VI

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A Manuel gli ospedali non erano mai piaciuti. Non sapeva se era per tutto quel bianco, per l’odore di naftalina e igienizzante o per la gente che lo frequentava che aveva sempre la stessa faccia distrutta dalla fatica e dal dolore. Percorse i soliti corridoi che ormai conosceva a memoria, fino ad arrivare alla stanza che da ormai sette mesi a questa parte ospitava sua madre Anita.

La donna era seduta sul letto bianco, con la schiena poggiata allo schienale del letto e un libro tra le mani. «Ciao Ma’» Entrò nella stanza e si avvicinò a lei posando un bacio sulla sua fronte e accarezzandole i capelli scuri.

Posò il casco in terra e tirò la solita sedia di plastica verso il letto della madre per potersi sedere vicino a lei. Quando tornò con lo sguardo su sua madre notò il suo sguardo indagatore e un sorrisetto furbo, «Che è successo?»

«Che intendi?» chiese confuso, «Hai.. – Anita chiuse il libro poggiandola sulle sue gambe – hai una luce diversa. Ti brillano gli occhi, poi non sei mai entrato con un sorriso così grande qua dentro.»

Manuel si morse l’interno della guancia per non sorridere ancora di più e distolse per un attimo gli occhi dalla sua figura per pensare a cosa raccontarle, «Hai anche delle belle occhiaie.» constatò lei.

«Seh, ho fatto tardi ieri e… stamani me so svegliato presto che avevo na macchina da finire.» disse il figlio cercando di evitare di dirle perché aveva fatto tardi. «E come mai hai fatto tardi?» ecco, appunto.

«So stato a chiacchiera’ e a suona’ e me so… insomma, c’è siamo un po’ attardati ecco.» Gli occhi di Anita si illuminarono mentre guardava il figlio che cercava di sfuggire al suo sguardo pieno di domande che aumentarono quando, dopo avergli chiesto con chi si fosse attardato, Manuel arrossì di botto lasciando la donna basita.

«Manuel, amore mio, questo giorno è da segnare sul calendario! La prima volta in vita mia che ti vedo arrossire!» disse scoppiando a ridere e beccandosi un’occhiataccia da parte del figlio. «Ao, nun me prende in giro!» disse lui cercando di non ridere con lei.

«Me lo vuoi dire con chi eri o no?» Manuel si morse il labbro e si passò la mano tra i capelli con fare nervoso, «È un ragazzo-» «Un ragazzo? – lo bloccò subito Anita spalancando gli occhi sorpresa – non avevi detto che con i ragazzi era solo sesso e nient altro?» chiese incuriosita lasciando un attimo il figlio interdetto. «Vabbè, tranne che l’ho detto anni fa poi-» «Un anno fa non è anni fa

«Vabbè, nun se dice che solo gli stupidi non cambiano idea? Poi… con lui è diverso, hai capito no?» Anita annuì sorridendo, con quel suo sorriso di chi ha già capito che questa non sarà la solita sbandata di qualche settimana che si prendere sempre il figlio, «Seh seh, ho capito.»

 «Comunque… hai presente gli inquilini del piano sopra il nostro, i Giordano? Ecco, sono andati a vivere in campagna e hanno deciso di affittare la casa e… da più di un mese ci vive questo ragazzo… Simone, si chiama Simone e-»

«È carino questo Simone?» chiese Anita vedendo il figlio con gli occhi che brillavano e un sorrisone sulle labbra che non gli vedeva da anni ormai. Manuel iniziò a giocare con l’anello che aveva all’indice, «Bellissimo ma’! Sembra disegnato – o scolpito, pensò tra se e se ricordandosi di quella schiena – forse troppo bello per essere reale.»

La donna sorrise e, allungando la mano verso quella del figlio, gliela strinse e se la portò alla bocca per baciarne il dorso. «Sembra che questo Simone ti piaccia molto, si vede da come ne parli. Hai un sorriso e qualcosa negli occhi che ti rende più bello quando parli di lui.»

«Che stai a insinua’, che so brutto de solito?» disse ridendo per smorzare la tensione e distogliere l’attenzione della donna da quell’argomento. «Quanto sarai cretino! Comunque, visto che ti conosco e so che non vuoi ancora parlarmi di questo ragazzo, se vuoi di aggiorno sull’intervento.»

Affacciati al balcone amore mioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora