Capitolo 6. Noi due sul divano

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Che cosa ho fatto di male
Per meritarmi questa fame di te? Cos'avrò fatto di male
Per meritarmi questa fame di te di te di te
Di tua bontà mi nutro
Di te finisco tutto

Che cosa ho fatto di malePer meritarmi questa fame di te? Cos'avrò fatto di malePer meritarmi questa fame di te di te di teDi tua bontà mi nutroDi te finisco tutto

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Non sono una di quelle persone che si ammala facilmente, quindi sono tutti molto sorpresi che io mi sia beccata l'influenza. Peccato non sia influenza...Sono due giorni che me ne sto chiusa in casa, incapace di mettere in ordine il casino che ho in testa. Mi sento come bloccata, come se non potessi più essere quella di prima. Mi chiedo come farò ad uscirne fuori, quando non riesco nemmeno a lasciar e il mio appartamento.

La calma apparente che mi circonda viene scossa improvvisamente. È pomeriggio inoltrato quando sento suonare il citofono, trasalendo mentre il cuore mi comincia a battere all'impazzata. La prima cosa a cui penso è che potrebbe essere Tom, che non ha fatto altro che scrivere e chiamare, senza però presentarsi da me. O peggio ancora...potrebbe essere mio padre! Dio, come potrei spiegargli quello che è successo senza rischiare che vada a tagliare le palle a Tom? Il citofono suona ancora, facendomi scivolare fuori dai miei pensieri. Mi dirigo in punta di piedi verso la porta, dove mi fermo e prendo un respiro profondo prima di rispondere.

«Sì?» chiedo. Non arriva subito una risposta, sento solo il rumore del traffico in strada. E poi...

«Grace», mi sento chiamare. Un brivido mi scorre lungo la schiena quando capisco chi è. Daniel. Spalanco gli occhi, passandomi nervosamente la mano tra i capelli. «È...è ancora lì, dottoressa Turner?»

«Sì, sì sono qui», rispondo alla fine, maledicendomi subito dopo. Rimango appoggiata al muro, vicina al citofono, in attesa di altre parole da parte di Daniel.

«Mi fa salire o preferisce che ci parliamo attraverso il citofono? Magari quello che ha è contagioso e...»

«Sì, io...non vorrei mai contagiarla», confermo, tirando su col naso.

«D'accordo», sussurra Daniel. «Quindi sta davvero male?»

«Che vorrebbe dire?» chiedo, inarcando le sopracciglia.

«Insomma...ha disdetto il nostro appuntamento dopo tutto quello che le ho scritto e...salve, mi scusi, passi pure», dice lui, parlando chiaramente con qualcun altro. Sicuramente un vicino e...oh, forse continuare la nostra conversazione in questo modo non è il massimo.

«Daniel, salga», dico, aspettandolo sulla porta d'entrata. Non appena lo vedo salire l'ultima rampa di scale, quella che porta dritta dritta da me, il cuore mi si ferma in gola. Davanti mi ritrovo una versione di Daniel che non ho mai visto prima; è vestito in maniera del tutto casual, con un paio di pantaloni al ginocchio e una maglietta oversize bianca, con sopra una stampa del suo numero, il tre, e la scritta RIC.

«Ehi», sussurra, fermandosi sull'ultimo gradino. «Rimango qui, d'accordo? L'influenza è l'ultima cosa che voglio». Gli sorrido, scuotendo la testa.

Only Tuesday || Daniel RicciardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora