capitolo 4

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È passata una settimana da quando sono ritornato a casa, per fortuna ancora non sono stato sfrattato. Ogni giorno c'è sempre una nuova lite con mio padre, non vede l'ora che me ne vado via. In questi giorni ho rivisto pure Marina, ma non ancora sua figlia, anche se è già tornata dall'Australia. Mi sto affezionando molto a Marina, mi manca molto una figura materna e lei lo comprende bene, per questo mi riempie di attenzioni. Ha persino litigato con mio padre causa mia, solo perché sostiene che un ragazzo possa vestirsi e andare a letto con chi vuole. Dovevate vedere la faccia di mio padre, era paonazzo dalla rabbia. Ammiro il coraggio di Marina, sa affrontarlo e zittirlo quando è palesemente in difetto. Forse si è davvero innamorato di quella donna. Spero tanto che l'amore lo possa cambiare, ci terrei tantissimo, perché nonostante tutto gli voglio bene.

«Manuel posso chiederti una cosa?»
Mi sto preparando per uscire, Marina ha visto la porta socchiusa della mia camera da letto ed è entrata. Mi sono spaventato perché pensavo fosse mio padre ad entrare. «Sì, Marina. Dimmi» rispondo. Nel frattempo mi passo il mascara sulle ciglia, sto finendo di truccarmi.
«Posso sapere dove vai così bello
Le sorrido dal riflesso dello specchio, la vedo che sta dietro di me. Mi meraviglia la sua dolcezza, mio padre a quest'ora già mi avrebbe insultato. «Esco a fare un giro, spesos vado a ballare» mento. Non posso dirle la verità, non so come reagirebbe se sapesse cosa ci faccio nei night club.
«Sai, mia figlia si trucca poco, ma ha sempre desiderato imparare a truccarsi perfettamente come lo fai tu. Potresti insegnarle, no?»
Perché tutto questo attaccamento alla figlia? Sembra che a tutti i vostri voglia farmela conoscere.
«Volentieri, sarebbe bello» mento di nuovo, facendo pure un sorriso altrettanto falso.
«Fantastico! Le piacerai subito, ne sono sicura. Sarete come fratello e sorella, una famiglia al completo»
Mi alzo dalla sedia, un po' spazientito, un po' perché sono in ritardo. «Ora vado. Salutami... Serena, giusto? Quando vorrai sarò felice di conoscerla» la sorpasso lasciandola sola in camera mia, mi infilo i miei anfibi senza allacciarli e successivamente la giacca in pelle colma di borchie.
«Buona serata, divertiti!» esclama raggiungendomi al corridoio.
Mi saluta sventolando una mano sorridendo fiera, proprio come fanno le madri con i loro figli vedendoli andare a scuola da soli per la prima volta. Che strana sensazione. Mi sento bambino per un attimo.
Lascio perdere le mie riflessioni e mi concentro su questa sera. Devo riuscire a fare soldi per scappare via, anche se Marina è una donna tenera e premurosa, voglio la mia indipendenza. Una casa tutta per me e magari, perché no, invitare a cena mio padre con Marina e la figlia. Chissà cosa mi servirà il tempo, il destino.
No, destino meglio di no, a quello non ci credo proprio. Se esistesse probabilmente sarei già felicemente fidanzato, super innamorato, avrei un lavoro serio e una casa accogliente.
Ed invece ecco dove sono ora: in un misero night club, pieno di sessantenni arrapati e ragazzi ubriachi fradici che fischiano alle ragazze.
«Ciao, Rosa! Mi sei mancato!» grida Irina, la mia ballerina preferita, nonché cara amica.
«Pure tu, tesoro. Oggi mi vesto un po' più sobrio, che dici di questo vestito?» le mostro un vestito in paillettes di un colore blu elettro.
Irina annuisce strabuzzando gli occhi e subito vado a cambiarmi. Mi infilo il vestito che mi sta perfettamente attillato come un calzino. Abbino il tutto con delle calze nere semitrasparenti e dei tacchi color argento, proprio come l'ombretto in crema sulle mie palpebre.
Questa volta ho indossato una parrucca bionda dai capelli corti con la frangia. Mi sento bene così. Non voglio aggiungere altro.
Esco dai camerini e salgo sul palco dove già stanno ballando delle ragazze che non ho mai visto prima, sicuro sono nuove. Non sembrano apprezzare la mia presenza, tento comunque di essere gentile sorridendo a loro. 
Sento una mano aggrapparsi alla mia caviglia, abbasso lo sguardo e il mio cuore balza all'improvviso.
Non è possibile. È Cesar, quel ragazzo che mi fece scappare dal retro di casa sua.
Mi sorride e dal labiale capisco che vuole portarmi giù a bere qualcosa. «Non posso, sto lavorando» dico agitando la gamba dove c'è la sua mano per toglierla.
Faccio gli affari miei evitando il suo sguardo, sento i suoi occhi addosso nonostante non lo stia guardando.
Dopo qualche minuto mi volto a guardare ed è sparito. Come immaginavo. Tanto il sono solo un giocattolo per tutti gli uomini.

Ho finito il mio turno di lavoro, mi sono già tolto il vestitino blu e i tacchi per infilarmi i vestiti con cui sono arrivato da casa.
Sono stremato, prima il capo del locale mi ha aggredito. Solo perché ha visto che non ho ricevuto nessuna banconota da cinquanta euro, ma solo da venti. Mi ha detto che è colpa mia, dovevo esagerare di più con il travestimento per sembrare meno uomo. Che gran figlio di puttana. Lui non lo sa, ma è meno uomo di quanto pensa.
«Aspetta!»
Una voce maschile mi fa voltare, è Cesar, ancora lui. «Che cosa vuoi?» dico rigido camminando senza guardarlo.
Mi sta inseguendo, è agitato. «Volevo rivederti, sono passato quasi tutte le sere per incontrarti»
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo una risata piena di sarcasmo. «Ma per favore»
Si pianta davanti a me ed il mio petto vibra ancora una volta.
«È la verità. Mi piaci» dice quasi sussurrando.
Ripenso alla scena della ragazza che rientra dal lavoro, poi il bambino. «Hai una famiglia, Cesar. E adesso lasciami andare che ho il taxi»
«Aspetta. Lascia che ti porto a casa io. Ti puoi fidare di me, ti porto a casa senza fare nulla»
«No, grazie. Non mi va»
Invece mi va eccome. Però ho paura, non mi fido di lui, non come la prima volta che mi ha portato a casa sua. Lì, su quel letto, lì sì che mi fidavo.
«Insisto. È solo per accompagarti, niente di più»
«E va bene» sospiro afflitto. «Ma portami sul serio a casa».

Per fortuna non è successo nulla di pericoloso, mi ha portato sul serio a casa.
Durante il tragitto ha voluto spiegarmi che non ha nessuna famiglia, non è fidanzato, non ha figli. Quelle persone che erano entrate in casa sua sono sua sorella e il figlio di quest'ultima.
Sarà vero? Ho smesso di credere agli uomini.
«Bene. Grazie del passaggio...» dico già pronto ad uscire.
Siamo proprio davanti al cancello, i fari dell'auto irradiano il giardino di casa.
«Spero di rivederti, Rosa» posa una mano sulla mia coscia, senza muovere un dito.
Abbozzo un sorriso senza rispondere a parole.
Poi avvicina il volto al mio, so che vuole baciarmi, lo voglio tanto anch'io.
Mi lascio andare e iniziamo a baciarci con frenesia.
«Mi piace come baci...» sussurra il colombiano in preda ad una forte eccitazione improvvisa.
Delle risate attirano la mia attenzione, non capisco chi sia a quest'ora della notte.
Guardo dal finestrino e vedo una ragazza dai capelli lunghi e biondi ridacchiare al telefono. È bella, mai vista prima d'ora qui in città.
«Chi è quella ragazza?» chiede Cesar vedendomi osservare la bionda.
La ragazza porta lo sguardo sull'auto di Cesar e le sparisce il sorriso.
I fari accesi che illuminano perfettamente la sua sagoma mi fa capire  chi è questa bella ragazza.
È Serena.

spazio autrice: questa notte ero ispirata solo su questa storia. L'altra di Rosa, sempre se la state leggendo, sicuramente l'aggiornerò domani pomeriggio/sera.
nel frattempo spero che vi sta piacendo il continuo di questa storia!
a presto con un nuovo aggiornamento 💘

comunque per rendervi di più l'idea, Cesar è così (solo che nella storia non si veste da rapper americano lol)

comunque per rendervi di più l'idea, Cesar è così (solo che nella storia non si veste da rapper americano lol)

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Serena invece è così

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 26, 2023 ⏰

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SIGNORINA ROSA, non è normale! // Rosa ChemicalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora