Una delle persone migliori che abbia mai conosciuto. Ovviamente non è così. Morgana era la mia matrigna, all'epoca avrà avuto 48 anni circa, proveniva dai paesi del nord dell'Italia, lo si capiva dal suo accento molto marcato. Quando (purtroppo) è entrata a far parte della famiglia, oltre ai suoi innumerevoli bagagli pieni di vestiti lunghi, antichi e quasi ammuffiti, portò con sé anche le sue figliole: Fiorenza e Carlotta, una più simpatica dell'altra. Di loro se ne parlerà prossimamente. La conobbi ad un banchetto quando iniziai il primo anno di collegio, al liceo artistico di Capodimonte. Mio padre con quell'arpia si frequentava da molto prima che finissi le lezioni estive con il mio insegnante privato, prima del mio debutto come liceale. Ci teneva che la conoscessi perché a breve tempo si sarebbero sposati. "Oh! Beh! Wow!" pensai "Una nuova madre! Chissà come sarebbe avere una donna che ti vorrà amare come ama tuo padre"; già immaginavo una lunga chiacchierata "tra donne" dopo quel noioso banchetto, di come finalmente avremmo potuto stringere un legame materno alternativo, di come quella sorta di appuntamento al buio si sarebbe trasformato presto in una nuova e strabiliante avventura! Ma l'ingenua me quattordicenne si sarebbe rimangiata quei pensieri in un sol boccone alla prima stretta di mano con quella signora così rigorosa ma così ghiacciata.
Quel giorno, invece di incontrare la tanto attesa compagna di mio padre con le aspettative più alte che mai, mi si era presentata tutt'altra persona: iniziò la sua memorabile presentazione con testuali parole:
«E così, lei è la ragazzina di cui tutti qui a Napoli parlano, la principessina dagli occhi maledetti.» disse in tono gelido, con quel suo sguardo vuoto, freddo, non faceva trasparire una minima emozione. Quello era lo stesso sguardo di chi sarebbe rimasto impassivo anche dinanzi ad un cadavere maciullato. Al tempo, se avessi osato una volta incrociare i suoi sguardi, così maligni e velenosi, avrei potuto avere incubi per settimane. Quella frase mi era bastata per capire che, da quel giorno, avrei iniziato una lunga battaglia, capii subito che mi sarei dovuta estirpare molte spine dai fianchi.Si è focalizzata fin da subito sul tuo punto debole non dandomi neanche tempo di scorciare i suoi, non avrebbe mai avuto buone intenzioni nei miei confronti, forse neanche nei confronti di mio padre, ma non ci voleva un genio o una laurea per capirlo, per queste blatte ci vuole solo un po' di insetticida; nei capannoni del giardino ne avevo un sacco.
Come poteva lei, una persona del tutto sconosciuta, presentarsi in casa mia e parlarmi in quel modo? Avrei potuto risponderle a tono e piazzare dei pali fin dal primo momento, per dimostrarle che anche io avrei potuto darle filo da torcere. La me ingenua e indifesa però, accennò ad un timido sorriso, cercando di non far pesare quel macigno di frase; il tutto ovviamente accadde senza la presenza di mio padre, che cercavo disperatamente tra la folla di aristocratici che aveva inondato la sala.
In presenza di mio padre invece quel diavoletto di donna, così minuta e scheletrica, con capelli neri e ricci che le coprivano tutta la schiena, con delle mani ossute che decoravano alla perfezione la sua personalità così perfida diventava un angioletto, così aggraziato, con modi delicati e una vocina così tenera che, solo a sentirla, avresti protetto quell'esserino malefico per tutta la vita, con tutte le tue forze; le mancava solo l'aureola da angioletto che non era. La si poteva benissimo premiare anche di un Oscar, tanto che era brava a recitare.Ogni occasione era buona per umiliarmi: umiliare la mia persona, le mie abitudini, i miei occhi, i miei fottuti occhi. Come se avessi potuto farci qualcosa, da piccola giravo avanti e indietro per gli ospedali per vedere come si poteva risolvere la situazione, visto che sarei potuta anche diventare cieca.
Quelle rare volte che la incrociavo a palazzo, quando mio padre lavorava, aveva sempre in serbo una sorpresa per me: criticava la mia arte, che considerava solo un'insulsa pratica che doveva coinvolgere e intrattenere solo i bambini, o come diceva lei, i poppanti. Aveva sempre una critica pronta sulle mie maniere:
«Non ci si siede così», «Deve rispettare gli orari», «Dovrebbe usare dei cosmetici per la sua "pelle particolare"!», «Dovrebbe fare spesso le passeggiate mattutine per imparare a camminare come una vera signorina» e altre cazzate del genere.
Non avevo minimamente idea sul perché criticava sempre la mia camminata, forse era solo invidiosa perché era quasi zoppa. La mia pelle era liscia e giovane, la sua sembrava quasi comunicarle che, presto, sarebbe passata allo stato di decomposizione. Gli orari li rispettavo solo con mio padre presente (era l'unico di cui si poteva avere una conversazione coerente a tavola) oppure quando Nickolas non aveva programmi il pomeriggio; a proposito di lui, più il nostro rapporto maturava e più iniziava ad accanirsi anche contro di lui, prima neanche si accorgeva di lui. Di camminate mattutine ne facevo a bizzeffe, tra i corridoi del liceo aspettando Katia e Giordano, per poi uscire dalla struttura e incamminarci dietro la chiesetta a fumare qualche cannone, ammirando la rigogliosa e silenziosa radura alberata di Capodimonte.Sopportavamo la nostra presenza solo per volere di Carlo, forse percepiva che qualcosa effettivamente non quadrava, ma fortunatamente non si era mai immischiato, sapeva che qualsiasi intromissione poteva solo far generare altro odio fra noi; una battaglia senza sangue, ma per chi si poteva per prima "comprare" il re. Una sfida fra la "compagna piena di grazia e sensualità" contro la figlia "ribelle e maledetta", una battaglia che un giorno avrebbe sepolto le armi solo compiendo una scelta, con chi doveva stare? Contro la compagna per tutelare la figlia, o contro sua figlia per non ostacolare la benevolenza del popolo? Scelta ardua, così difficile che, conoscendolo, avrebbe preferito abdicare piuttosto che stare contro una delle donne più importanti della sua vita.
Quante volte i nervi delle tempie mi ribollivano e i denti digrignavano per colpa di quella donna, avrei voluto più volte convincere mio padre ad abbandonarla, magari con qualsiasi scusa o falsa testimonianza di mio fratello, ma il suo cuore buono si sarebbe nuovamente spezzato. Per il suo bene decisi di rimanere nel totale silenzio, anche se non ho mai capito cosa ci ha mai trovato di bello in lei; mia madre era molto bella, sembrava madre natura in persona tanto che potevi esaminare la sua solarità anche solo guardandola in una foto, perché aveva deciso di abbassare i suoi standard per una donna che, se avesse potuto, avrebbe scatenato un temporale eterno?
Cosa ci ha trovato di così affascinante, se quella donna lo trattava come un bancomat vivente? Quando rientrava da lavoro, soprattutto durante i suoi lunghi viaggi, dopo qualche carezza di cui potevo sentirne anche io la freddezza, gli domandava subito degli affari. Affari, affari e ancora affari. Il totale delle fatture, quanto ci avremmo guadagnato con gli investimenti, se c'erano interessi e perfino quanti erano, gli interessi; tutto ciò avveniva quasi subito dopo che lui varcava la soglia del portone.
Quando mio padre rientrava, di solito, mi ritrovavo accoccolata con Nickolas nella mia stanza, mentre leggevamo qualche libro. Dopo il suo annuncio di rientro, aspettavamo con calma in tavola aspettando la cena (di solito rientrava sempre di sera dai suoi lunghi viaggi di lavoro) e poco dopo, tra un boccone e l'altro, iniziavo a chiedergli se Tokyo, Berlino, Nairobi oppure Barcellona erano belle come se le immaginava e quanto fossero state diverse le tradizioni di quei luoghi. Di differenze ne abbiamo? Perché quella vecchia si preoccupava dei soldi se ha ereditato un intero regno da gestire? Era riuscita a diventare regina dopo solo otto mesi di frequentazione. Quando una persona avida è consapevole del proprio potere allora tende anche ad abusarne di quest'ultimo: trattava male anche la servitù, troppo esigente, dura, severa, mancava solo che alzava le mani su quei poveretti che sgobbavano dall'alba al tramonto a palazzo per noi, questa era nuova anche per mio padre, anche se, come al suo solito, non aveva mai azzardato obiezioni.Lei era un calderone bollente, non bolliva dai acqua o di un invisibile fuoco ardente, ma bolliva di veleno; non ho mai capito quel veleno da dove provenisse, perchè non poteva "essere stressata per gli affari di corte" come diceva mio padre. Sapeva leggere e scrivere a malapena.
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Skam Wattpad
AdventureDiana è un'adolescente come tutte le altre, ma che si sa distinguere al massimo dai pargoli molto cresciuti che la circondano ogni giorno. Una ragazza che viveva in un'Italia ormai spaccata in due; da una parte c'era ancora la Repubblica, dall'altra...