Capitolo 1

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Il letto era completamente sfatto, il lenzuolo mi copriva solo per metà. Mi stavo godendo gli ultimi istanti di sonno in una posizione davvero stramba: stavo dormendo spaparanzata a pacia in su, la gamba destra a penzoloni, il braccio sotto la testa perché il cuscino mi era caduto durante la notte, la bocca era semi aperta. Stranamente non stavo sbavando. Sentii delle voci al piano di sotto, con un immane sforzo dischiusi lentamente gli occhi, con una mezza idea di alzarmi. Li serrai di nuovo e, sbadigliando, mi girai a pancia in giù rimettendomi a dormire.

Mi svegliai di soprassalto con la voce di mia madre che gidava, dicendomi che era arrivata Emma. Capii che quelle di prima erano le voci dei miei genitori che chiacchieravano con la mia migliore amica, questo mi fece realizzare che oggi era il giorno tanto atteso. Ovviamente ero in ritardo come sempre, perché la sera precedente mi ero dimenticata di mettere la sveglia. Finalmente mi alzai dal letto con una mossa felina. Questa agilità mi sorprese, non solo perché erano solamente le otto di mattina, ma anche perché ero una delle persone più goffe del pianeta. Wow, quindi tutte quelle maledette ore di atletica stanno davvero facendo effetto. Oppure sono solamente elettrizzata per oggi. Mi preparai il più velocemente possibile, prendendo vestiti a casaccio dall'armadio. Cinque minuti dopo scesi in salotto con addosso dei pantaloncini verdi e una canotta gialla, cercando di non rotolare giù dalle scale per via dell'enorme valigia arancione che stavo trasportando. I miei occhi erano struccati e ancora gonfi per via del sonno e i capelli erano spettinatissimi e pieni di nodi.

- Buongiorno Jennifer! - mi salutò la mia migliore amica - sta mattina ti sei pettinata con i petardi? - mi sorrise arricciando le labbra, questo gesto le affilava ancora di più i lineamenti. - Ah Emma... mi pettinerò in macchina, siamo già in ritardo - lei mi lanciò una pesca che io presi miracolosamente al volo.

La mia amica aveva un umorismo strano, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine. Beh, anche io non ero da meno, facevo parte dei casinisti della classe e tutti mi consideravano come la "pazza e simpatica Jen".
Salutai i miei genitori con un bacio e i miei due fratelli, che mi abbracciarono spettinandomi ancora di più i capelli per farmi un dispetto. Quei due non si smentivano mai.
- Jennifer divertiti, fai la brava e sii responsabile - mi raccomandò mia madre. Io la tranquillizzai e le diedi un caloroso abbraccio. Quella era la prima volta che io e la mia famiglia avremmo passato l'estate completamente separati.
Uscimmo di casa ed Emma cominciò già a fare progetti su quello che avremmo potuto fare l'indomani. Caricai la mia enorme valigia nel baule della macchina e partimmo con Emma alla guida. Cominciai a spazzolarmi i capelli in una maniera non troppo femminile anzi, sembrava che stessi spazzolando la criniera di un cavallo, spargendo i miei lunghi capelli biondi sul sedile della macchina.

- Jen, mio padre ha pulito la macchina ieri, fai un pò di attenzione. Abbiamo l'aereo alle undici e trenta o a mezzogiorno? Mi dimentico sempre -
- A mezzogiorno - risposi io, raccogliendo i miei capelli dal sedile - hai preso i documenti e tutto il resto? -
- Certo, sarebbe proprio il colmo se arrivassimo all'aeroporto e ci accorgessimo all'ultimo che ci macano i documenti e i fogli del check-in. - mi rispose con una risata, mentre metteva un CD nella radio della macchina.

Da Londra all'aeroporto di Gatwick ci avremmo impiegato un'ora abbondante di macchina, sarebbe stato più veloce andare in treno, però avevamo decisamente troppi bagagli e gli spostamenti tra un treno e l'altro sarebbero stati troppo faticosi e complicati, specialmente per Emma, che si era portata dietro due enormi valige.
Addentai la mia pesca con un enorme morso, facendo cadere del succo sui pantaloncini. Merda.

- Non vedo l'ora di farmi un bel bagno nel lago - urlò Emma, cercando di farsi sentire a causa della radio che aveva il volume troppo alto - e mangiarmi dei veri croissant francesi tutte le mattine - . Io annuì, con la bocca stracolma di quella maledetta pesca troppo succosa che mi aveva macchiato i pantaloni, rendendoli tutti appiccicosi.
Era il primo viaggio che io ed Em facevamo insieme in un altro stato, precisamente in Francia. In realtà i francesi non mi andavano a genio (forse a causa della loro strana voce nasale), però amen, ci saremmo divertite ugualmente. Magari avremmo incontrato dei ragazzi inglesi.
Abbassai il volume della radio, in modo che potessimo parlare normalmente, senza dover urlare spezzandoci le corde vocali, dato che ci trovavamo a trenta centimetri di distanza. Emma si mise a cantare una canzone degli U2, della quale io non conoscevo l'intero testo come lei, quindi mi limitai a canticchiare solamente il ritornello, (più che altro urlare) facendo le cretine per un pò. Io odiavo cantare, quando lo facevo era solo per fare la scema, facendo delle voci piuttosto buffe. Il mio in realtà non era un vero e proprio odio verso il canto, era più una sorta di timidezza dovuto ad un "trauma" avuto da piccola. Questa era una storia davvero buffa che magari vi racconterò in seguito, tutta colpa di mio padre...
Finalmente finii quella dannatissima pesca e buttai il nocciolo in un sacchetto, che gettai maldestramente sui sedili posteriori. Emma imboccò finalmente l'autostrada. Più ci avvicinavamo all'aeroporto, più mi sentivo elettrizzata all'idea di partire e starmene via per due mesi interi. Ero davvero contenta, ma allo stesso tempo nervosa. Questo penultimo anno delle superiori era stato davvero faticoso, e sia io che Emma ci meritavamo una pausa prima di cominciare il tremendo anno della quinta superiore e l'esame della maturità.
Volevo semplicemente rilassarmi e poltrire sotto il sole francese in totale tranquillità, ma le cose non andarono esattamente così.

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