Capitolo 2 - parte seconda

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Resto immobile, fissando l'uomo che mi ha salvata da un destino orribile con un misto di gratitudine e paura. 

Per un attimo ho il sospetto di averlo già visto da qualche parte, ma scaccio subito quell'idea. Me ne ricorderei. 

È colossale, nonostante la mia altezza e i tacchi mi supera di tutta la testa, ha spalle poderose e un fisico possente che il cappotto liso non riesce a celare. Le sue mani sono grandi e ancora strette a pugno per la foga della lotta. Il suo viso ha lineamenti spigolosi: una mascella importante, un naso sottile e fiero, una fronte spaziosa sotto la quale, ombreggiati da sopracciglia nere e da lunghe e folte ciglia, spiccano gli occhi più incredibili che abbia mai visto. Sono grigio scuro, quasi neri, ma incredibilmente luminosi. Mi fanno pensare al metallo fuso e sono altrettanto ardenti, mentre mi fissa con un fosco cipiglio. 

Il suo aspetto è reso ancora più minaccioso dai capelli neri e mossi, leggermente lunghi, e da una folta barba incolta, che incornicia le labbra sottili. È l'uomo più selvaggio e sinistramente affascinante che abbia mai visto, tutto il contrario dei damerini dell'alta società che sono solita frequentare. 

È vestito poveramente, il cappotto ha visto giorni migliori, i pantaloni sono rammendati in diversi punti e le sue scarpe si reggono insieme per miracolo.

Perfetto! Sono stata salvata da un barbone. Cos'altro deve succedere oggi?

− Grazie infinite, mi ha salvato da un destino terribile − gli dico, riconoscente − Se non ci fosse stato lei...

− Uhmpf! − è la sua laconica risposta.

Un tipo di poche parole, non c'è che dire. Non sarà mica muto?

− Quei delinquenti mi hanno rubato tutto, ma non appena avrò modo di sdebitarmi lo farò con vero piacere, signor...?

− Stai più attenta la prossima volta! − sbotta, con tono di rimprovero, ignorando la mia domanda e voltandomi le spalle.

No, non è muto, solo un gran maleducato!

− Mi scusi se sono stata aggredita e derubata da una banda di teppisti che volevano violentarmi! − rispondo, piccata. Lui per tutta risposta si allontana a grandi falcate lungo il vicolo − Aspetti! − gli grido correndogli dietro.

Lui si ferma e si volta a guardarmi con aria interrogativa. Mi vergogno tremendamente, ma si è fatto tardi e sto morendo di fame e di freddo, il cielo minaccia pioggia, sono sola in un quartiere sconosciuto e pericoloso e lui è l'unico che non si sia dimostrato mio nemico.

− Sono senza soldi, senza niente da mangiare né un posto dove passare la notte − gli dico, calpestando il mio orgoglio in un modo che mai avrei creduto possibile − La prego, non mi lasci qui da sola! − il mio tono deve essere così accorato e disperato da smuovere qualcosa dentro di lui, perché il suo sguardo si addolcisce. Mi guarda per un lungo attimo, come incerto sulla decisione da prendere.

− Vieni − mi dice poi, facendomi cenno di seguirlo. Faccio del mio meglio per tenere il suo passo, ma è veramente difficile stargli dietro, soprattutto perché ormai i miei piedi sono a pezzi e ad ogni passo sento una fitta di dolore. Lui si ferma più volte per aspettarmi, sbuffando e dando segni di insofferenza sempre più evidenti.

− Mi dispiace... sono i tacchi... − mormoro, a mo' di scusa. Per tutta risposta lui torna indietro, con pochi grandi passi, e mi solleva con la stessa facilità con cui io solleverei un cuscino di piume. Vorrei protestare, ma sono sopraffatta dalla stanchezza e dalla gratitudine. Istintivamente sento di potermi fidare, anche se i suoi modi sono quelli di un cavernicolo. Mi accoccolo sul suo petto, sorretta dalle sue braccia poderose e cullata dai suoi passi e dal suo calore. 

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