per mia figlia.»
Il dopo è tutto molto frettoloso.
Scappo in doccia, sbrigandomi con una velocità assurda, per poi fare lo stesso con la colazione.

È inverosimile la velocità del tempo.
Quando desideriamo disperatamente qualcosa sembra non passare mai, mentre quando vorremmo solo che fosse il più lento possibile, questo sembra correre a una velocità illegale.

Vorrei averne meno a disposizione in questo momento. Primo: perché voglio vedere subito la mia bambina, trascorrere la giornata con lei, ma soprattutto esserci per lei; secondo: perché avendo qualche minuto di troppo per pensare, finisco come al solito dove non dovrei. Dove due occhi scuri come la notte mi divorano vivo.
Non so esattamente come sia successo. Forse doveva succedere e basta, senza bisogno di spiegazioni o altro. Mi sono invaghito di Rosa dalla prima volta in cui l'ho vista. Quella rabbia che si portava dietro, quel dolore con cui mi ha guardato, quella crudeltà con cui mi ha parlato... Tutto di lei mi ha condotto nella sua trappola mortale. E io ci sono cascato più che volentieri.

Se ci fosse Filippo qui con me probabilmente mi darebbe del pazzo, mi direbbe di cambiare rotta, di rinunciare. Il problema principale, però, è che io non sono disposto a rinunciare ai miei sentimenti, a lasciare che sia questo sistema di merda a scegliere per me.
Sono io che decido.
Io decido se qualcosa mi va bene o no; io decido se rinunciare a qualcuno che mi sta facendo perdere la testa oppure proseguire per quella strada impervia; io e solo io, perché il dolore che ne conseguirebbe è il mio, quindi sta a me scegliere.

«Un uccellino mi ha detto che sei stato super mattiniero, oggi.»

Mi alzo di scatto dalla sedia, raggiungendo il comodante che affiancato dalla direttrice tiene in braccio Futura.
«Avevo un buon motivo per farlo.»
Le labbra mi si curvano immediatamente quando finalmente sono le mie di braccia a sorreggerla.
«Dico bene, picceré

Si dimena, strillando, quasi come se volesse rispondere alla mia domanda. E dalla maniera in cui la sua manina stringe il mio dito, direi che sì, dico bene.

«Sei tale e quale a tua madre.»
La stringo a me, chiudendo gli occhi.

Era così Nina. Era un'esplosione.
Non stava mai ferma. Sempre entusiasta, sempre vitale, sempre forte, persino quando aveva paura.
Giocava anche quando le cose andavano male, perché lei, di sprecare tempo, non aveva alcuna voglia. Lo sapeva che la vita è troppo breve per lasciarsi abbattere o stare male, che bisogna viverla fino in fondo e farlo come si desidera.
Farlo davvero, però.
Ha lottato contro i miei mostri prima che fossi io stesso a farlo. Ha corso per salvarmi, per salvarci, fregandosene della paura e di tutto il resto. È per questo che l'ho sempre amata, ed è per questo che la amerò sempre. Ho il cuore abbastanza grande per custodirla con me.

«Ce la facciamo una passeggiata al mare?», continuo a parlarle, fregandomene di apparire un completo deficiente all'esterno. «Sei troppo piccola ancora, ma vedrai che una volta che sarai cresciuta papà ti ci porterà sempre a mangiare un gelato. Il mare e il gelato, quale accoppiata migliore?»
Mentre parlo sto attento a dove metto i piedi, forse non abbastanza però, perché finisco per scontrarmi con qualcuno.

«Mi sa che gli occhi non li tieni aperti abbastanza, Piecoro

«Buongiorno anche a te, taranté. È una bellissima giornata, non trovi? Perché non provi a rilassarti un po'?»

«Mi rilasserò solo dopo averti ucciso», sorride crudelmente, evitando con tutta sé stessa di volgere uno sguardo alla creatura che tengo in braccio. Quasi come volesse proteggersi, evitare che la piccola condizioni i suoi pensieri bui.

Se quello che dice nei momenti di rabbia mi fa stringere il cuore, quello che sussurrano i suoi occhi riesce a liberarlo dalle catene.
Ce l'hai anche tu un cuore grosso, tarantella. Sei solo troppo fragile per mostrarlo al mondo senza aver paura che qualcuno te lo schiacci.

«Mi odi tanto, eppure sono ancora qui. Vivo e vegeto.»

«Si può sapere dove cazzo eri finita?»
Maddalena corre a perdifiato, intromettendosi nel nostro affettuoso scambio di battute. I nostri sguardi incatenati e carichi di pericolosa adrenalina non sembrano spaventarla quanto l'idea di aver quasi perso la piccola Ricci.

«Stai calma, Maddalè, mi stavo solo fumando una sigaretta.»
Non mi ero neanche accorto ce l'avesse ancora incastrata fra le dita, non fino a quando l'ho vista gettarla per terra e schiacciarne il mozzicone con gli occhi sempre fermi nei miei.

È questo che mi farà.
Mi schiaccerà come quella sigaretta. Senza alcuna pietà, duramente. Getterà i miei sentimenti nel cesso, sceglierà di appartenere più alla sua famiglia che a sé stessa, e cadrà nel baratro in cui troppi di noi scivolano inconsapevolmente.

«Te lo ripeto, Di Salvo: arape ll'uocchie

«E io ti ripeto che gli occhi li tengo bene aperti», Futura la sta guardando, innocente, inconsapevole del male che la sua famiglia sta tentando in ogni modo di iniettarle dentro.

È per l'ennesima volta Maddalena a dividerci, a costringere i nostri sguardi a separarsi. Forse Rosa lo negherà sempre, ma anche una piccola parte di lei prova quello che provo io.
Non può nasconderlo.

Piuttosto aprili tu gli occhi, taranté.
Che se invece di tenerli chiusi o lasciarti accecare decidessi di vedermi, forse capiresti che non hai da odiarmi, che non sei così, che mi vuoi tanto quanto ti voglio io.

A un passo da te |Carmine x Rosa| (MARE FUORI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora