Non ricordo la prima volta che ho iniziato a scrivere, intendo a scrivere i miei pensieri, i miei romanzi, quelle pagine interminabili e mediocre destinate a rimanere fissati sulla pagina bianca, che mai vedranno la luce del sole.
Ricordo, però, quando ho provato piacere a scrivere le mie storie, a voler condividerla col resto del mondo.
Ero in quarta elementare, mi avevano appena regalato una penna stilografica di Diddle metallizzata con i disegni fucsia, quando la maestra era entrata in classe annunciando una specie di gara di scrittura. Dovevamo dividerci in gruppi in base ai generi: romantico, giallo, drammatico...io, da avida lettrice di libri di mistero e da assidua telespettatrice di qualsiasi tipo di serie poliziesca, avevo scelto il secondo. Ero talmente eccitata quando sono tornata a casa che, senza neanche accorgermene, avevo cominciato a buttare giù una storia tutta mia.
Era ambientata a Parigi, si chiamava 'Il mistero del topazio rubato' o qualcosa del genere. La protagonista, l'ispettrice Marie (già da allora si denotava una vena femminista) doveva scoprire chi avesse rubato il topazio della Contessa, salvo poi capire che, in realtà, la donna stessa avesse finto un furto per poter incassare l'assicurazione stipulata su di esso (impegnativo per una bambina di nove anni e mezzo eh?). Ero davvero orgogliosa di quella storia, di ciò che avevo scritto e, ancora oggi, mi chiedo che fine abbia fatto dopo averla consegnata. Sta di fatto che quella fu la prima volta che ho provato qualcosa nello scrivere.Il resto, invece, lo ricordo benissimo. Ho iniziato a scrivere ciò che mi passava per la mente, prima sotto forma di diario, poi sotto forma di storia, di racconto. Ciò che provavo, ciò che sentivo, ciò che avevo paura di dire a voce altra passava direttamente sulla carta e, così, la scrittura è diventata la mia valvola di sfogo, lo strumento che utilizzavo per esprimere quello che, da ragazza timida com'ero e come tutt'ora sono (anche se molti potrebbero dire il contrario) non riuscivo a dire a parole. Scrivevo di avventure mai vissute, di mondi fatati, di cuori spezzati, eppure, in ogni parola, in ogni frase, c'era una parte di me, una piccola esperienza che avevo vissuto, qualche discorso che avevo realmente affrontato e che veniva messo in bocca ad un altro personaggio.
Ho sempre sognato di riuscire a pubblicare qualcosa di mio tuttavia, ben presto, mi sono resa conto di non essere abbastanza brava, di non essere abbastanza portata, di non essere abbastanza, come sempre d'altronde. E la cosa più ridicola è che mi aggrappo ancora a questa idea, mi aggrappo ancora a questo sogno irraggiungibile, continuo a scrivere, scrivere e scrivere. Che poi, per quale motivo, se non sono neanche brava? Ormai è diventata un'abitudine, un'abitudine che va avanti regolarmente per più di dieci anni, un'abitudine che non riesco a cambiare, oltre che una valvola di sfogo non indifferente. Sì, perché, se non scrivo, non sto bene: sono di cattivo umore, sono troppo sensibile, sono troppo vulnerabile. Ho tenuto dentro per così tanto tempo i miei sentimenti, ho usato questo le pagine bianche ad una tastiera del computer come mezzo per esternarli che, ormai, non posso farne a meno, un meccanismo tanto artistico quanto malsano.
E, ormai, non riesco a fare altro. Nonostante abbia meno tempo, nonostante arrivi stanca la sera, scrivere è rimasta la mia valvola di sfogo e tale rimarrà, visto che, comunque, sono consapevole di non essere abbastanza brava. Non c'è niente di peggio di vedere i propri sogni infrangersi davanti ai propri occhio, come un vetro che cade per terra. Si frantumano in tanti pezzi, tanti minuscoli pezzi impossibili da ricomporre e, che se solo ti azzardi a toccare, ti feriranno come nient'altro in vita tua.
Eppure, per qualche assurdo motivo, non riesco a smettere, non riesco a mettere un punto a questa storia, continuo a battere sui tasti velocemente, ticchettii ripetuti, fugaci, sofferti, amati. Alle volte è come un fiume in piena che non riesce ad essere domato, come se le mie mani si muovessero da sole, senza che io le controllassi. E la testa va a mille, gli ingranaggi si muovono alla velocità della luce e le parole cercano di stare al passo.
Eppure, ogni volta, tutto sembra essere vano, mediocre, insignificante. E il 27 marzo del 2023 ne ho avuto l'ennesima occasione, unito al fatto che, a quanto pare, non riesco nemmeno più a comprendere l'inglese. Non valgo niente, sono totalmente inutile. Ma anche in questo caso, si tratta di un'altra storia, di un altro capitolo.
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Seasons of life
General FictionAttraverso una singola parola o una singola frase, la protagonista innominata ripercorre la sua vita, da quando ne ha memoria fino ad oggi, in un viaggio introspettivo alla scoperta di paure, fragilità e traumi.