Prologo-1

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Il coraggio sembrò abbandonarmi.
Le gambe iniziarono a tremarmi e il cuore a battere troppo forte mentre cercavo disperatamente di respirare senza scompormi troppo.
Volevo che, qualunque cosa fosse,
finisse subito.

Strinsi le mani e gli occhi e digrignai i denti. La brusca spinta al muro mi fece irrigidire tutto il corpo, aveva fatto male.
Tremavo per il terrore di ciò che sarebbe potuto succedere da un momento all'altro.

Mi accasciai a terra e poggiai
il corpo contro il pavimento congelato.
Era consumato e coperto di segni, chissà quante cose avrà visto...

Sperai che arrotolarmi su me stessa avrebbe potuto salvarmi, che in qualche modo miei arti  avrebbero funto da scudo. Allungai una mano sul pavimento, fra gli spintoni, cercando a tentoni di captare qualcosa sotto il mio tocco che potesse aiutarmi a sfuggire da lì,
anche soltanto con l'immaginazione.

Sentii un dolore lancinante, frastuoni di risate e richiami al silenzio.
Qualcosa, qualcuno, mi sfilò gli abiti e non me ne resi conto.
Fu tutto troppo veloce.

Trattenni il fiato, per evitare di respirare il loro odore, l'odore dei nostri corpi.

Il tocco della sua mano sulla mia gamba continuava a distrarmi.
Non sapevo se concentrare la mia attenzione sulla stretta del suo amico, alla mia destra, che stringeva i miei arti superiori così tanto da fargli perdere sensibilità, o ai ragazzi che stavano intorno, probabilmente a tastare il territorio.

Lo guardai, i nostri sguardi si incrociarono.
"Cosa ti ho fatto? Perché mi stai facendo questo? Volevo soltanto essere tua amica. Ti ho fatto arrabbiare? Scusami..." Pensai, mentre il ragazzo iniziò a sbottonarsi i pantaloni e sfilare una bustina da quest'ultimi.

Aveva una carnagione molto chiara che inizialmente mi mise calma, come una buona tazza di latte e miele in un pomeriggio freddo.
I suoi occhi erano piccoli ma di un azzurro abbagliante, le ciglia erano lunghe e con un delicato tratto quasi femminile.
Aveva dei lunghi capelli dorati, legati in una coda un po' scompigliata.

Provai a capire, a rendermi conto di quello che stava accadendo, ma la paura mi giocò brutti scherzi.

Le mani tremavano e la mia mente fu assalita da una forte scarica:
Ero ancora viva?

iniziai a torcere il torace, provai a muovere le gambe, senza risultati, provai a dare spintoni, ad allontanarli, volevo liberarmi ma non riuscivo.

Ci provai, con tutta me stessa.
Invano, fu tutto invano.

Il ragazzo dagli occhi gelidi e infernali iniziò a penetrare il mio corpo con spinte ripetute e veloci.
Non sapeva cosa voleva,
così come io non sapevo cosa
stesse accadendo al mio corpo.

Dolore;
caldo;
dolore;
paura
e ancora dolore.

Lo guardai negli occhi, quasi mi ci persi, e lo implorai con lo sguardo di lasciarmi andare. Cercai nella sua anima un briciolo di bontà, ne perlustrai ogni angolo cercando disperatamente di capire cosa avessi fatto per meritarmi quel dolore.

Speravo che, guardandomi, si rendesse conto di quanto stavo pregando affinché si fermasse, ma non lo fece.

Mi guardava senza abbassare lo sguardo sul mio corpo, come se, in un certo senso, cercasse di preservarlo senza usurparlo del tutto.

Il suo sguardo era gelido, crudele.

Capii che l'unica cosa che voleva era il divertimento: stava giocando col mio corpo, mentre mi contorcevo sotto
il suo tocco.
Il mio dolore, la mia sofferenza,
gli procuravano piacere.

Abbassai lo sguardo sul ragazzo accanto.
Era muscoloso, diversamente da lui, e aveva dei capelli dai ricci quasi perfetti che gli coprivano la parte superiore del volto. Cercava di reggere la sua sigaretta fra le labbra mentre provava a tenere fermo il mio corpo, cosa che non fu per lui molto difficile dato che ben presto mi fermai.

Uno degli altri tre si avvicinò ai due ragazzi chinati sul mio corpo e diede loro un informazione che non riuscii a captare ma, qualunque cosa avesse detto, una cosa era certa: dovevano sbrigarsi, era rischioso.

Non so quanto tempo passò ma continuarono a giocare con me alternandosi, fin quando,
tutt'un tratto, il silenzio che iniziò ad appannarmi l'udito divenne così profondo che sentii soltanto il mio respiro aumentare per poi diminuire sempre di più.

Divenni paralizzata.
Il mio corpo continuava a muoversi sotto le loro spinte ma non riuscivo più ad averne il controllo.

Smisi di sentire il loro membro che si muoveva dentro di me, ma sapevo che era ancora lì, potevo vederlo.

D'un tratto nessun suono arrivò alle mie orecchie, niente più dolore.
Le immagini iniziarono a sfocarsi
e i rumori a sparire.
C'ero soltanto io, nella mia testa,
e il buio.

Non ero più lì, era finita.
Il mio corpo c'era, loro c'erano, ma io no.

Resisti: EsistiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora