Episodio Uno/1

479 7 87
                                    

Nota dell'Autore: questo racconto, inizialmente non previsto, è frutto di una ispirazione fulminea grazie a una proposta di Vane, che non pensava probabilmente avrei preso sul serio!
Seconda precisazione, arriva un po' in ritardo, ma quest'anno il Primo Aprile, al quale ho dedicato due racconti, è caduto troppo vicino alla Domenica delle Palme.
Terza precisazione: questa volta ho giocato con uno scenario molto lontano dalla mia esperienza, e con delle dinamiche familiari un po' particolari. Aspettatevi un po' di severità... ma senza mai esagerare. Insomma, alla fine, sempre, tutto è bene quel che finisce bene.

* * * 

Per Ermanno e suo fratello minore Elia le feste avevano sempre un retrogusto amarognolo, un po' come il cioccolato fondente che i suoi zii o i suoi nonni insistevano sempre a fargli trovare, benché l'avesse sempre detto chiaramente a tutti, che gli piaceva solo quello al latte, era Elia quello che lo mangiava fondente, o anche bianco, alle nocciole, insomma, a lui andava bene tutto, ma Ermanno lo voleva solo al latte, punto e basta, e invece come glielo facevano trovare l'Uovo di Pasqua? Esatto, fondente.

Ogni anno sempre la stessa storia. E poi doveva pure fare buon viso a cattivo gioco, altrimenti i parenti si offendono, ci restano male, non è educato... quante storie, ogni volta. Ma i suoi genitori erano fatti così. Sempre attenti alle apparenze. Sempre a dire: e cosa penseranno di noi? Il soggetto, chiunque: i parenti, i vicini, le maestre, i fedeli in chiesa, i compagni di scuola, i passanti...

Ermanno proprio non li capiva... Elia, invece, che pure aveva solo un anno, anzi, dieci mesi, come stava sempre a precisare, sembrava trovarsi sempre a suo agio nelle abitudini di famiglia, in mezzo ai parenti, anche se poi, anche lui, finiva col prenderle. Del resto, a dieci anni, difficile scampare alle sculacciate. Soprattutto con dei genitori che scattavano a ogni minima cosa. Ma lui, invece... si sentiva sempre fuori posto. Conscio di una diversità che però non riusciva a spiegarsi. Forse perché era estroverso, socievole, aveva un sacco di amici, a scuola, a karate, all'oratorio, e quindi magari era entrato in contatto con tante persone, tante famiglie diverse, abitudini, riti quotidiani... quanti, dei suoi coetanei, venivano sgridati con tanta facilità? Quanti prendevano le sculacciate su base settimanale, come gli capitava ancora, a undici anni? Un numero esiguo, che gli faceva desiderare, talvolta, di esser nato altrove, o di scoprire d'esser stato adottato, scambiato nella culla... insomma. Poi, però, si pentiva e si vergognava orrendamente per quei pensieri. Ma come poteva pensare male dei suoi genitori, che lo amavano così tanto? Certo... avevano un modo tutto loro di amarlo...

Forse doveva imparare da suo fratello Elia, che a dieci anni, quarta elementare, sembrava aver già capito come funzionava il mondo. Dava ai genitori quello che si aspettavano da lui, buoni voti, buone parole dalle maestre, pochi grattacapi. Se le prendeva, era perché faticava ad alzarsi la mattina, e così aveva sempre bisogno di qualche cucchiaiata dalla mamma per sgusciare fuori dal letto.

Insomma, suo fratello era un bravo bambino, come ripeteva sempre chiunque. Non era per indole, se finiva per compiere marachelle che poi lo conducevano, sempre, nessuna eccezione, a prenderle dalla mamma, e solo raramente dal loro papà. Certe cose, semplicemente, non poteva combatterle, perché sfuggivano al suo controllo. La difficoltà ad alzarsi la mattina, per esempio. O la sua abilità a perdere continuamente qualsiasi cosa. Non era distratto... del resto nello studio andava bene, si concentrava. Ma era fatto così... mai affidare qualcosa a Elia. Cartellette di scuola dimenticate in classe, giacche della tuta in palestra, per non parlare degli accessori, degli orologi.

Quando aveva fatto la prima comunione, festa che per una famiglia ultrareligiosa come la sua era praticamente l'evento più importante nella loro intera vita, aveva ricevuto in dono dal nonno un orologio prezioso. Siccome in quel periodo s'era fissato con gli orologi, mostrando i segni di una lievissima cupidigia che sua madre disapprovava fortemente, aveva insistito per indossarlo dappertutto, anche se il papà aveva cercato di convincerlo, era meglio conservarlo per le occasioni speciali.

Ramoscelli pungenti e uova scottanti (SV#7)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora