Capitolo I: Dal Purgatorio, all'Inferno

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Quella notte, dove poche ore prima mio padre decise di andarsene in compagnia della morte, mi ritrovai con Nickolas, il mio fratellastro; cercammo consolarci a vicenda. Abbracci, baci e le parole di conforto non bastavano per far cessare quegli intervallati di lacrime gelide come quella notte di dicembre; mentre, lentamente, ci addormentavamo sulla panca di marmo che si trovava sulla terrazza. Eravamo entrambi molto stremati, soprattutto io; passai l'intero pomeriggio al palazzo a cercare Nick, correndo come una forsennata. Ero disperatamente in cerca di un suo abbraccio, di un suo respiro.

È incredibile come la vita, solitamente vuota e monotona, possa cambiare così drasticamente con un solo, singolo avvenimento. Fu come l'arrivo di Morgana (la nostra matrigna) al palazzo: inaspettato, ma soprattutto traumatico. Sapevo che il fatidico giorno X sarebbe arrivato anche per mio padre, ma non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato così presto. Seppi della notizia solo dopo il mio rientro dal collegio: la megera matrigna lo comunicò come se nulla fosse, come se la perdita del marito che aveva sposato esclusivamente per interesse non l'avesse sfiorata neanche lontanamente, anzi, la maledetta sembrava compiaciuta; dinanzi a lei non mostrai la minima emozione. Tenere a freno le lacrime non fu affatto semplice, ma non volevo regalarle una sola soddisfazione; cercai di smorzare il profondo dolore stringendo la mano di Virginia, la mia dama di compagnia, mentre anche lei cercava di atteggiarsi in una maniera composta, ma i risultati furono del tutto scarsi.

Non ricordo quanto tempo passò precisamente, ma al mio risveglio trovai Nickolas dormiente sul mio petto, ancora inumidito dalle lacrime; non feci niente, mi limitai ad accarezzargli delicatamente i capelli mentre fissavo il vuoto buio di quella notte, c'era solo la luna a farmi compagnia, ed era anche bella alta. Piangevo silenziosamente mentre ripensavo a tutto quello che era successo quello stesso giorno, a come sarei potuta accorrere onde evitare quella disgrazia. Dal dolore e dalla rabbia iniziai a stringere i capelli di Nick, ma non lo svegliai.
Mentre contemplavo il completo nero dinanzi a me, in un viaggio di ricordi felici assieme a mio padre e mentre bagnavo i capelli di Nickolas con le mie lacrime cristalline, i miei pensieri furono improvvisamente interrotti da un tonfo pesante e scricchiolante che era proveniente dalla porta del terrazzo che si apriva. Feci un balzo veloce e cercai di girarmi molto lentamente, facendo attenzione a non svegliare Nickolas che ormai era completamente fuso nel mio petto. La terrazza non aveva quasi nessuna illuminazione, ma riuscii a riconoscere colei che l'aprì: la figura in questione era abbastanza alta, asciutta, l'unica cosa che era provvista seriamente di volume era la sua chioma: lunga e increspata come la sua pelle. La figura in questione, che stava camminando verso di noi in modo furente era proprio lei: Morgana, la seconda moglie di mio padre. Camminava con aria spazientita, ma quando si avvicinò di più a noi diventò completamente paonazza.
«Quindi siete stati qui tutto il tempo!» disse, anzi, urlando come una forsennata, di sicuro l'aveva sentita tutto il regno. Mio fratello fece un balzo veloce, sul mio petto ormai erano incise il suo viso e le sue lacrime; riuscii appena ad alzarsi e ad osservare Morgana, confuso e ancora assonnato.
«E a lei cosa importa?» dissi con tono indifferente, sperando con tutto il cuore che si levasse dalle palle, ma l'unica cosa che ha fatto era stata far volare una mano su di me, fece volare un rumoroso ceffone.
«Solo perché suo padre non c'è più non significa che può trattarmi o rispondere come vuole, bambina insolente!» per un attimo mi ero dimenticata di tutto, speravo ancora in un bacio della buonanotte di mio padre, ma quella strega fece ritornare tutto nella mia memoria.
«Ma come si permette?» sbottò improvvisamente Nickolas, la megera guardò con indifferenza i suoi occhi iracondi, sembrava quasi assetato di sangue, del suo sangue. Anch'io avrei voluto che quella mezza mummia facesse un bel bagno nel suo stesso sangue. Dopo poco la megera ci tirò su e ci accompagnò al piano di sotto, dove erano situate le nostre stanze, ci stringeva come se fossimo carne morta, maiali pronti al macello. Arrivati alle stanze, Morgana diede uno spintone a Nickolas e lo sbatté nella sua stanza come se la prima bestia fosse stata consegnata al macello.
«Ma cosa fa?!» le dissi urlando, ma lei non sembrava ascoltarmi, ma mi strinse ancora di più il braccio, come se in realtà, tutto ciò che probabilmente voleva stringere era un fallo. Volevo ringhiarle ancora contro ma mi spinse con sé nell'atrio, al piano terra del palazzo. Era tutto buio, solo il chiarore della luna illuminava scarsamente la grande sala.

Non ebbi neanche il tempo di metabolizzare il tutto che mi ritrovai nel grande salone, seduta sul divano antico, con Carlotta vicino; aveva le gambe accavallate, la sua camicia da notte e un'aria molto soddisfatta. Era in stato eccitativo, lo si notava dai capezzoli gonfi come piccoli palloncini, che quasi volevano lacerare la vestaglia. Fiorenza era seduta su una poltroncina accanto la finestra, quasi dormiente. La cosa peggiore fu ritrovarmi Morgana dinanzi a noi, speravo fosse solo un terribile incubo.
«Bene, bene... Finalmente tutte riunite.» disse Carlotta rivolgendosi a me, quella sua lingua biforcuta avrei tanto voluto tagliarla.
«Mi scuso tanto se non l'ho trattata a dovere, ma è notte fonda e siamo stati a cercarvi per ore, generando un po' di amarezze. Spero che lei possa comprendere.» mi disse Morgana, in tono pacato, non riuscivo neanche a guardarla. Papà non c'era più, non sentivo neanche cosa facesse uscire dalla sua bocca velenosa; l'unica cosa che volevo era che Carlo fosse vicino a me, a coccolarmi, a coccolare me e Nickolas. Il formicolio dello schiaffo non lo sentivo più, non ero in grado di sentire neanche più nulla «allora signorine, so che questo non è il momento migliore per una riunione di famiglia» disse scuotendomi «devo darvi un importante annuncio. Diana, so che suo padre è venuto a mancare da poco, ma...» quella donna aveva la capacità di cambiare i suoi atteggiamenti in un millesimo di secondo, il che mi inquietava «cara mia, dobbiamo provvedere al suo ingresso in società» il mio ingresso in società... Quindi conoscere il primo stronzo ad uno dei noiosissimi balli mondani, allo scopo di farmi ingravidare e rimanere prigioniera all'interno di un matrimonio infelice, ma soprattutto combinato. Ma cosa farfugliava? L'uomo più importante della mia vita non c'era più e quella strega pensava a festicciole e banchetti? Rimasi così disgustata da quelle frasi che non ero riuscita ad aprire bocca, non una sola sillaba. Non riuscì a fare nulla, se non guardarla perplessa, come avrebbe fatto qualsiasi persona normale del resto «anche io ho il cuore in frantumi» disse senza un briciolo di emozione «vorrei abdicare, non ce la faccio ad essere regina da sola...» anche perché a stento sapeva leggere e scrivere «una di voi, se non tutte e tre, deve trovare un marito per sistemarvi, e dico un vero marito» no, non volevo un marito, assolutamente no, non se ne parlava «avrei potuto affidare tutto nelle mani di quel bambino, inetto, di Nickolas; ma non è abbastanza maturo per affrontare certe questioni importanti, ma voi si!» e cosa ne sapeva lei delle nostre capacità? Come osava parlare di mio fratello in questo modo? Quali sarebbero state le conseguenze del regno se il governo poteva finire nelle mani sbagliate? «Studiate! Fatevi belle! Imparate bene il galateo che entro l'inizio dell'estate dovrete essere impeccabili» concluse in tono compiaciuto. Carlotta sembrava molto entusiasta di ciò, come se non avesse già molti amanti con cui sistemarsi; Fiorenza non le rispose neanche, anzi, sembrava molto annoiata da quel discorso, come me del resto. «E tu! Tu che sei la primogenita!» disse la megera, rivolgendosi a Fiorenza «Studia il galateo, non quei vecchiacci della Grecia. Di loro non è rimasta neanche la polvere» se avesse mai saputo della saggezza di Platone e Aristotele, altro che galateo. La primogenita rimase pacata anche a quelle parole, mentre alla secondogenita le si arruffarono i capelli per l'emozione.

Era molto tardi, il sonno aveva di nuovo iniziato a prendere il sopravvento e la mia idea non l'avrei mai cambiata, poteva tenersi il regno e la corona. Liquidai in fretta quella sorta di squallida udienza per correre da Nickolas, che per fortuna aveva raggiunto il suo letto senza troppi danni. Entrai nella sua stanza con la massima cautela. Mentre pian piano mi avvicinavo al suo letto lui dormiva come un ghiro, immobile; la sua chioma lunga cadeva da un lato, mentre il chiarore della luna gli levigava la pelle. Aveva ancora i vestiti addosso, ed era infreddolito. Mi sedetti accanto a lui fissando nuovamente il vuoto, interrogandomi sulla mia presunta "fine", sapevo benissimo che non avrei fatto una bella fine. Cercavo ancora una volta conforto da mio fratello, gli sfiorai accidentalmente un dito, e lui, ormai nel mondo dei sogni, si aggrappò dolcemente alla mia mano. Restai impassiva a godermi quel momento, ma ormai era giunta l'ora di riposo anche per me; così gli rimboccai delicatamente le coperte e mi misi a dormire accanto a lui, abbracciandolo per il resto della notte, con la mia mano, raggrinzita dal dolore, stretta saldamente alla sua, delicata come porcellana.

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