XI - Fix You

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«Manuel – Manuel!»

Il ragazzo alzò la testa di scatto, guardando la madre con sguardo confuso, «Dimme, te sto ad ascolta’.» Anita sgranò gli occhi e aprì la bocca sorpresa dalle sue parole, «Ma guarda te che cazzaro! Non è vero che me stai ad ascolta’! Ti sto chiamando da cinque minuti ma eri perso così tanto a pensare a Simone che ho dovuto urlare per farmi sentire, e siamo a un metro di distanza!»

Appena sentì quel nome pronunciato con tanta dolcezza dalla madre, Manuel si irrigidì, serrando la mascella e cercando di evitare il suo sguardo. «Nun stavo… ‘o sai che non voglio più parlarne, ma’. Accanna de dì il nome suo.» una mano di Anita andò a stringersi intorno a quella del figlio, «Manuel, smettila di fare il bambino! In questi anni non hai fatto altro che preoccuparti per me, vivere per lavorare e mantenere entrambi. Ma ora… hai sentito i medici cosa hanno detto! Dopo tanti sforzi sto meglio, sto bene! – Anita lo guardò in quegli occhi scuri tanto simili ai suoi, vedendoci riflesso tutto il dolore che il figlio aveva provato in quegli anni di lotta – È ora di tornare a vivere anche per te e questo ragazzo, Simone, potrebbe essere un buon punto di partenza, no?»

Aggrottò le sopracciglia guardando la madre e, puntando poi gli occhi verso il pavimento, iniziò a riflettere. Iniziò a pensare a come si era sentito ogni volta che solo scorgeva la sua figura sulle scale o sul balcone, come gli iniziava a battere il cuore quando sentiva la sua risata cristallina, come tutti i suoi problemi sembravano poter essere spazzati via grazie a un suo solo sorriso, o a un bacio di quelli a fior di labbra, così leggeri che a stento li sentiva ma per i quali il suo corpo fremeva ogni volta.

«Ho fatto un casino» sussurrò guardandola, «Monica me lo ha detto» alzò gli occhi al cielo la madre. «Ho rovinato tutto-» «Sei sempre in tempo per rimediare, amore mio.»

«E se fosse già troppo tardi? E se lui non mi volesse più? E se…» Anita prese entrambi le mani del figlio, cercando di catturare nuovamente la sua attenzione. Le strinse forte e se le portò al volto per baciarne i dorsi, «La storia non è stata fatta con i se e i ma. Fai qualcosa che gli dimostri che sai di aver sbagliato! Perdonati e lascia che lui ti perdoni, Manuel.» il figlio si alzò di scatto dalla sedia e, sporgendosi verso la madre, le lasciò un bacio sulla fronte e uno sulle mani, «Va bene, vado a inventarmi qualcosa.»

«Ehm, Manuel? – lo richiamò prima che uscisse dalla porta della stanza di ospedale – inventati qualcosa sotto la doccia perché te ne servirebbe una, amore mio.» il ragazzo scosse la testa divertito mostrando il dito medio alla madre che inevitabilmente scoppiò a ridere e uscì definitivamente da quella stanza, da quell’ospedale.

-

Il ticchettio della pioggia continuava a deconcentrarlo. Stava piovendo ormai da due ore ininterrottamente e, da qualche minuto, aveva iniziato a piovere a vento, distraendolo dal suo lavoro e dal paesaggio che stava disegnando da ore ormai senza esserne mai soddisfatto. Si strusciò gli occhi con le dita e tornò a guardare quel disegno che sembrava così impersonale, così falso, così… non da lui.

Girò il volto verso la finestra, sentendo la pioggia che batteva contro i vetri aumentare sempre di più. Sbuffò e, alzandosi dalla scrivania, decise che era ora di una pausa – tanto sapeva che non avrebbe concluso niente neanche quel giorno.

Aprì il frigo alla ricerca di qualcosa su cui sfogare la sua frustrazione e il suo pessimo umore, afferrando subito dopo i pacchetto da quattro di Kinder pingui al cocco che aveva comprato quella mattina. Si sedette a quel tavolo da pranzo troppo grande per una persona, addentando la merendina e sentendo il cioccolato e il cocco fondersi nella sua bocca.

Erano passati tre giorni da quando aveva lasciato Manuel in ospedale, tre giorni in cui non aveva fatto altro che pensare a lui, a quello che gli aveva detto e urlato, a cosa si erano detti e raccontati fino alla mattina stessa. Aveva ripensato molto a tutti quei baci e le carezze, alle volte in cui si erano uniti in quella notte dove avevano passato più tempo a ridere, scoprirsi e ad amarsi che a dormire.

Affacciati al balcone amore mioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora