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Non potevo negare che il cibo fosse davvero invitante, ma il mio stomaco continuava a essere chiuso. Così, per non dare nell'occhio, provai a mettere qualcosa sotto i denti, però la nausea si faceva sempre più forte un boccone dopo l'altro e decisi di allontanarmi per correre in bagno.

Quel poco che avevo ingurgitato lo mandai giù e, guardandomi allo specchio, dissi a me stessa:"Devi tenere duro" e strinsi le braccia attorno al corpo.

Un comportamento strano per una persona golosa come me, pensai. Ma non riuscivo a registrare nient'altro che la nausea di fronte al cibo, anche se avevo fame.

Così ignorai il problema con la speranza che potesse cessare, ma si mostrò in altre forme e rinunciai.

La mattina seguente mi svegliai con un leggero languorino, era prevedibile, visto che la sera prima non avevo mangiato niente.

A dire il vero più che languorino si trattava di fame.

Sembrava quasi che il mio stomaco parlasse una nuova lingua primordiale e non ancora decifrata.

Scesi dal letto per prepararmi e fare una bella, ma soprattutto buona colazione.  Avevo voglia di toast con sopra qualcosa che mi tirasse su il morale e mi venne in mente il cioccolato.
Però non era quello di cui avevo davvero bisogno e,  mentre mi avvicinavo agli sportelli color ciliegio della mia cucina, mi balenò, in modo sospetto, un ricordo di mia nonna di quando ero piccola che mi preparava pane, burro e zucchero e decisi che fosse la scelta migliore.

Presi gli ingredienti, iniziai a preparare la mia super carica energetica mattutina.

Ricordo ancora quel sapore, ma da quando sono cresciuta non era stato più lo stesso.
Così, al pensiero, sentii una leggera sensazione di nostalgia, che svanì non appena misi il toast sotto i denti e assaporai il mix belga degli ingredienti.

Finita la colazione e preso tutto l'occorrente, scesi di casa per poi chiudere la porta alle mie spalle.

Nuovo giorno, diamo inizio al ballo.

Raggiunsi la mia scuola e decisi, mentre provavo a mettere a tacere la mia confusione interna, di provare ad affrontare la mia giornata in modo consueto, senza sforzarmi troppo.

Saltai alle spalle dei miei amici, facendoli voltare di soprassalto.
Arrivano spesso prima di me, un'abitudine.

Uno di loro si fa accompagnare dal padre poiché è arrivato da poco, è nuovo della zona s non conosce niente e nessuno, ma è un ragazzo molto interessante.

Gli piace disegnare, giocare, ascoltare musica...insomma, siamo molto, molto simili.
È un ragazzo parecchio profondo per la sua età e quando parliamo insieme i nostri discorsi sono, come dire, di un altro livello.
Riusciamo a parlare di tutto, spaziando dalla cosa più banale fino a un pensiero sull'esistenza umana, ecco.

L'altro beh, è un ragazzo carino e simpatico. È molto timido e riservato per cui descriverlo non è affatto semplice, così come conoscerlo e provare ad entrare nel suo mondo dopotutto.
Vorrei poter avere maggior accesso alla sua vita, farne parte ed essere per lui rilevante, conoscerlo a fondo e, se dovesse averne bisogno, aiutarlo ma è complicato abbattere le sue barriere.

In ogni caso, siamo un bel gruppetto.
Ci divertiamo molto insieme, spesso si uniscono altri ragazzi a noi quindi una grande famiglia allargata possiamo dire.

Con loro mi sento libera di essere me stessa ma adesso, dopo l'accaduto, mi sono persa di vista.

La mia testa è in preda ad una confusione stratosferica e temo di star smarrendo lentamente la mia via.
Se non so chi sono, come pottebbero farlo loro?
Fingerò.
Manterrò una maschera sorridente e spensierata, proprio come ero prima, soltanto che quella non era una maschera.

Iniziammo a scherzare, anche sulla più piccola cosa, fin quando non suonò la campanella che ci costrinse a strascinare i piedi pesantemente per dirigerci in classe.

La luce artificiale di prima mattina sembrava accecare i nostri volti ancora storditi. Il rumore delle sedie che si muovevano ripetutamente all'ingresso di ogni alunno continuò per almeno un quarto d'ora della lezione, accompagnato dal ronzio che i neon all'interno delle plafoniere producevano ininterrottamente.

provai a seguire le lezioni ma le mie orecchie riuscivano a captare soltanto qualche piccola parolina qua e là, nulla di esilarante visti gli sforzi che mettevo per far si che il mio apparecchio uditivo in qualche modo riuscisse ad espandersi.

Gli insegnanti ce la mettevano tutta, si vedeva. Si impegnavano a non perdere la pazienza, a dare il buon esempio e provare, in linea di massima, a dare qualche insegnamento a chi era disposto ad accettarlo.
Ma era difficile, una vera impresa.
Difficile quanto per chi, volenteroso, andava a scuola nella speranza di apprendere qualcosa di nuovo.

Era quasi sempre impossibile riuscire ad avere anche soltanto dieci minuti continuativi di lezione, senza interruzioni.

C'erano degli individui particolari in quella stanza, in quella scuola. Come detto prima un po' fuori luogo, a volte.

Gli insegnanti venivano spesso interrotti da prese in giro, cosa che mi faceva bollire il sangue dentro le vene tanto da farle quasi esplodere.

Ma quando decidevano di non metterli in mezzo se la prendevano fra di loro, senza nessuna ragione e contegno.

inizia sempre così, si punzecchiano e alla fine arrivano alle mani.

Oltretutto mi prometto di mantenere rigido il mio comportamento, senza farmi trascinare in alcun modo.

Se mi era impossibile ricevere apprendimenti, me li davo da sola.
Sfogliavo e risfogliavo le pagine dei libri di testo, sottolineando.
L'odore della carta mi ha sempre affascinata. È un po' come l'odore dei libri nuovi, quell'odore particolare che non puoi ritrovare da nessuna parte, che ti si insinua nell'anima e ne occupa un posto speciale.

Finita la giornata scolastica mi rendo conto di essere parecchio stanca, più del solito almeno.

Vorrei urlare al mondo ciò che sento ma l'unica cosa che posso fare è spingere dentro di me le emozioni, i ricordi che ogni volta provano ad uscire fuori, come
un elettrone che dopo aver distrutto le sue barriere balza via, raggiungendo nuovi orizzonti.
Io, però, non posso far balzare via proprio nulla.
Non posso rischiare di apparire fuori posto, soprattutto in questo contesto.

Resisti: EsistiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora