Raggiungo il garage dove Raj ha già preparato la Mercedes. Mi sistemo sul sedile e chiudo gli occhi, cercando invano di trovare la serenità. La radio è accesa e trasmette una vecchia e celebre canzone che interpreta perfettamente il mio stato d'animo: Satisfaction, dei Rolling Stones. La canticchio tra me e me mentre scivoliamo nel traffico di New York alla volta dell'inaugurazione dell'asilo.
I can't get no satisfaction, I can't get no satisfaction, 'Cause I try and I try and I try and I try. I can't get no, I can't get no...
Sarà la canzone, saranno i postumi della sbronza o l'atmosfera festosa che precede il giorno del ringraziamento che mi mette sempre una grande malinconia addosso, ma la mia insofferenza cresce ogni minuto che passa. L'unica cosa che vorrei fare in questo momento è fuggire via da questa vita perfetta in cui mi sento sempre più prigioniera.
− Ho cambiato idea − dico d'impulso a Raj − andiamo verso 5th Avenue, ho voglia di fare shopping.
− Suo padre si è raccomandato di non fare tardi all'inaugurazione... − tenta lui
− Non mi importa, mio padre deve imparare che non può costringermi a fare qualcosa che non voglio fare.
Lui dissimula un lieve sospiro, poi cambia direzione e asseconda la mia richiesta.
***
Quando rientro a casa, il mio Rolex segna le quattro del pomeriggio. Ho le guance arrossate dal freddo e sono carica di buste e pacchetti delle migliori boutique di New York. Ho comprato vestiti per me e regali per tutti, per mio padre, sua moglie Sharon, per Dylan e persino per Babs. Le ho preso un adorabile cappellino che potrà indossare nel suo giorno libero o la domenica per andare a Messa, sono certa che farà un sacco di storie, ma poi lo accetterà con gioia.
Scarico tutte le buste sul tavolo di mogano del mio appartamento e mi avvio in cucina per mettere in funzione la macchina del caffè: ho bisogno di qualcosa di bollente per riscaldarmi. Mentre aspetto che la tazza si riempia, il suono del telefono irrompe nel silenzio della mia casa. Rispondo, non senza un pizzico di apprensione, il mio istinto mi dice che qualcosa non va.
− Vieni subito nel mio ufficio − la voce di mio padre è imperiosa e fremente di irritazione. Non si perde in convenevoli, dopo avermi convocata tronca la comunicazione. Deve essere furioso. Dannazione!
Busso leggermente alla porta di rovere dello studio di mio padre, nello stesso grattacielo, diciassette piani più su. La sua voce sicura mi invita ad entrare. Chiudo la porta alle mie spalle e compio i passi che mi separano dalla grande scrivania di cristallo che domina la stanza. Il bio-camino è acceso e c'è un bel tepore, ma la freddezza con cui mi osserva mi fa venire i brividi. Mi costringo a guardarlo negli occhi celesti, che mi scrutano dentro con un misto di rabbia e preoccupazione.
− Non sei andata all'inaugurazione − non è una domanda, il tono è freddo e accusatorio.
− No. Mi dispiace, papà.
− Posso sapere perché?
− Non saprei spiegartelo, non mi andava − rispondo, stringendomi nelle spalle. Mi rendo subito conto che è stato un errore, la mia risposta lo ha irritato ancora di più. Forse avrei dovuto inventare un malessere qualunque!
− Siediti, Samantha − dice, indicandomi una delle poltrone di pelle dal mio lato della scrivania. Obbedisco, sentendomi una bambina in punizione.
Lui trae un gran sospiro, poi intreccia le mani davanti a sé e mi guarda dritto negli occhi.
− Mi sono reso conto che così non si può andare avanti − esordisce, con la sua solita abitudine di arrivare subito al punto − Sei sempre di cattivo umore, svogliata, scontenta. Trascorri le tue giornate senza fare niente di utile, per non parlare di quello che fai di notte!
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Libera di essere tua
RomanceSam ha tutto dalla vita, ma non riesce a essere felice. L'incontro con un uomo completamente diverso da lei e con la sua insolita famiglia l'aiuterà a scoprire quello che conta davvero. Sam, unica figlia di un ricco industriale, ha tutto quello che...