Aveva pensato che suo zio gli avrebbe lasciato del tempo per valutare e decidere, accettare il compromesso oppure respingerlo e rassegnarsi a prenderle da suo padre. E invece... aveva deciso tutto lui. Del resto, era lui l'adulto. Non doveva mica chiedergli se era d'accordo a farsi punire. Lui, il bambino monello. Suo zio, l'adulto responsabile di lui.
Così, si ritrovarono in camera da letto. Jacopo stava seduto ai piedi del letto. Suo zio gli stava davanti, in piedi. Si era calato nella parte e lo stava sgridando per bene, di nuovo, ma senza l'impeto emotivo di quando l'aveva riaccompagnato a casa. Stava semplicemente svolgendo la ramanzina così come previsto.
Gliel'aveva chiesto, era sicuro di volerlo fare? Non aveva mai sculacciato nessuno, che ne sapeva. Ma aveva risposto, sorridendo, che aveva l'esperienza dall'altra parte, cioè intendeva quando era piccolo e le prendeva.
"Ora, devi capire una cosa. Non si tratta solo della disubbidienza di oggi, dei pattini... sono tante piccole cose. Hai fatto un po' di capricci, soprattutto ieri, ti sei alzato tardi, non hai studiato come dovevi, insomma, hai cercato di tirare acqua al tuo mulino. Se consideriamo tutto... allora direi che si tratta di una infrazione severa. Di quelle che tuo padre ammonisce ricorrendo alla spazzola".
Jacopo s'era fissato con insistenza le scarpe. La spazzola... allora tanto valeva prenderle da suo padre... anche se... magari avrebbe usato qualcos'altro?
"Io, però... be', non ho mica una spazzola!", aveva riso, nervoso. "Quindi, sei fortunato. Userò un cucchiaio di legno. Di quelli ne ho a bizzeffe".
Il cucchiaio... come la mamma. Si sentì rincuorato, un pochino, anche se sapere che le avrebbe prese di lì a poco non lo faceva stare meglio.
"D'accordo, facciamo così", aveva concluso. "Adesso... io... vado a prenderlo, ok? Tu, intanto... Jaco, ascolta, togliti le scarpe e... sì, togliti anche i jeans. Resta in mutandine per il momento. Torno subito".
"D'accordo..." aveva sospirato, forse suo zio non l'aveva nemmeno sentito, si era allontanato subito, senza riuscire a guardarlo. Be', non c'era nulla di cui preoccuparsi troppo. Era abituato alle sculacciate. Ok, non dallo zio, ma non avrebbe fatto più male di suo padre. E poi niente spazzola, ma il cucchiaio. Poteva farcela.
Si chinò in basso, raggiunse le scarpe, le slacciò e le tolse, poi scattò in piedi, si sbottonò i jeans e li calò a terra, quindi si chinò per sfilarseli dai piedi, li raccolse e li abbandonò su un angolo del letto. Sotto indossava dei boxer gialli, un po' grandetti, glieli aveva regalati proprio lo zio.
"Ok, sono qui". Aveva distrattamente rivolto lo sguardo a suo zio, aveva in mano un cucchiaio di legno non dissimile da quello che usava sua madre, il manico non molto lungo, l'estremità era un ovale molto stretto, poco concavo. "Oh, quelli che ti ho regalato io, vero?" Gli aveva sorriso. "Ok, adesso... tuo padre ti mette... sulle gambe? Cioè... alla vecchia maniera, giusto?" Aveva annuito. "Hmmm... no, io non mi ci vedo a farlo. Cioè, perché ti devo tenere scomodo in quella posizione? Vabbè che tanto... devo farti male al culetto no? Quindi... facciamo così. Stenditi sul letto, però vicino al bordo. Lì, sul lato dove dormo io, a sinistra".
Strana richiesta... però sapere di non dover subire quella posizione scomoda e precaria, che lo faceva sentire un bambino piccolo, era buona notizia.
Si mise in posizione, salendo sul letto e stendendosi come richiesto. Suo zio gli era venuto vicino. "Aspetta... spostati di lato, un altro po'... ecco, così..." Non capiva bene come volesse procedere. "Tieni, stringi questo, così tieni le braccia fuori gioco". Gli aveva avvicinato il suo cuscino. L'aveva abbracciato, trovando sollievo per le sue ansie.
"Adesso... io mi metto qui, accanto a te". Si era seduto sul fianco del letto, ma girandosi verso di lui, all'altezza, più o meno, del suo sedere. "Ecco... per cominciare..." l'aveva capito ancora prima che lo dicesse. "Ti abbasso le mutande, vediamo questo sederino". Delicatamente, forse esitando un po', aveva tirato l'elastico dei boxer, scoprendogli il sedere. "Uhm, aspetta, Jaco, solleva poco poco il bacino, così le faccio scorrere più giù..." Aveva fatto come chiesto, le mutande, incagliate sotto il suo pube, erano scivolate fino a metà coscia. Sentiva l'aria a contatto col suo sedere, che gli procurava qualche brivido sottile.
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Ramoscelli pungenti e uova scottanti (SV#7)
Storie breviConiglietti, uova colorate, ramoscelli d'ulivo, dita sporche di cioccolato squagliato... è tempo di Pasqua e di marachelle pasquali! Dalla Domenica delle Palme alle grigliate per Pasquetta, troveremo ancora adolescenti riottosi, bambini pasticcioni...