2. L'inaspettato.

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Domenica. Amavo la domenica. Relax completo. Niente punizioni né sgridate per ritardi. Solo io e me stessa. La prima cosa che feci dopo essermi svegliata, lavata e vestita fu quella di andare al mio Rifugio. Avevo bisogno di riflettere su ciò che era accaduto la scorsa notte. L'incontro più strano della mia vita. Non avevo dimenticato il lupo, neanche un dettaglio. Una parte di me sperava di rivederlo.

Arrivai alla recinzione e poi diritto, fino al lago. Mi sedetti al solito posto e raccolsi dei sassi. Li lanciai uno ad uno nell'acqua scura e, dopo averli finiti, mi stesi ad osservare i raggi del sole tagliati dagli alberi. Le domande arrivarono subito. Chi era il lupo, che cosa ci faceva qui, come faceva ad essere nel mio sogno e che voleva dire con il fatto di dovere essere 'iniziata'. E poi, perché mi aveva chiamato Moon-light? Non era il mio nome. Forse aveva sbagliato persona. Forse... Forse niente, era solo la mente che mi giocava brutti scherzi. Avevo immaginato tutto, volevo cosi tanto che la mia vita cambiasse che avevo inventato un personaggio immaginario. Mi alzai un po' delusa dalla conclusione a cui ero giunta e mi preparai per andarmene. Ma al mio primo passo i cespugli davanti a me si mossero. Il cuore iniziò a battermi a mille. 'Mi hanno scoperto' pensai 'Hanno trovato l'apertura al Rifugio e ora la chiuderanno per sempre'. Ero disperata. Niente più lago né lupo. I cespugli si mossero di nuovo. Stavo quasi per scoppiare in lacrime. 'È finita'. E chi mi trovai di fronte, invece? Era il lupo, il maestoso lupo dal manto marrone. Il mio cuore rallentò un po' per il sollievo, ma continuò comunque a battere in fretta per la paura. Da vicino era più grande, ma anche più bello. Era giovane, a giudicare dalla lucentezza del pelo e dalla tonicità dei muscoli. Aveva le orecchie alzate in ascolto e la coda ad una media altezza, immobile. Mi guardava diritto negli occhi, come se volesse comunicare, in qualche modo. Eppure sapevo che i lupi non si guardavano mai negli occhi tra di loro. Ma il suo sguardo era diverso. Mi accucciai piano per non spaventarlo e gli feci segno di avvicinarsi. Lui prima mi guardò, poi decise che era sicuro e avanzò lentamente. Tesi il braccio per accarezzarlo e lui, con mia sorpresa, non scappò, ma al contrario si avvicinò sempre di più fino a premere volontariamente il muso nella mia mano. Al tocco, mille voci e immagini affollarono la mia mente. Lupi, persone, prede, sangue, zanne, alberi e tanto altro. D'altro canto sentivo che il lupo provava le stesse cose. Era come se stessimo comunicando in qualche sconosciuto modo. Non riuscivo a staccarmi da lui e, di conseguenza, a concentrarmi e a capire tutto quello che mi passava per la testa. Riconobbi solo una parola, ripetuta più volte: Moon-light.

Cercai invano di capire qualcos'altro. Fu il lupo ad interrompere la nostra connessione. Si spostò di qualche passo indietro e potei finalmente ritrarre la mano. Ero sfinita. Avevo l'affanno e il cuore batteva più forte e veloce di prima. Mi osservati le mani: notai che tremavano e che, su quella con cui avevo toccato il lupo, c'era un segno. Portai la mano davanti al volto e...c'era un disegno, un simbolo a forma di spicchio di luna. Era però sfocato e non riuscivo a distinguere bene i particolari. Bruciava, questo lo sentivo chiaramente.

Osservai il lupo. Era seduto e scodinzolava come fanno i cani con i padroni quando aspettano che questi ultimi gli lancino qualcosa da prendere.

- Che mi hai fatto? - gli chiesi, anche se ero consapevole di parlare a vuoto.

'Lo capirai presto'

Spalancai la bocca. COME!?!? Il lupo aveva appena parlato, e per di più con il pensiero. E, cosa più assurda, io l'avevo sentito!

Mi sembrò che il lupo sorridesse. 'Torna domani' mi disse e sparì in un batter d'occhio.


'Non è possibile. Non è possibile. Non è possibile...' continuavo a ripetere nella mia mente mentre tornavo indietro. Eppure era successo tutto; il simbolo bruciava ancora sulla mia mano. 'Perché a me? Non bastano i problemi che ho?'. Non finii neanche di pensare la frase che mi si parò davanti Jake, l' "Antipatico", come lo chiamavo io.

- Ehi, Pennuto!

Pennuto era il modo "gentile e carino", sottolineo, con cui mi chiamavano tutti a causa del colore dei miei capelli.

- Jake, lasciami in pace - gli dissi guardandolo negli occhi.

Due ragazzi gli si avvicinarono con un gnigno alquanto crudele. Non avevo paura. Li avevo già affrontati più volte. Avevo comunque il batticuore.

- Dove sei stata, Pennuto?

- Non sono affari tuoi - gli urlai in faccia e feci per andarmene ma lui mi trattenne per il polso. - Non parlarmi così! - disse arrabbiato.

- Io faccio quello che voglio! -. Mi tirai il braccio e mi affrettati verso la mia stanza.

Li odiavo, tutti, dal primo all'ultimo. Non potevo fare un passo che tutti mi indicavano e ridevano di me. Erano insensibili, crudeli. Eppure non riuscivo ad odiarli veramente, per quanto mi sforzassi. La parte buona di me suggeriva di perdonarli, perché non sapevano quello che dicevano. Ero, anzi sono fatta così.


Mi osservati la mano. Bruciava di meno. Era rimasto il segno che ora riuscivo a distinguere meglio. Era uno spicchio di Luna. 'Chissà cosa mi ha fatto quel lupo'. Mi addormentai pensando a lui e, prima di cadere nel mondo sei sogni mi arrivò indistintamente una voce: 'Ryley'.



FINE CAPITOLO.

Al Chiaro di LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora