7- traitor

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Quando Louis aprì gli occhi, aveva un forte dolore alla gamba e ai polsi. Non riusciva a vedere molto bene, per questo apriva e chiudeva gli occhi più volte, cercando di mettere a fuoco quello che era attorno a sé, ma riusciva comunque, anche senza vedere, a sentire i propri polsi essere legati a qualcosa, qualcosa di freddo e di metallo, come delle catene.

Quando finalmente la sua vista si fece un po' più nitida, Louis si guardò attorno, disorientato. Era in una stanza. Era spoglia, non c'era niente se non un tavolo centrale. Lui era in mezzo alla stanza, in piedi, un paio di catene che scendevano dal soffitto che lo tenevano in piedi e gli impedivano di cadere.

Guardò la propria gamba, quella sparata, e vide una benda attorno ad essa, stretta molto bene, la pelle che usciva da quelle garze sporca di sangue ormai secco. Prudeva, in realtà.

Era stanco, molto stanco, e voleva chiudere gli occhi e mettersi a dormire, ma quello non era proprio il momento per fare un bel riposino. Non riuscì nemmeno a chiedersi dove stesse e cosa stesse succedendo, perché una porta, l'unica porta della stanza, si aprì e niente di meno che Harry vi entrò, le mani dietro la schiena e la testa alta.

Ma Harry non era solo. Vicino a lui era un'altra persona, un uomo. Louis ebbe una strana sensazione. Conosceva quell'uomo, lo sapeva, ma non riusciva a ricordarsi chi quello fosse. Dove l'aveva già visto?

Ma non era quello che gli importava in quel momento. Guardò Harry. Era in piedi, di fronte a lui, con uno sguardo menefreghista, autoritario e superiore, come se non lo avesse appena sparato o tradito "Harry, cosa- che cosa stai facendo?" Chiese a stento. Aveva paura della risposta, in realtà. Aveva paura che la sua paura più grande fosse vera e che Harry l'avesse veramente tradito.

"Ti avevo detto di non metterti in mezzo" rispose Harry alzando le spalle "ma non mi hai ascoltato, invece hai voluto investigare, entrando in contatto con cose che non ti riguardavano. Ho dovuto farlo"

"Fare cosa?"

"Beh..." Indicò in giro, nella stanza, e Louis chiuse gli occhi, non voleva nemmeno vederlo in faccia.

"Allora, agente Tomlinson" era l'altro uomo, ora, a parlare. Era a un metro di distanza da Harry, alla sua destra, anche lui di fronte a Louis. "Sa chi sono io?" Fece un passo in avanti.

Ora che era più vicino, Louis riusciva a vedere meglio il suo volto e a distinguerne i lineamenti. Lo aveva già visto, lo conosceva, ma chi era? Ci mise qualche secondo di troppo, probabilmente, ma la risposta alla fine arrivò e Louis aprì gli occhi stupito "agente Smith" pronunciò quelle due parole con i denti stretti.

"Din din din, bravo, hai indovinato!" Rise l'uomo.

Allora Louis corrucciò le sopracciglia "dove siamo? Alla sede della CIA?"

"Siamo abbastanza lontani da quella, Louis" rispose allora Harry "Siamo poco fuori Londra"

"Che cosa stai facendo, Harry?" Lo guardò dritto negli occhi "È una specie di test per vedere se riesco a scappare?"

"Non riesci proprio a capire, non è così?" Rise l'agente Smith "non è un test" fece un altro passo in avanti "Andiamo, impegnati. Pensi davvero che tu sia salvo? Che questo sia un posto sicuro? Povero illuso" Urlò l'ultima parola proprio addosso alla sua faccia. Louis guardò Harry "non guardare lui, guarda me, sono qui, davanti a te" lo rimproverò l'uomo "sai, odio gli agenti come te. Se ti dico di fare qualcosa, tu la fai, e non ti distrai a guardare qualcun'altro o qualcos'altro" disse, portando una mano sul mento del liscio e stringendolo, facendogli male "Avevi ragione, sono l'agente Smith, ma sai come anche mi chiamano?"

Louis emise un risolino e lo guardò negli occhi "fammi indovinare, Ercantis?"

"Esattamente" sorrise l'uomo, come vittorioso "Sei in possesso di una cosa, Louis" lasciò andare il suo mento "la voglio"

CIA || LarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora