Quando riaprii gli occhi era mattino, ma non una di quelle mattinate gelide, ormai quelle erano passate da tempo, in un batter d'occhio. Il caldo e la luce accecante del sole pervadevano la mia stanza, mentre Virginia (la mia dama di compagnia) delicatamente scostava le tende.
«Buongiorno vostra altezza» disse dolcemente. Da quei tragici eventi, avvenuti gelidamente e così velocemente come quell'inverno, mi ritrovai nella piena estate. Quel caldo mi faceva sciogliere come un ghiacciolo appena estratto dal frigo.
«Buongiorno Virginia, quante volte ti ho detto che voglio sentire solo il mio nome?» dissi, mentre stavo per sedermi sul letto, lei non disse nulla e fuggì fuori la balconata per annaffiare le mie piantine; quel mattino non ero di buon umore, come negli ultimi mesi ormai. Cercai di tirarmi su dal letto, sentivo i miei piedi ancora caldi e le lenzuola, come al solito, erano in terra stropicciate. Un evento memorabile; era tempo che non dormivo così profondamente; nonostante il sonno ormai svanito la debolezza regnava nel mio corpo e nella mia mente visto che quasi non riuscivo più a deglutire i pasti, lo si poteva capire alla visione delle mie clavicole. Le ossa ormai sembravano trasparire sulla mia pelle, come se quest'ultima fosse stata solo un umile e vecchio lenzuolo usurato dal tempo, che copriva a stenti lo scheletro che ero. Come al nuovo solito, quella mattina avevo un'altra di quelle lezioni noiosissime di galateo: imparare a come stare seduta, a come camminare per bene... come se già non sapessi fare queste cose. Innumerevoli erano i nomi dei giovani nobili che dovevo imparare con cui, molto improbabilmente, mi sarei maritata. Purtroppo, la mia vita spensierata era finita. Era tutto finito, finito nelle mani di quella strega di Morgana.Mio padre non c'era più, solo dopo scoprì che era cardiopatico, Virginia aveva impiegato tempo a dirmelo; me lo aveva rivelato qualche settimana dopo la scomparsa di Nickolas, sotto un durissimo interrogatorio durante un attacco di rabbia. Quando finalmente aveva dato la sua confessione, il suo viso era imbottito di lacrime; ricordava di come mio padre fosse stato un grande uomo, anche con mia madre. Ricordava di come aveva iniziato ad accudire mio padre all'inizio della sua carriera, dopo che Fernando (mio nonno) la tolse dalle grinfie della vecchia zia con cui Virginia era costretta a convivere. Ricordava anche ogni preparativo che mio padre, accuratamente, fece per le nozze con mia madre e di come era emozionato per la mia nascita. Da quel giorno però, non parlammo mai più di Carlo, ogni volta che lo nominavamo dovevamo piangere in silenzio.
Alla seconda famiglia del re ormai defunto non importava niente, non importava quanto male potessi stare, l'unica cosa davvero importante in quel periodo, era fare un figurone all'ingresso in società, il mio ingresso in società. Solo ad una persona importava: a Fiorenza (oltre che a me), che di tanto in tanto si sforzava di donarmi qualche sua parola di conforto e con maggior discrezione possibile, ciò accadeva soprattutto prima e dopo quelle noiose lezioni per sembrare più appetibile al primo squattrinato che avrebbe avuto a che fare con me e quelle sgualdrine di aristocratiche che circondavano Carlotta. All'inizio quelle lezioni erano sopportabili: Nonostante la sua lenta auto-dissolvenza, Nickolas cercava di starmi accanto e di tanto in tanto mi copriva per sfuggire a quelle noiose giornate. Dopo la sua scomparsa non ebbi più alcuno scoglio su cui reggermi, e quasi nessuno si accorse di niente, o meglio, nessuno fece niente. Nickolas era più grande di me, era libero di andarsene dove voleva, secondo la politica di Morgana, perchè
«Tanto sa ciò che fa, è un maschio». Questa frase mi ha sempre istigato a fare a pugni con un sacco da boxe, solo che il sacco l'avrei con piacere sostituito con Morgana, la faccia di Morgana; cos'aveva, secondo lei, in più l'uomo che non aveva la donna? Adularlo e "graziarlo" così tanto, quanto falsamente, le sarebbe servito per ottenere il ciondolo penzolante che mio fratello aveva in mezzo le gambe? Se fosse stato così, allora stava vivendo nella più totale illusione.
Lei più di tutti sembrava compiaciuta, finalmente si era scrollata un altro peso di dosso. Una sola frase disse quando Nick iniziò il suo viaggio di non ritorno: «Un'altra testa calda che non sa cosa siano le responsabilità».
Carlotta, la sua dolce e innocente figliola, cercava anch'ella ogni volta di "consolarmi", sperando che non mi accorgessi dei suoi ghigni compiaciuti che emetteva ogni volta che piangevo per mio fratello di nascosto, ma a quanto pare non ero stata abbastanza brava a mantenere quel rito segreto. Alle volte, dalla rabbia, ho pensato di riempire di morsi Carlotta, strapparle il cuore dal petto per farle capire cosa significasse soffrire per un'altra persona. Nick non apparteneva alla mia discendenza, non era un nostro familiare, ma per tutto quel tempo la mia vita era appartenuta a lui, così come la sua di vita, apparteneva a me.
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Skam Wattpad
AdventureDiana è un'adolescente come tutte le altre, ma che si sa distinguere al massimo dai pargoli molto cresciuti che la circondano ogni giorno. Una ragazza che viveva in un'Italia ormai spaccata in due; da una parte c'era ancora la Repubblica, dall'altra...