Dopo interminabili ore passate all'interno della Foresta di Dri, in cui anche tutto ciò che fosse potuto accadere, difatti si era realizzato, finalmente i due viaggiatori, il cocchiére Markus ed il giovane Sigfried, erano riusciti a lasciare il regno selvaggio che proteggeva il villaggio del ragazzino. In quel lasso di tempo erano stati in grado di perdersi, Markus aveva quasi rischiato la vita combattendo contro dei lupi guerrieri, ed avevano incontrato una donna umana che non poteva invecchiare: se lo avessero raccontato a qualcuno, sarebbero stati presi per pazzi.
Varcata la soglia erbosa, Markus, i cavalli e la carrozza vennero inondati da una travolgente onda calda, formata dai raggi solari e da un leggero vento proveniente da est. Ora il Sole si era leggermente spostato verso il loro sud, lasciandosi il suo zenit alle spalle.
Subito la retina di Markus rimase abbagliata dalla luce del Sole, come già era successo quando era entrato nel Cuore di Dri: ma questa volta si riprese quasi istantaneamente, senza mai perdere la presa sulle redini con cui guidava i cavalli. Sigfried rimase nella carrozza, al riparo dai raggi ultravioletti. La strada dinanzi ai due era ritornata ad essere una normalissima via sterrata, adatta per fare passare sia uomini sia animali da trasporto; oltre i due lati della strada c'erano zone verdeggianti dall'erba estremamente rada, che continuavano a perdita d'occhio: il contrasto con la vegetazione rigogliosa della Foresta di Dri a poche decine di metri di distanza era così stridente da essere quasi suggestivo. Il cielo era ancora sereno, nonostante non fosse più mattino e quella fosse una zona ad alta volubilità climatica: forse era il caso, ma per Sigfried, che nel frattempo aveva dato qualche occhiata all'ambiente circostante, quello era un segno di buon auspicio per il viaggio; quel cielo che nella foresta era svanito a causa della volontà della natura. Mentre i cavalli proseguivano il loro tragitto portandosi presso la carrozza, Sigfried si avvicinò allo sportellino che si affacciava sul sedile del conducente:<<Sa, signor Markus, mi chiedo ancora come sia stato possibile che la foresta abbia modificato il percorso intero... Dedrias non ce lo ha spiegato.>>- Markus si voltò verso la fonte della voce bianca, senza però perdere il controllo dell'intero convoglio ed attento allo spazio circostante:<<In effetti, hai ragione; ma io credo di sapere la risposta. Considerando ciò che ci ha raccontato Dedrias, suppongo che la foresta abbia un meccanismo di autodifesa che si attiva istintivamente, con cui può intrappolare gli intrusi indesiderati in un labirinto infinito, fino a quando essi non saranno morti per fame o sete. Anche se non so precisamente se si tratti di magia o meno...>>- Sigfried ascoltò la risposta di Markus, e data la sua espressione molto compiaciuta, al cocchiére parve che egli fosse rimasto soddisfatto; d'altro canto, il ragazzino non era il solo che voleva delle spiegazioni a quesiti rimasti irrisolti. Infatti, Markus aveva ancora un dubbio, a cui tentò di dare una risposta da sé, come appena successo: (In effetti, non ci ha spiegato neanche come Sköll ed Hati potessero utilizzare la magia venefica, nonostante gli animali non siano dotati di sufficiente intelletto per poter invocare anche il più semplice degli incantesimi... Suppongo che, con i suoi poteri speciali, Dedrias abbia impregnato i loro artigli di magia di veleno, attivabile con la giusta frequenza sonora, e che gli abbia insegnato come e quando attivarla. Niente male, Dedrias.)- I cavalli proseguivano incessanti sulla strada, mentre Markus rimase assorto nei suoi pensieri; quando la carrozza fu in procinto di un incrocio, nel quale la strada che stava percorrendo si spezzava in due vie, una a sinistra ed una a destra, da una delle finestrelle della cabina spuntò la testa di Sigfried:<<La strada si divide... Dove dobbiamo andare, signor Markus?>>- Con progressione, Markus fece rallentare i cavalli man mano che si avvicinava al crocevia:<<Dobbiamo andare a destra. Percorrendo quella strada, si può giungere al sentiero principale che porta alla capitale.>>- Dopo la risposta, Sigfried decise di dare un'occhiata alla loro prossima destinazione, solo per scoprire che la strada che avrebbero dovuto intraprendere finiva contro lo scoglione di una collina, proseguendo grazie ad un traforo in essa. Arrivati precisamente al crocevia, Markus fece sterzare i cavalli a destra, in modo tale da prendere la via corretta: i cavalli nitrirono, e si voltarono verso il traforo, a qualche decina di metri di distanza; ai lati dell'incrocio sterrato Sigfried notò due piccoli cartelli di legno, a forma di freccia, sui quali erano riportati dei nomi ciascuno. Sul cartello che indicava verso la strada opposta a quella che avrebbe dovuto prendere Markus, Sigfried vide scritto "Bellanta", mentre invece su quello che indicava la direzione contraria c'era scritto "Destinia". Facendo un rapido ragionamento logico, Sigfried capì che Destinia doveva essere il nome della capitale, salvo venire smentito durante il tragitto. Una volta che la carrozza fu completamente posizionata sul percorso scelto da Markus, Res e Dies guidati dal loro cocchiére cominciarono ad andare ad alta velocità verso quel traforo, dentro il quale non si riusciva ad intravedere un bel niente: il nero permeava ogni singolo angolo dell'ingresso nella grotta, senza che manco il più deciso raggio di Sole potesse penetrarlo. Era come se la collina stesse rifiutando di ricevere la benedizione della grande palla di fuoco che solcava i cieli con fierezza fiammeggiante. Più si avvicinavano alla cava, più la preoccupazione ed il disagio fecero una nuova comparsa nell'animo di Sigfried, che ancora aveva ben impressi nei suoi occhi e nella sua mente i terribili momenti che lui e Markus avevano passato nell'oscura foresta, prima dell'arrivo miracoloso della guardiana. Di una cosa era certa il ragazzino dal precoce ingegno: quelle immagini si sarebbero saldate al suo essere, ed un giorno avrebbero fatto parte della sua persona nel futuro, come un pilastro che regge una novella casa. Attraverso lo spioncino frontale, Markus notò il terrore puro negli occhi di Sigfried, e ben poteva comprenderlo: dopotutto, lui era una sua responsabilità, era suo compito proteggerlo da qualsiasi minaccia; ma di fronte ad un potere sconosciuto e ferale, era rimasto impotente, ferito ed incapacitato, e se non fosse stato per l'intervento di Dedrias, sia lui sia il suo assistito sarebbero già morti da tempo, a quel momento. L'onore di Markus sia come Funzionario imperiale sia come uomo era stato gravemente scheggiato, macchiato indelebilmente dalla vergogna della sua incapacità strutturale; nonostante si fossero salvati e fossero usciti dalla Foresta di Dri, Markus ora fece fatica anche solo a guardare negli occhi Sigfried, per quanto si sentiva in colpa per aver fatto nascere in lui quelle immonde sensazioni, ed aver sedimentato in lui ricordi brutali di morte imminente; un dodicenne normale sarebbe rimasto devastato psicologicamente da quegli eventi, forse senza più possibilità di potersi riprendere: ma Sigfried era diverso. Sebbene avesse paura, non faceva per niente fatica a metabolizzare le sue emozioni, e se non lo voleva, non lasciava che esse prendessero il controllo delle sue azioni e dei suoi pensieri. Prendendo coraggio per parlare verso il protetto che non era riuscito a proteggere, Markus cercò di rassicurare Sigfried:<<Non preoccuparti, giovanotto. Nonostante quella caverna emani una brutta aria, il suo interno è un luogo inospitale per qualsiasi essere vivente, a causa dell'assenza totale di umidità e di luce. Molti miei colleghi hanno attraverso queste strade negli anni, e non è mai successo nulla, nella grotta di Sary. Perciò posso assicurarti che stavolta andrà tutto bene!>>- Al pronunciare l'ultima frase, Markus si portò la mano sinistra al petto, raccolta in un pugno, a simboleggiare la sua sicurezza e la credibilità delle sue parole, che, anche se solo in parte, fecero svanire quell'alone grigio di emozioni negative attorno al corpo di Sigfried.
Il momento giunse: com'è ovvio, furono i cavalli i primi ad entrare nella cloaca notturna, senza che avessero alcun tipo di reazione; sembrarono abituati a passare di lì. Con calma, entrarono pure Markus, ed infine la carrozza con dentro Sigfried. Ad una velocità sconcertante, il mondo tornò ad essere tetro e ristretto: le pareti rocciose della grotta erano costellate di piccoli spuntoni, che non intralciavano il cammino delle bestie da tiro, così come lo era il soffitto, asciutto come il deserto. Inghiottiti dalla più totale oscurità, il cocchiére fu costretto ad evocare nuovamente l'incantesimo "Lucem", che, una volta richiamata la magia, fece propagare la luce intorno al convoglio. Come aveva già previsto Markus, l'aria all'interno del traforo non era per niente quella tipica di un posto chiuso e stretto come quello: le piccole stalattiti di pietra non facevano cadere neanche una goccia d'acqua creata dall'umidità, dato che lì dentro quest'ultima non sembrava esserci; anzi, l'atmosfera era quasi afosa, come se il Sole stesse ancora brillando dentro quel dominio recluso, senza mai essere scomparso: Markus lo avvertì, facendo un po' fatica a respirare a causa dell'assenza di ossigeno. Per qualche strana ragione, Sigfried era molto più resiliente del suo trasportatore, seppure fosse in un ambiente ancora più al chiuso: l'unica cosa che per lui era cambiata fu lo scenario che stava percorrendo grazie ai cavalli. Il rumore dei loro zoccoli rimbombava in ogni zona della caverna: per un po', Sigfried pensò che dalla direzione opposta alla loro sarebbero arrivati altri cavalli ed un altro domatore, per quanto il trotto di Res e Dies si era propagato anche nelle più oscure viscere della collina; la sua fantasia cominciò a vagare, immaginandosi che davanti a loro sarebbe comparso una sorta di "sovrano malvagio della grotta" che avrebbe reclamato le loro anime, condannandoli a stare in quel tugurio naturale per l'eternità: ma Sigfried venne riportato instantaneamente alla realtà grazie ad un urlo di Markus, con cui aveva schioccato le redini, con l'obiettivo di incitare gli animali ad essere più veloci nella loro marcia. Man mano che proseguivano, e man mano che le parole di rassicurazione di Markus si rivelarono veritiere, la paranoia del giovane cominciò a dissiparsi, lasciando spazio alla curiosità di come potesse esistere una grotta completamente secca, e di cosa avrebbe potuto ammirare, una volta che fossero usciti dal sentiero invisibile. I cavalli proseguirono imperituri sul sentiero un po' sconnesso all'interno della caverna, ma nel giro di dieci minuti, si riuscì finalmente ad intravedere l'uscita, segnalata da un cerchio bianco, formato dalla luce solare: lo stesso che si potè constatare appena prima di uscire dalla Foresta di Dri. Stavolta, niente sarebbe intervenuto per rovinare il tragitto che avrebbe condotto Sigfried verso il compimento del proprio destino: non appena la carrozza ebbe varcata completamente la soglia pietrosa, la testa di Sigfried uscì dal finestrino sinistro, nel tentativo di essere testimone di paesaggi che mai aveva visto. L'ambiente era verdeggiante all'uscita della grotta, come all'ingresso della stessa, ma stavolta, in mezzo alle due praterie, che si distendevano a perdita d'occhio ai due lati della strada, sorgevano alcuni sparuti alberi rigogliosi, folti per via della stagione favorevole: non erano molto alti, ma presentavano molti rami, perciò eran ben muniti di fogliame. Non appena fuori dal traforo collinare, la strada si distorceva dolcemente verso sinistra, creando una curva comoda e molto lunga, costeggiata da una parte del suddetto gruppi di alberi. Su ordine del loro comandante, i cavalli presero con molta calma e lentezza la curva, evitando che il loro carico su ruote venisse sballottato con violenza nel processo. Dopo svariati minuti, la curva terminò, e la strada tornò ad essere prevalentemente diritta; proseguendo, sia Markus sia Sigfried notarono che la presenza degli alberi si stava progressivamente diradando, lasciando spazio alla banalità del piano erboso, brillante sotto la presenza della stella rovente.
Già da decine di minuti i due viaggiatori non si erano più scambiati una singola parola, sebbene nessuno avesse un obbligo nei confronti dell'altro, in questo senso: ma entrambi erano sufficientemente svegli da capire che nella foresta qualcosa era cambiato profondamente in loro, e ciò aveva avuto un impatto pure sul relazionarsi tra di loro. Non c'era alcun bisogno che uno dei due sciogliesse il ghiaccio: Markus era vigile ed attento nei confronti dei due equini e dell'intero spazio che circondava la carrozza; Sigfried veniva distratto da viste ed esperienze completamente nuove per lui, un bambino che fino al mattino di quello stesso giorno aveva conosciuto un solo scenario in tutta la sua vita. Eppure, era proprio Sigfried che non sopportava che si fosse creata quella gelida atmosfera di distacco con colui che riteneva a tutti gli effetti un eroe, nonostante fosse chiaro che in precedenza lui aveva fallito. Perciò, prendendo un largo e poderoso respiro, e preparando la propria mente, fu il dodicenne a proferire per primo parola:<<Signor Markus... Come si sente, ora? Le cicatrici le danno fastidio?>>- D'altro canto, al sentire queste parole, Markus aveva intuito che il suo protetto stesse cercando di smorzare un po' quella tensione passiva che si era creata inevitabilmente:<<Quando strusciano contro i vestiti, in effetti mi provocano ancora un po' il solletico, ma c'è da dire che sto meglio già rispetto a quando abbiamo lasciato la foresta.>>- Sigfried non era soddisfatto: voleva continuare a parlare:<<Immagino lei parli delle ferite sul corpo. Invece, per quanto riguarda l'occhio destro? Ho notato che, da quando è stato curato, non si é più riaperto.>>-<<Immagino che tu ti stia chiedendo se lo stia tenendo chiuso apposta per qualche motivo, vero? Beh, la verità è che, quando le lacerazioni si sono cicatrizzate, esse hanno inevitabilmente sigillato le palpebre, quindi, a meno che non voglia riaprirmi la ferita, non credo riuscirò mai più a far vedere a questo occhio la luce del Sole. Non che cambi qualcosa: anche se potessi aprire e chiudere le palpebre a mio piacimento, del mio vecchio occhio destro credo sia rimasto una semplice, inquietante e vuota palla completamente bianca. Lo ha detto Dedrias, ricordi? Non è in grado di rigenerare gli organi, ed un occhio non fa alcuna eccezione.>>- In quel momento, Sigfried si rese conto di aver già finito gli argomenti: non conosceva a sufficienza Markus per poter fare altre domande, e ficcanasare a caso nella sua vita per lui sarebbe stato non solo un comportamento da maleducati, ma pure imbarazzante. Così, la carrozza giunse ad un nuovo incrocio, fatto a croce cristiana: come prima, Sigfried aveva notato dei cartelli che puntavano ciascuno in una delle quattro direzioni, con sopra scritto ciò che parevano essere nomi di villaggi e città. Il cartello che indicava la strada da cui erano arrivati riportava lo stesso nome di prima, "Bellanta"; sul cartello che puntava verso sinistra era inciso il nome "Margrava", su quello opposto "Testana"; mentre il cartello che indicava la strada di fronte a loro riportava nuovamente il presunto nome della capitale, "Destinia". Come previsto da Sigfried, Markus fece proseguire i cavalli sulla strada di fronte a loro, proseguendo diritti.
Passarono svariate ore. Oramai il Sole stava per terminare il ciclo di quella giornata, cadendo nell'orizzonte occidentale, dipingendo il cielo leggermente nuvoloso del colore del sangue; oramai le splendide radure sconfinate avevano lasciato spazio a paesaggi ben più brutali e sconnessi, in parte rocciosi, in parte sabbiosi. Sigfried aveva ammirato il deserto di Manera, un grande mare di sabbia dorata che si estendeva in direzione Sud senza poterne vedere la fine; aveva anche dato un'occhiata da vicino alla stessa catena montuosa che per anni aveva solo visto da lontano, tra la nebbia delle pianure che circondavano il suo villaggio: Markus disse che veniva chiamata "Dorsale sibilante" perchè a quanto pare la sua forma totale era irregolare ed anzi talvolta zigzagonale, quasi come se fosse lo scheletro di un velenoso serpente a sonagli, raccomandando tra l'altro al suo giovane assistito di evitare quanto più possibile di seguire i sentieri della catena, in quanto pericolanti ed oggetto di molte scorribande da parte dei banditi. La notte si stava avvicinando sempre di più, inesorabile nella sua tranquilla oscurità naturale: sebbene nascondesse sempre segreti bizzarri ed inquietanti, la notte portava tranquillità nell'animo di Sigfried, che faceva distinzione tra il calmo placido silenzio dell'atmosfera notturna e l'oppressiva tensione oscura che pregnava il vento, come nel caso della Foresta di Dri.
Non appena divenne oggettivamente impossibile poter vedere un palmo dal naso, Markus invocò il solito incantesimo per fare luce attorno a sé, ma inoltre intonò qualcos'altro:<<Insomnio!>>- Per un attimo, il corpo di Markus venne circondato da un'aura viola chiaro, e sempre in un attimo scomparve. In seguito, si rivolse a Sigfried:<<E' tardi, Sigfried. Cerca di riposare, ne hai bisogno.>>- In effetti, il dodicenne avvertiva un notevole senso di stanchezza, dovuto da tutto ciò che era accaduto in quel giorno. Avrebbe comunque accolto l'invito di Markus, ma prima dovette chiedergli qualcosa:<<Non ci fermiamo? Anche lei ed i cavalli avete bisogno di dormire!>>- Markus cominciò a ridere:<<Puoi stare tranquillo, giovanotto. "Insomnio" è una magia che permette di non avvertire la stanchezza ed il sonno. D'altro canto, sebbene Res e Dies abbiano comunque bisogno di mangiare e bere, non hanno bisogno di dormire: appartengono ad una razza speciale chiamata "destrieri di Nox", e per loro la notte è come il giorno e viceversa. Straordinario, vero?>>- Sigfried annuì debolmente, oramai pronto a lasciarsi anneggare nel mondo dei sogni. Tirando un'ultima occhiata alla Luna, che nel frattempo era salita alta in cielo, con il suo colore latteo e puro, Sigfried si sdraiò su una delle panchine della cabina, prese una coperta dagli scaffali sotto ad esse, ed in un attimo si addormentò. Era stata una giornata molto lunga. <<Buonanotte, Sigfried...>>. Ed il trasporto proseguì, sferzando la notte, dileguandosi nel buio profondo.
Dopo svariate ore, Sigfried riaprì gli occhi al nuovo giorno, con calma, nella cabina che era protetta dalla proiezione della luce del mattino. Con fare innocente e tranquillo, si tolse il lenzuolo di dosso, e dopo aver alzato la propria parte superiore del corpo, si stiracchiò, compiaciuto di essere conscio di aver dormito bene. Preoccupato, si voltò subito, in modo tale da vedere come stava Markus tramite lo spioncino: era ancora lì sul sedile del pilota a comandare le bestie che trainavano la carrozza; forse accortosi di ciò dalla presenza degli occhi di Sigfried, Markus lo salutò:<<Buongiorno, Sigfried. Hai dormito bene?>>- Dopo un attimo di sorpresa, il ragazzo annuì:<<Lei sta bene invece?>>- Markus rise di gusto, a queste parole:<<Certo, mai stato meglio. Se procediamo così spediti, dovremmo recuperare il tempo perso nella Foresta di Dri ed arrivare in tempo a Destinia.>>- Sigfried ebbe la conferma del suo dilemma:<<Ah, quindi la capitale si chiama davvero così...>>-<<Davvero non te l'ho mai detto? Colpa mia, scusa.>>- Sigfried parve un attimo imbarazzato:<<N-No no, si figuri! Non era poi così importante saperlo...>>- Nel mentre, Sigfried si accorse che oramai la Dorsale sibilante era completamente scomparsa dal paesaggio: (I cavalli devono aver fatto davvero molta strada nella notte. Eppure non sembrano per niente affaticati... Accidenti, i destrieri di Nox sono incredibili!). La mattinata trascorse all'insegna della tranquillità, senza che niente di particolare accadesse o si parasse di fronte ai viaggiatori: alla fin fine, considerando la prima giornata di questa odissea, anche se davanti a loro si fosse palesato un mostro temibile od una divinità malvagia, non si sarebbero più sorpresi tanto. Poco dopo che il Sole ebbe superato il proprio zenit, Markus e Sigfried si imbatterono in un nuovo scenario ambientale, a dir poco agghiacciante: ai lati della strada si presentavano due campi dall'erba arsa e ricoperti di cenere, con qualche sparuto albero apparentemente scorticato dalla forza divoratrice delle fiamme, ancora fumanti per ciò che gli era capitato. Sigfried rimase scioccato da tale inquietante visione: sebbene la Foresta avesse dimostrato di essere dimora di molteplici pericoli, nel giovane non aveva mai destato quel senso di solitudine e disagio che la visione della terra messa a fuoco provocava in lui; probabilmente ciò che lo inquietava non fu tanto ciò che vide, ma la consapevolezza che un tale oltraggio alla natura non potesse essere originario, ma derivato dall'azione degli esseri umani. Sigfried si rivolse a Markus:<<Signore, cosa... cosa è accaduto qui? Ho paura...>>- Markus si guardò in giro, constatando la devastazione dell'ambiente circostante, e sul suo volto si dipinse l'emozione della più pura delusione:<<Da quel che mi è stato riferito dai miei colleghi, sembra che di recente, in questo luogo, si siano riunite varie bande di criminali e dissidenti dell'impero, creando un corpo di mobilitazione popolare unico allo scopo di affrontare apertamente l'esercito, che su ordine del Generale Prometheus, è intervenuto, reprimendo la rivolta nel sangue, e radendo al suolo tutto ciò che gli capitava a tiro. Certamente quei maniaci dovevano essere fermati, ma non in maniera così brutale, e ferendo così gravemente i nostri bellissimi paesaggi...>>- Sigfried si rassicurò nello scoprire che qualcuno proveniente dalla capitale condivideva la sua tacita opinione: quanta crudeltà, quanta indifferenza, quanta violenza! Il giovane quasi faceva fatica anche solo a concepire tante negative qualità provenire da ogni singolo uomo; ma dopotutto, la sua considerazione poco contava, dato che lui aveva vissuto per dodici anni in un luogo sperduto, isolato dal mondo. A Markus interessava sapere l'opinione di Sigfried in merito: dopotutto, confidava che, data la sua precoce perspicacia ed intelligenza, Sigfried potesse dargli una risposta effettivamente valida:<<Cosa ne pensi tu, giovanotto? So bene che hai ancora tutta la pubertà da fare, ma, vedendo questo spettacolo, ti sei già fatto un'idea sulle persone della capitale?>>- Sigfried non si aspettò una domanda tanto importante e seria come quella appena proferita da Markus. Lui sapeva benissimo che non aveva sufficienti elementi a sua disposizione per dare un giudizio decisivo, completo e convincente, ma comunque provò a farlo:<<In tutta sincerità... Se dovessi basarmi solo su quello che sto vedendo ora, sarei propenso a minare l'autorità dell'esercito, privandolo completamente di qualsiasi legittimità o morale; ma la realtà non è mai così semplice. Sono ben consapevole che generalizzare è sempre sbagliato, quando non si ha una conoscenza approfondita di ciò che si sta parlando. Per questo, voglio credere che non tutti i soldati siano violenti, tantomeno che l'indole dei cittadini del resto di Fatua sia solo propensa alla veemenza ed alla repressione nel sangue. Mi mancano informazioni cruciali. Ho bisogno di vivere la città, ho bisogno di entrare nei suoi meccanismi, ho bisogno di confrontarmi con nuove conoscenze, e di farmi nuove amicizie. Solo allora, quando avrò messo insieme tutti i pezzi, il mio giudizio sarà completo.>>- Markus rimase a bocca spalancata e con l'occhio sbarrato di fronte alla risposta del ragazzo in età prepuberale. Gli occhi di Sigfried erano spiritati, quasi un'altra entità avesse preso il controllo del suo corpo e avesse pronunciato quelle parole; ed il suo tono era diventato terrificamente imponente: ma, nonostante tutto, si capiva che quelle parole erano le sue, era comunque la voce di Sigfried.
(A cosa ho appena... assistito? Sembrava un'altra persona! Ha sviluppato un pensiero critico nel giro di pochi minuti, ed ha usato un linguaggio estremamente ricercato... Ma si può sapere chi è questo ragazzo?)- Questo fu il primo pensiero di Markus, scaturito dal suo sconvolgimento.
In un attimo, quella versione cinica e calcolatrice di Sigfried lasciò il posto all'usuale ragazzino di dodici anni, facilmente impressionabile e molto emotivo. Pure lui stesso si era accorto che per un po' qualcosa dentro di sé era cambiato, e se ne vergognò un po':<<L-Le chiedo scusa! Credo di aver detto delle cose strane. Non ci faccia troppo caso, dopotutto sono un campagnolo con un solo sogno, non sono così maturo come lei possa pensare, eheh!>>- Vedendo tornare il solito Sigfried, anche Markus tornò alla normalità, con la sua solita espressione un po' dolce, ma ora imbrutalita dalle tre lacerazioni sul lato destro della faccia; però, era fermamente convinto che ciò che aveva detto Sigfried non fosse frutto di un delirio o di un caso:<<No, anzi. Se da un lato la tua non sia una risposta vera e propria, il tuo discorso è coerente, sensato e razionale: non bisognerebbe mai giudicare un'intera categoria solo con una fetta problematica di essa; eppure, oggigiorno questo concetto lo colgono in sempre meno... Tutti puntano ad adeguarsi all'opinione della massa, senza sviluppare un pensiero proprio: e questa cosa mi fa incazzare! Sigfried, dovresti avere più fiducia in te stesso: forse non ti rendi conto di quanto tu sia intelligente, e prima lo fai, prima ti aiuterai a trovare una risposta; e d'altro canto, spero che non solo tu riesca a darmela, ma che tu riesca a realizzare il tuo sogno. Per quanto mi riguarda, da questa tua considerazione, comprendo che tu sei già molto più capace di molti miei coetanei o addirittura di alcuni adulti, sotto il punto di vista cognitivo. Hai le capacità per diventare forte, Sigfried: abbi fiducia in te stesso.>>- Markus disse ciò con il cuore in mano: e Sigfried lo aveva capito. Sul suo volto un largo e raggiante sorriso si profilò, emanando un'aura di serenità e goia simile a quella di sua madre:<<La ringrazio moltissimo, signor Markus! Ce la metterò tutta per non deludere le sue aspettative!>>- L'energia di positiva innocenza che stava uscendo da Sigfried si trasmise pure a Markus, che arrossì, in preda all'imbarazzo di fronte ad una tale piacevole visione: così, per non mostrarsi in una condizione pietosa, si voltò nuovamente verso i cavalli, intento a concentrarsi solo sul viaggio. Il giovane rimase un attimo stranito, salvo poi ritirarsi nella cabina.
(Piuttosto, dovrei chiedermi... fino a dove arriverà, con le sue capacità?)- Questo fu l'ultimo pensiero di Markus in merito alla questione.
E finalmente, il mare di cenere e vegetazione arsa si arrestò, lasciando nuovamente posto al tipico bioma della zona equatoriale di Fatua.
Così, dopo il resto della giornata passato nella banalità del viaggio, calò nuovamente la notte, che si era portata dietro il suo bianco araldo, imponente nel cielo: Markus invocò nuovamente "Lucem" ed "Insomnio", come la sera prima. Sigfried si preparò per andare nuovamente a dormire, ma non era ancora il momento. Coricato, e coperto dallo stesso lenzuolo della notte precedente, prima di chiudere gli occhi, Sigfried ricevette una domanda insolita, proveniente dalla parte anteriore della carrozza:<<Non hai paura di me, Sigfried?>>- Sigfried, incuriosito dallo strano quesito, spostò la propria testa in direzione della sorgente della voce, rimanendo sdraiato:<<Cosa vuole dire? Perchè dovrei avere paura di lei, signor Markus?>>- La sua controdomanda fu più che legittima: non capiva il senso di quelle parole; ma l'avrebbe scoperto di lì a poco.
<<Voglio dire, non ti sei accorto che non sono più la stessa persona che hai conosciuto? Quando mi sono presentato, al villaggio, ho cercato di mantenere un comportamento adatto ad un funzionario dell'impero nei confronti di un bambino: amichevole, ingenuo, impacciato. Non mi sarei mai aspettato di intraprendere un'esperienza talmente scioccante da farmi cadere quella maschera, ma a quanto pare, la prospettiva della morte ci mette di fronte a noi stessi, costretti a rinunciare a tutte le nostre parti d'attore. E' esattamente come stai pensando, Sigfried: questo è il vero me. Taciturno, schietto, un po' scorbutico, forse. Il mondo è solo un gigantesco palco, e gli umani non sono altro che dei miseri intrepreti senza anima che compiono la loro parte mascherati da ciò che gli altri vogliano che essi siano, piuttosto che vivere liberi, secondo il proprio spirito; ma io credo che un giorno tutto questo cambierà. Un giorno, tutte le maschere crolleranno dai volti degli ipocriti, e solo allora conosceremo il vero valore delle persone e di questo mondo. Allora, e solo forse allora, quando le nostre guardie saranno abbassate, penso che finalmente concorderemo su tutto, eliminando i conflitti. Eh, non sono terrificante? Chi mai penserebbe una cosa del genere...>>- Passarono dieci minuti di assoluto silenzio, ausiliati dalle dolci carezze dell'oscurità notturna, che non osava mettere il dito in un discorso tanto delicato e complesso. Ad ogni secondo che non riceveva una risposta, Markus si convinse sempre di più delle proprie ragioni, abbattendo inconsapevolmente il proprio animo, ancora leso dalla vergogna della sconfitta patita il giorno prima. Poi, il silenzio fu spezzato:<<...Non l'ho mai pensato. Signor Markus, io non ho alcun diritto di dirle come dovrebbe comportarsi: se lei ha pensato che assumere quella maschera potesse servire per farmi sentire più a mio agio, allora non dovrei fare altro che ringraziarla, perchè ha pensato prima di tutto al benessere del proprio ospite, nonostante fosse un completo estraneo. Non so se quello che dice lei sia la realtà dietro a questo mondo o meno, sono ancora troppo giovane ed inesperto per essermi fatto un'idea su come gira o dovrebbe girare il mondo: ma posso dirle che, se davvero tutti quanti indossiamo delle maschere, non sarebbe compito di chi si libera da esse di liberare anche gli altri? Forse non è un intervento divino ciò di cui abbiamo bisogno, ma solo di essere più solidali. E poi, se posso dirlo, preferisco la sua vera forma piuttosto che quella maschera: devo dire che un pochino mi inquietava, eheh.>>- Ogni parola pronunciata da Sigfried era come un incantesimo curativo, per l'animo crepato del povero Markus: fu lì che si rese conto di aver trovato un primo vero salvatore. Fu talmente tanto felice che quasi fece fatica a trattenere l'emozione, ma tutto ciò che disse fu solo:<<Grazie di cuore, Sigfried... Uh?>>- Non ricevette alcuna risposta. Preoccupato, controllò dentro la cabina: il giovane si era addormentato, e stava russando beatamente e silenziosamente. Sul volto di Markus comparve un sorrisetto innocente, e tornò a guidare Res e Dies verso la capitale, nel cuore della notte.
La mattina seguente, Sigfried si svegliò come il giorno precedente, con Markus ancora lì, intento a condurlo a destinazione, e con il medesimo paesaggio. Non appena si accorse del risveglio del giovane, Markus lo salutò con fare gentile ed accorto:<<Buongiorno, Sigfried. Ho buone notizie: riconosco dove siamo, entro cinque ore dovremmo essere a Destinia.>>- Una buona notizia di certo, per il ragazzino:<<D-Davvero? Grande!>>-<<Sei agitato?>>-<<Non so, credo... di sì. Sarà tutto così tanto nuovo, per me, che non so se essere felice o terrorizzato, ahahahah.>>- La risata di Sigfried contaggiò pure Markus, che rise all'unisono con lui. Dopo circa quattro ore, lo scenario all'orizzonte cominciò a mutare gradualmente: l'ordinarietà e la banalità delle pianure selvagge di Fatua lasciarono spazio a campi lavorati, coltivati, o già produttivi dei frutti dei contadini; Sigfried capì facilmente che, avvicinandosi alla capitale, il grado di civiltà aumentava sempre di più. I campi erano molto ampi, quasi sterminati, e producevano di tutto: legumi come il grano e l'orzo, ma c'erano anche frutteti di mele, pere e molti altri frutti che per la distanza, Sigfried fece fatica a distinguere. Dopo un'altra mezz'ora di viaggio, il paesaggio divenne molto più influenzato dall'azione umana: cominciarono a diffondersi i centri abitati, più che altro costituiti da piccoli villaggi come quello da cui proveniva Sigfried. Quando però il dodicenne si sporse dal finestrino sinistro della cabina, in lontananza notò qualcosa di molto più imponente e grande di un normale villaggio: era un gruppo molto più compatto di case rivestite di materiali grigi, tra le quali spiccava un edificio dalla guglia molto più alta rispetto a quelli adiacenti. Sigfried rimase affascinato dalla visione, e si rivolse a Markus:<<Signor Markus, cosa è quel posto? E'... così diverso rispetto al resto!>>- Il cocchiére volse il proprio viso nella direzione suggerita da Sigfried, e vide la città:<<Ah, se non sbaglio, quella dovrebbe essere la città di Ercma. Non è molto popolare, ma tieni in mente che tutti i villaggi che abbiamo incontrato fino ad ora rendono conto a lei per le questioni legali e le pratiche tributarie della capitale. Tutto questo perchè recentemente è stata nominata "vicario destiniano" da Sua Altezza in persona.>>- Dovuta la giusta spiegazione, Markus tornò a concentrarsi sul tragitto; nel frattempo, in Sigfried stava crescendo la voglia di scoprire: (Un giorno andrò ad Ercma, voglio vedere tanti posti nuovi!).
Dopo circa dieci minuti, quando oramai Ercma andò persa dalla vista dei viaggiatori, Markus parlò nuovamente:<<Tra poco arriveremo alla Grande Imperiale. Siamo vicini, Sigfried!>>- Sigfried fu felice della notizia, ma d'altro canto, si chiese cosa fosse questa "Grande Imperiale":<<Grande Imperiale? Cosa sarebbe?>>- Come prima, Markus si impegnò a dare la risposta più adeguata:<<E' il nome della più grande strada di Fatua: è il percorso principale del continente, che parte dall'ingresso di Destinia e si dirama in ogni angolo del nostro territorio, anche grazie all'aiuto delle strade secondarie. Infatti, quella che abbiamo percorso fino ad adesso è solo una delle tante strade secondarie che si generano dalla Grande Imperiale.>>-<<Wow...>>- In quel momento, Sigfried si rese conto di quanto capillare fosse l'influenza della capitale su un intero continente, di cui non si conoscevano ancora neanche tutti i confini.
Arrivati al raccordo con la Grande Imperiale, Sigfried rimase un poco deluso da ciò che vide: era letteralmente una normale strada, solo più larga e con sterminati stendardi che riportavano l'effigie dell'aquila che uccide il ragno, simbolo del Neues Imperium. Come negli altri incroci, pure qui c'erano svariati cartelli con nomi di luoghi incisi sopra: da dove Markus e Sigfried stavano arrivando, "Bellanta", "Margrava", "Testana" ed "Orimana"; verso sinistra, "Ercma", "Sulleria", "Giastria", "Subsiaria" ed "Imperìa"; infine, verso destra, era riportato il solo nome "Destinia". Ovviamente, Markus si imboccò nella strada a destra, in direzione della capitale. Dopo alcuni metri, al lato destro della strada, si poterono intravedere altre due carrozze, quattro cavalli, e due persone parlare tra di loro. Avvicinatosi, Markus salutò con la mano i due soggetti, e loro ricambiarono con fare amichevole: Sigfried notò che erano vestiti alla stessa maniera di Markus, quindi gli parve logico pensare che quelli fossero suoi colleghi cocchiéri in pausa; erano due uomini, uno di mezza età alto con una barba folta e grigia, con capelli corti blu scuro e gli occhi neri, l'altro molto più giovane, forse più giovane di Markus, ma alto come il suo interlocutore, con i capelli che arrivavano alle spalle, in parte neri, in parte blu, con occhi scuri. Per Sigfried, molto probabilmente quei due erano padre e figlio, ed il primo stava insegnando il mestiere alla propria prole. Una volta sorpassati, il giovane non ci fece più caso, mentre l'eccitazione gli stava strattonando l'animo: tra poco sarebbe giunto alla capitale. Dopo alcuni minuti, di fronte a loro si parò un alto dosso, sul quale la Grande Imperiale proseguiva, che bloccava la vista della zona davanti a sé. Markus chiamò l'attenzione di Sigfried su di sé:<<Giovane, ti posso chiedere di evitare di guardare fuori dalla cabina fino a quando non te lo dico io? Non è niente di pericoloso, solo un mio capriccio. Puoi farlo?>>- Sigfried rimase stranito dalla domanda di Markus, ma in ogni caso si fidò ed annuì:<<Va bene, signor Markus. Aspetto un suo segnale.>>- Così, Sigfried coprì entrambe le finestre della cabina con le tendine, e chiuse lo sportello che si affacciava al sedile del pilota, rimanendo solo con l'oscurità dell'interno della carrozza. Percepì le ruote di legno schiacciare la ghiaia e scavalcare i sassi più resistenti, ignaro di cosa Markus avesse in mente. Dopo un po', la carrozza tornò parallela al terreno, e capì che tra l'altro il trasporto si era fermato. <<Vieni fuori dalla cabina, Sigfried!>>- Era il segnale che Sigfried stava attendendo; così, eseguendo l'ordine impartitogli, Sigfried, dopo due giorni, uscì dalla carrozza, e si voltò in direzione della voce di Markus. Vide davanti a sé il cocchiére, fermo davanti a lui, mentre stava apparentemente ammirando qualcosa:<<Accanto a me, Sigfried.>>- Sigfried, con calma, si avvicinò al fianco sinistro di Markus, e dopo aver guardato la sua faccia soddisfatta con curiosità, si volse verso ciò che Markus stava ammirando. Quale bellezza, entusiasmo dello spirito, toccasana per gli occhi di un giovane sognatore: dall'alto della cima del dosso, Sigfried ebbe la più incredibile delle esperienze visive fatte nella sua vita. In lontananza si stagliava la capitale, Destinia: una città grande chissà quante volte in più rispetto ad Ercma, le cui abitazioni parevano infinite, dileguandosi nell'orizzonte; era variopinta, e sembrava che molte delle sue zone fossero settoriate per compiti specifici, come mercati, botteghe, industrie e così via. Tutta quella magnificenza di civiltà era circondata da alte mura bianche, a proteggerla da possibili minacce esterne. Al centro dello splendido centro dalle interminabili case, una prominente struttura era più altolocata rispetto a tutto il resto, costruita sopra una piccola collina, rivestita di lucente argento che brillava grazie al Sole:<<Vedi quel castello al centro di Destinia? Quello è il palazzo imperiale, "Reichstag". E' dove le più importanti figure del nostro tempo vivono ed amministrano ogni aspetto della vita dell'impero, sotto i diretti ordini di Sua Altezza e della sua famiglia. Vieni, è ora di andare: oramai ci siamo.>>- Ad una velocità sconcertante, il Sigfried estasiato ritornò dentro alla carrozza, ed il cocchiére Markus riprese le redini con cui i cavalli erano imbrigliati. Oramai mancavano pochi minuti di viaggio. Il Sole stava per raggiungere il proprio picco in quella giornata. Poche nuvole erano presenti nel cielo, innocue. Dopo l'ultima decina di minuti, e dopo aver disceso il dosso, finalmente Markus e Sigfried arrivarono davanti alle ciclopiche porte della capitale, incavate nelle mura: due gigantesche ante in acciaio, rinforzate da materiali ancora più resistenti, su ognuna delle quali era riportato il simbolo dell'impero ad una scala incredibile, quasi a rendere conto agli stranieri della potenza che aveva guadagnato Destinia fino a quel punto. Avvicinatosi ad esse, il trasporto si fermò davanti allo spaventosamente meraviglioso ingresso: dai lati di esso, da piccoli uffici, uscirono delle guardie corrazzate, sei in totale; non si potevano intravedere i loro tratti fisiognomici, per quanto fossero bardati con quelle armature del colore dell'argento più lucido, su cui era riportato sempre il solito simbolo; due di essi brandivano delle lunghissime lancie, mentre gli altri portavano alla vita una spada ciascuno. In tre si avvicinarono a Markus, mentre gli altri tre si diressero verso la carrozza in cui era Sigfried:<<Identificati, per favore.>>- Nonostante la gentilezza insita nella domanda, il tono di voce del soldato era autorevole e minaccioso. Markus rispose con moltissimo garbo e rispetto:<<Il mio nome è Markus Philia, unità 3756 del corpo dei Funzionari Imperiali, Fazione degli Interni, sotto il controllo del Ministro degli Affari Interni Giulia Nymphis, prefettura di Decar Sauri. Sotto ordine della prima, emenato in presenza dal secondo, giungo a portare un nuovo studente della Novum Organum, Sigfried Strauss. Ecco a lei la copia dell'ordinanza.>>- Markus tirò fuori da un taschino nei pantaloni un foglio piegato; dopo averlo riportato allo stato originario, lo porse alla guardia, che cominciò a guardarlo con estrema attenzione. Nel frattempo, le altre tre guardie munite di spada si avvicinarono alla carrozza, persequendola da cima a fondo meticolosamente: quando una di esse entrò dentro la carrozza, vide il giovane Sigfried seduto sui sedili destri, che, intimorito dalla sua figura, accennò un semplice saluto con la mano destra. Il soldato non reagì. Dopo che ebbe controllato ogni singolo angolo della cabina, uscì senza dire una parola, chiudendo la porta. L'uomo che si stava consultando con Markus, leggendo l'ordinanza, volse lo sguardo verso i suoi colleghi, che stavano tornando indietro. <<Il trasporto è regolare.>>- Dopo che uno di essi ebbe detto queste parole, colui che aveva in mano il foglio lo restituì al legittimo proprietario, ed ordinò con i gesti agli altri di andare ad aprire il portone. <<Molto bene, non abbiamo rilevato niente di sospetto. Aspetti qualche secondo, poi potrà entrare.>>- E si dileguò in uno degli uffici, quello a sinistra. Una delle guardie si avvicinò al centro delle porte, e dopo aver preso una chiave dall'interno dell'armatura, la usò in un piccolo lucchetto presente davanti alla fessura del portone, aprendolo; ciò scaturì un fortissimo rumore di qualcosa che si sbloccava dall'interno delle mura circostanti. In seguito, i rimanenti quattro soldati, due per ciascun lato, afferrarono le catene accanto ad ogni anta, e cominciarono a tirarle con grande impegno, fatica e forza verso il basso. Sebbene a rilento, l'ingresso parve aprirsi sempre di più, in un fragore degno di ciò che era effettivamente: il portone per una città che aveva nel palmo della propria mano la quasì totalità di Fatua. A quanto pareva, le ante si aprivano andando verso l'interno della città. Come già prima, Sigfried rimase estasiato di fronte a tanta magnificenza tecnica: i suoi occhi quasi neri brillavano, ebbri di stupore ed agitazione. Una volta che le ante furono sufficientemente distanti tra di loro, tanto da permettere il passaggio di un trasporto, la guardia che aveva aperto il lucchetto ordinò a Markus di proseguire; e così quest'ultimo fece. Una volta che tutto il trasporto ebbe superato il portone, le ante cominciarono a richiudersi, permettendo ai viaggiatori di considerarsi a tutti gli effetti giunti a Destinia.
Era fatta: Sigfried, con il supporto di Markus, era giunto alla capitale. Lì sarebbe cambiata la sua vita; lì avrebbe studiato ed imparato a combattere; lì sarebbe diventato un forte guerriero, un soldato. Lì avrebbe acquisito il potere necessario per proteggere ciò che più gli era caro.
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Magnum Opus, Prologo: A Floating Dream
Fantasia"Siamo creature imperfette, soggette a mutazioni, malattie ed erosione... Per questo, per esprimere appieno il nostro potenziale, dobbiamo usare ciò che è davvero perfetto e imbastirlo alla nostra causa, alla nostra realizzazione: sublimiamo, e dive...